di Vittorio Sermonti
Garzanti, 2016
pp. 224
€18 (cartaceo)
È il maggio 1945, zona Fiera di Milano. Suonano alla porta tre partigiani con i mitra sullo stomaco. Qualcuno aveva spifferato ai partigiani di aver visto in quella casa un uomo con la divisa da fascista: Rutilio, fratello di Vittorio appena quindicenne.
Cosa sarebbe accaduto Se quei tre giovani partigiani gli avessero sparato, cosa sarebbe accaduto Se avessero sparato a mio fratello?
È questa la domanda di partenza, l’interrogativo che accompagna il flusso di coscienza durante tutta la narrazione. Un romanzo della probabilità, del se, ma Sermonti un’altra strada possibile non ce la mostra.
A 86 anni, traduttore, dantista, drammaturgo, romanziere, Sermonti sperimenta ancora. Questa volta si concede all'autobiografia più intima, che pure, inevitabilmente, si intreccia con i fatti più rappresentativi del Novecento italiano ed europeo. Sermonti racconta se stesso: dall'adesione giovanile al Fascismo al Comunismo fino al Dopoguerra mai finito, prima con gli occhi del quindicenne, poi con quelli dell'uomo adulto. Le vicende di vita raccontate vanno in parallelo a quelle del fratello Rutilio, «eroico e biondo e leggermente ondulato», ufficiale della Repubblica di Salò e uno dei fondatori del Movimento Sociale Italiano. FM ‘frater maxime’ lo chiama e con lui dialoga, in un dialogo muto.
Sermonti racconta di una ‘grande’ famiglia, quella della madre, che «costituiva in una fascistissima nazione un’autorevole e prepotente enclave di antifascismo», mentre quella del padre era «una piccolissima enclave fascista in quella piccolissima enclave antifascista». Allo stesso modo si formano le esperienze dei figli, divise su ideologie opposte e ragioni incomprese che Vittorio Sermonti prova a comprendere scavando nella memoria.
Scrittura complessa, che abbonda di manierismi, dallo stile chiaramente riconoscibile, a tratti saggistico e intervallato da non poche espressioni arcaiche. L’autore mescola la lingua aulica al lessico basso (inaspettato) dell'adolescente del passato, con continue digressioni e rimandi a pagine precedenti, come in una memoria di file archiviati. Ne vien fuori un profilo di un intellettuale raffinato, che legge Dante e ama Mozart, mentre scopre le prime opere di Shakespeare. Così, dall’eventualità del ‘Se’ si dipanano settant'anni di ricordi, spesso confusi, di guerra e partiti, famiglie e amori, musica e letteratura.
Seppure la protasi esprima un’ipotesi non realizzata nel passato, qualcosa che sarebbe potuto succedere e non è successo, Vittorio Sermonti non la confina al circolo dell'irrealtà, ma la manifesta ancora nel probabile. Se gli avessero sparato, oggi sarebbe sicuro diverso.
Isabella Corrado