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#Scrittoriinascolto - Emiliano Poddi: il mestiere dello scrittore? Tutto uno smontare e un rimontare

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Sabato 11 giugno presso la Scuola Holden di Torino, Feltrinelli Editore  e Dieci04 hanno organizzato un incontro dedicato ai blogger letterari con Emiliano Poddi, docente e scrittore, grande appassionato di basket e autore del fortunato Le vittorie imperfette, che abbiamo recensito qui.  Poddi è prima di tutto, forse anche prima  di essere uno scrittore, una persona che comunica le proprie emozioni e ha molto a cuore la volontà di illustrare (trattandosi di un professore della stessa Holden andrebbe bene anche il termine di spiegare) tutte le dinamiche, più o meno segrete, dietro la macchina letteraria. Quindi non soltanto il banale spunto, la lampadina che si accende e che mette in movimento il tutto, ma anche i diversi passaggi che portano "l'informe idea" a divenire "opera compiuta". Più che una questione di pura fantasia qualcosa di molto più vicino alla meccanica o, quanto meno, alla inventio dei latini.

Tutto parte dall'inventio, una di quelle parole classiche che non sono altro che dei false friends, ovvero termini che sembrerebbero dire una cosa ma che in realtà ne dicono un'altra. Per questo mio libro ho dovuto infatti prima trovare i fatti da raccontare spulciando note grezze e appunti. Ho fatto un po' come quel signore belga che un giorno chiese in prestito la moto gialla di mio padre. Tutti eravamo convinti si facesse un giro e basta: in realtà la smontò pezzo per pezzo. Ecco, nei miei romanzi faccio così: parto da un pezzo smontato e poi, laboriosamente, cerco di rimontare il tutto.

Ascoltare Poddi che parla di letteratura, di creazione di romanzo è come assistere a una pentola che ribolle di qualche sugo o intingolo da grande chef. Infatti lo scrittore rende benissimo l'esperienza del fare letteratura, attraverso una serie di episodi, se si vuole magari anche banali, che rendono perfettamente l'universo entro il quale si muove e vive l'autore quando sta scrivendo un libro.

Per Le Vittorie Imperfette mi sono accorto che la mia stessa vita spingeva verso questa direzione. Ad esempio sono stato proprio a Losanna, dove è ambientato un capitolo del libro, per visitare una mostra di Hopper. Lì ho trovato un altro pezzo del mio meccanismo: solo osservando dal vero i quadri del grande pittore americano ne ho afferrato, almeno per me, certe sfumature che prima mi sfuggivano. Ho potuto così vedere una plasticità della luce, una volontà erotica e voyeuristica fortissima nelle figure femminili e, soprattutto, quel senso di inquietudine, di stato di allerta dei suoi personaggi. Senza quella visione dal vero non avrei potuto scrivere certe parti del mio romanzo.

Proprio sulle sezioni più legate alla pittura si concentra una nostra domanda quando chiediamo a Poddi, per rimanere sulla scia dell'antichità e degli strumenti retorici, quanto peso abbia avuto l'ekphrasis nel suo libro, ovvero il "racconto della pittura" :

Mi fa piacere questa domanda perché ammetto sia stato un peso considerevole. I miei personaggi, sia quelli sportivi che quelli famigliari, si muovono in un contesto che non vuole essere iperdotto o ricolmo di tecnicismi ma che non può non contenere anche quanto da me incamerato e studiato nel corso della vita. L'ekphrasis fa parte così di questo romanzo quasi quanto la pallacanestro: perciò le parti, diciamo così, artistiche non sono parti accessorie ma parti funzionali del narrato.

Uno dei punti che maggiormente interessano l'autore è poi il trattare degli atleti sconfitti (ancora un rimando ad Hopper) i quali possono essere, quasi senza soluzione di continuità, sia gli americani (quelli che hanno perso sul campo di Monaco) sia i sovietici (quelli che, in qualche misura, sono stati sconfitti dalla Storia).

Ricordo ancora il giorno nel quale vidi per la prima volta, interamente, il match di Monaco '72. Era il 2006 e la RAI a qualsiasi ora del giorno trasmetteva spezzoni di vecchie Olimpiadi. Un giorno, anzi una notte, trasmise proprio quell'incontro. Io ne avevo sentito parlare solo vagamente e, francamente, non sapevo il risultato. Così, a distanza di 30 anni, mi sono ritrovato a tifare in maniera postuma ora per i russi ora per gli americani. Non mi sono deciso di parteggiare completamente per nessuna delle due parti perché quella partita, anzi quell'intero giorno, era troppo carico di simbologie e strane alchimie per stare, totalmente, dall'una o dall'altra parte.

In Poddi c'è sempre l'esigenza del narrare sì i piccoli episodi, i particolari, ma mai con un occhio freddo e scientifico da entomologo della letteratura. Infatti l'impressione che si ha nel leggere i suoi libri (ma anche nel sentirlo parlare) è di una persona che scrive diventando direttamente parte in causa, ovvero non c'è grande differenza tra i personaggi che racconta su carta e la sua parabola biografica/esistenziale.

Non so quale grande autore scrisse una volta che non c'è tragedia più grande per una famiglia di quando al suo interno vi nasca uno scrittore ed io questo lo vivo, quasi quotidianamente, sulla mia pelle. Dopo il mio primo romanzo quando chiedo qualcosa di un po' particolare a mia mamma o a mio papà diciamo che rimangono un po' sulla difensiva, perché sanno che qualcosa potrebbe finire in ciò che scrivo. Tuttavia, forse perché è un narratore nato, mio padre alla fine non ce la fa e mi racconta sempre tutto, magari tante volte anche esagerando sui fatti veri e propri. Ma non ci posso fare niente: così come adoro il basket, così amo raccontare storie. 

Domandiamo all'autore quanto sia stato difficile (se lo è stato) scrivere di sport, segnatamente di basket, senza andare a rinchiudersi in un linguaggio troppo tecnico che non sarebbe potuto essere compreso da tutti.

Quando uno scrittore decide di parlare di un mondo ben preciso, dalla falconeria alle balene, dalla meccanica al basket, è ovvio che da un lato bisogna essere fedeli ai termini, perché ci potrebbe essere sempre qualcuno che ti contesta qualcosa, ma anche essere abbastanza comprensibili da raggiungere un pubblico il più ampio possibile. Ecco diciamo che ho lavorato molto di bulino in questo senso, cercando di rendere le azioni da gioco attraverso metafore che tutti potevano capire. Quando ad esempio scrivo che le scarpe da ginnastica gracchiavano come stridii di gabbiano tutti lo capiscono anche chi non è mai andato in palestra. Ugualmente chi ha sempre giocato a basket magari non ha mai pensato a questa similitudine e la può fare sua. 


Al termine della chiacchierata Poddi afferma come "il mio prossimo libro non parlerà di basket, ho in mente qualcosa di molto diverso" anche se ammette che "nonostante lo sport sia molto cambiato offre ancora storie belle e commoventi. Per esempio l'episodio nel quale l'allenatore del Pescara Calcio, appena promosso in Serie A, invece di andare a festeggiare con i suoi giocatori, va nella panchina dell'altro allenatore, del cosiddetto avversario, e lo consola, beh quella è una gran pagina di sport che concilia davvero. Storie come queste, quasi biologicamente, non possono non essere narrate". 


Mattia Nesto