Dopo una giornata piena e una serata all'insegna del buon cantautorato italiano con Brunori Sas e della stravagante e divagante poesia di Guido Catalano, la domenica inizia all'insegna della pigrizia.
L'incontro di mezzogiorno con Emanuele Trevi comincia con mezz'ora di ritardo: l'organizzazione vacilla per eccesso di zelo e il desiderio (peraltro nobile) di permettere a tutti di partecipare a tutto porta ad un rallentamento generale dei ritmi riscontrato a partire da ieri. Stamane si parte dall'ultima pubblicazione di Trevi, Il popolo di legno, per approdare a profonde riflessioni sulla natura della letteratura.
A dire dell'autore, infatti, la forma romanzesca dovrebbe essere scevra di qualsiasi pretesa di assolutezza, dovrebbe farsi specchio dell'esistenza individuale nella infinita varietà delle sue forme. Si legge infatti per avere un allargamento della propria nozione dell'umano e ogni opera offre una differente versione della singolarità individuale. Ben venga dunque il politicamente scorretto, ben vengano una punta di cattiveria e lo spirito dissacrante, se quello è il carattere del personaggio, che il più delle volte parla una lingua propria, che non è quella dell'autore. La letteratura, ci dice Trevi sulla scia di Roland Barthes, è la più forte tra le arti perché è una bomba ad orologeria che deflagra nella mente del lettore, perché richiede a quest'ultimo un contributo attivo per essere completa. La letteratura pretende da ognuno uno sforzo interpretativo, che può passare anche attraverso la diffidenza. Due persone si possono commuovere per la stessa cosa, ma non allo stesso modo: di fronte all'opera letteraria, noi siamo murati nella nostra solitudine, avvinti da un contatto intimo e diretto con la realtà e il suo significato.
Emanuele Trevi a Rovigoracconta (foto di Carolina Pernigo) |
Il pomeriggio si apre con la necessità di una scelta: gli eventi proposti sono molti e si accavallano sul finire della giornata con un distacco di mezz'ora l'uno dall'altro (considerando che ad un certo punto dovrò tornare a casa, e che ogni incontro dura in media un'ora, inizio sconfortata a cancellare dal programma quelli a cui so già che non riuscirò a partecipare). Alla fine, per una deliberata presa di posizione di genere (è anche la Festa della Mamma, come ogni singolo presentatore non vede l'ora di ricordarci), decido di andare a due presentazioni tutte al femminile. La prima è dedicata a tre scrittrici esordienti, Evita Greco (Il rumore delle cose che iniziano), Ilaria Gaspari (Etica dell'acquario) e Chiara Passilongo (La parabola delle stelle cadenti). Tre donne giovani, sorridenti, con caratteri diversi che emergono fin da subito e conferiscono all'evento un ritmo rapido e un'impressione di freschezza che è mancata ad altri. Grazie ad una moderatrice entusiasta e intelligente, i romanzi vengono valorizzati al massimo nelle rispettive specificità e fanno venire voglia al lettore di precipitarsi a leggerli. Ad un festival letterario non si può chiedere di più, e anche il pubblico in sala appare soddisfatto quanto me.
La seconda presentazione assume invece tonalità immediatamente più serie. Francesca Visentin e Irene Cao parlano di Io sono il Nordest, raccolta collettanea di racconti finalizzati a contrastare la violenza di genere (e quello di cui si parla è un impegno attivo, se si considera che parte dei proventi delle vendite verranno destinati a un'associazione dedita a tale scopo); Sara Rattaro, dal canto suo, racconta con dolcezza del tormento e del coraggio con cui una donna può reagire ai soprusi nel suo Splendi più che puoi.
La notte musicale di Rovigoracconta: Indie con Stefano Pastore (foto di Carolina Pernigo) |
Giunge più o meno a questo punto l'obbligo per me di lasciare la città. Se una vera nota critica deve essere rivolta agli organizzatori, per il resto attenti ed efficaci, è proprio quella di aver concentrato gli eventi nel tardo pomeriggio di domenica, lasciando quasi sguarnite la mattinata e le ore immediatamente successive. Chi viene da lontano è penalizzato da tale scelta e non può assistere alla conclusione dei lavori, né godersi appieno la sua ultima giornata letteraria. La festa rischia così di finire in sordina per tutti i (numerosi) non residenti. Quanto a me, nonostante questo intoppo logistico porto a casa tanti appunti, qualche autografo (non dirò su quale libro, né quale sarà il primo tra i miei acquisti a finire in testa alla pila di volumi sul comodino) e grande soddisfazione complessiva. Rovigo vive, e vive bene.
Carolina Pernigo