di Marta Verna
UTET, 2016
€ 12 (cartaceo; ebook compreso nel prezzo)
pp. 125
«L'infelicità di una famiglia è un momento intimo e potente. Laddove la felicità crea uguaglianza, l'infelicità genera differenza. Si rivela una esperienza assolutamente privata.» (p. 11)
La protagonista lo sa bene, lei si scontra tutti i giorni con l'infelicità delle famiglie, abbraccia la loro paura davanti alla malattia dei figli che, tanto piccoli, devono già fronteggiare il cancro. Ma non è solo il suo lavoro da oncologa pediatrica a farla riflettere quotidianamente sulla complessità di stare al mondo accanto a chi amiamo. Lo sperimenta anche nella sua vita di coppia, nella quale non manca che Caterina, la figlia tanto desiderata che tarda ad arrivare. L'infertilità di una coppia è in grado di rinsecchire il rapporto, di metterlo a dura prova come una siccità improvvisa, che non conosce pause, né trova oasi di rifugio.
Sono questi i due poli che, alternandosi in brevi capitoli di grande intensità, danno forma al memoir di Marta Verna. Vita, morte, lotta contro la malattia, accettazione e capacità di lasciarsi andare alla stanchezza, o di sfidare coraggiosamente la sorte: i bambini hanno risorse estreme, si adattano con una rapidità sconosciuta agli adulti, sanno sorridere davanti al minimo cenno di ripresa e non si disperano, neanche quando la stanchezza li vince. C'è una maturità primigenia, nel loro vivere le emozioni e il dolore, qualcosa che dovrebbe insegnare agli adulti come superare momenti difficili e disperanti.
Sono pagine da leggere con un fazzoletto alla mano, perché Marta Verna non sceglie mai il patetismo, né si lascia andare a particolari usi aggettivali strappalacrime; sono i dettagli, le reazioni, le poche ma misuratissime parole; sono i cosiddetti "moti del cuore" che vanno a smuovere anche i lettori più cinici. E ci si commuove, per un lavoro che - ai più - appare intollerabile: come accompagnare un bambino alla morte? Come non pronunciare mai né convincersi che sia tutto inutile? In realtà si può, ed è un atto d'amore grandissimo, quello che quotidianamente un oncologo pediatrico esercita verso i piccoli malati e i loro famigliari. È, se vogliamo, una missione doppia, che richiede estrema sicurezza e anche tatto, perché si sa che i sopravvissuti ricorderanno per sempre le parole e il volto del medico che ha salvato o ha dichiarato la morte del proprio figlio.
Non commuove meno anche il calvario di coppia che la protagonista e il marito vivranno per cercare di avere un figlio. Più che l'impatto fisico (sempre molto invasivo), si parla dell'invadenza di un pensiero quasi ossessivo, che fa trattenere il respiro, in attesa di un esito continuamente frustrato dalla sorte.
Ma non vedete Nessuno esca piangendo come un libro pieno di disperazione; al contrario, è un libro di speranza, che tratta con estrema umanità uno dei crinali più complessi su cui ci muoviamo: da un lato, la capacità di lottare; dall'altro quella - parimenti coraggiosa, talvolta - di arrendersi.
GMGhioni
Social Network