Porci con le ali - Diario sessuo-politico di due adolescenti
di ROCCO E ANTONIA
(Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera)
di ROCCO E ANTONIA
(Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera)
Sceneggiatura: Manfredi Giffone
Disegni: Fabrizio Longo e Alessandro Parodi
Disegni: Fabrizio Longo e Alessandro Parodi
Bompiani, 2016
Pp. 160,
16,90€
Rocco e Antonia. Gli anni Settanta. Due ragazzi della sinistra studentesca. La scoperta della vita, il sapore della ribellione, il racconto delle loro emozioni in presa diretta. L’iniziazione al sesso, la ricerca dell’amore, il dolore, la solitudine, la fantasia, la lotta politica: tutto si intreccia nelle loro riflessioni, tessute con naturalezza e la forza della sincerità. Porci con le ali è tutto questo.
Il testo della quarta di copertina alla prima edizione recita:
Antonia e Rocco cercano il significato della propria esistenza in ciò che gli altri pensano di loro; un turbamento interiore e personale che tradisce un’inadeguatezza sociale che molti dei giovani ancora (e forse di più) oggi provano in un’epoca in cui sembra impossibile riuscire a ritagliarsi autonomamente un posto nel mondo.
Antonia in particolare, non riesce ad accettare, a partire dalla riflessione sulla sua storia con Rocco, che alla donna venga avanzate dalla società la pretesa di essere all’altezza di fare tutto, dal lavoro alla casa, dalla famiglia alla cura personale, fino ad arrivare alle relazioni con gli amici. Al tempo stesso l’anticonformismo anticattolico ha spinto quasi all’esasperazione l’idea di rifiutare il ruolo matriarcale della donna nella società: Antonia, compagna delle più agguerrite, non riesce a uniformarsi nemmeno con questo diktat ideologico. Alle donne vengono avanzati oneri così immateriali da svilire l’impegno quotidiano di chi vuole riuscire ad esaudire quanti più desideri possibili senza guardare con snobismo intellettuale le donne che scelgono di prendere una posizione nel mondo che non sia quella richiesta dalla società anticapitalista.
Mi sono avvicinata a Porci con le ali in un modo atipico rispetto al mio solito, anticipando la versione a fumetti (sceneggiata da Manfredi Giffone) a quella narrativa, in un percorso che ha aggiunto ancora più forza alla realtà disegnata magnificamente da Fabrizio Longo e Alessandro Parodi e in una dinamica che potrebbe rappresentare il giusto modo per avvicinare i giovani di oggi alla letteratura, fornendo loro come punto di partenza una forma d’arte vicina alla moderna sensibilità visiva. Le immagini schiaffano la realtà sotto gli occhi senza quel pudore che l’immaginazione potrebbe invece operare durante la lettura di un romanzo. Non ci sono vie di fuga dall’evidenza delle immagini e per questo anche nel XXI secolo si continua ad arrossire come quarant’anni fa. Come nel diario tra Rocco e Antonia anche la sua versione a fumetti offre importanti spunti di riflessione: abbandonarsi all’essere (amore/sesso); rinunciare al fare (l’attivismo politico) in quanto atteggiamento di formale adesione alla moda del tempo; vivere la libertà come la naturale espressione della propria umana insicurezza, che si lascia guidare da un’incoscienza impastata di curiosità e fantasia. Anche la paura fa la sua parte, sempre pronta a modellare i gesti con la sua morbida, infantile, tremante carezza. La storia di Antonia e Rocco – adolescenti sfrenati e confusi degli anni Settanta – è un’esperienza radicale e totalizzante, basata sulla sconvolgente passione di continuare a non capire, e percorsa dal brivido di incontrarsi solo per scoprire, dentro di sé, inediti stralci d’abisso, nuovi focolai di incompiute rivoluzioni dell’anima. Non è, semplicemente, il ritratto di una generazione, né il manifesto di una rivolta. È, invece, la geniale, intensa e divertita testimonianza di una feroce voglia di giocare, fino in fondo, per poter, alla fine, diventare seri, e quindi crescere, guardando in faccia il mondo con l’orgogliosa franchezza di un guerriero esausto e sconfitto.
Ecco il senso della lettura di un testo che suscitò scandalo quarant’anni fa e che oggi avrebbe un effetto ancora più forte: quello cioè di aprire le menti su realtà sociali e relazionali rimaste immutate e irrisolte. Porci con le ali è una riflessione sulla coppia, sulla sessualità, sull’omosessualità, sullo sfondo colorato dalla paura, curiosità, amore, solitudine e fantasia.
Federica Privitera
Immagine riprodotta per autorizzazione della casa editrice
Pp. 160,
16,90€
Rocco e Antonia. Gli anni Settanta. Due ragazzi della sinistra studentesca. La scoperta della vita, il sapore della ribellione, il racconto delle loro emozioni in presa diretta. L’iniziazione al sesso, la ricerca dell’amore, il dolore, la solitudine, la fantasia, la lotta politica: tutto si intreccia nelle loro riflessioni, tessute con naturalezza e la forza della sincerità. Porci con le ali è tutto questo.
Il testo della quarta di copertina alla prima edizione recita:
Gli uomini naturalmente, sono dei porci. E le istituzioni umane naturalmente dei porcili. Se i porci avessero le ali, secondo il detto inglese, potrebbe accadere “qualsiasi cosa”. Bene, forse i porci hanno delle misteriose ali invisibili, e forse noi non le vediamo perché abbiamo paura che questo “qualsiasi cosa” possa accadere. In tal caso siamo dei porci con le ali o invisibili o rudimentali. Alcuni hanno ali semplicemente invisibili e possono farle apparire in qualsiasi momento. Ad altri le ali rudimentali non permetteranno mai ascesa e volo, neppure in sogno (D.Cooper – La morte della famiglia).C’è, quindi, in maniera esplicita il parere di un intellettuale, David Cooper (al quale si può far risalire l’espressione che dà il titolo al libro, già comunque usata da Lewis Carroll in Alice in the Wonderland e corrispettivo dell’italiano “asini che volano”), e la sua citazione è tratta da un’opera il cui titolo rimanda ai movimenti del ’68, La morte della famiglia. Nel suo libro Cooper, uno dei pionieri dell’anti-psichiatria, attacca tutte le istituzioni destinate a perpetuare una condizione da cui non si esce se non con la pazzia o la rivolta. L’ufficio, le istituzioni scolastiche, la chiesa, l’esercito, l’ospedale ma anche i partiti sono strutture alienanti al pari della famiglia che mirano a produrre la “normalità” e le basi del conformismo:
«Quel che possiamo fare di meglio per la liberazione degli altri è quello che faremo in più per liberare noi stessi».Pensando a qualcuno in grado di leggere Porci con le ali nell’anno della sua uscita (1976) e che fosse, soprattutto, in grado di comprenderne appieno le sfaccettature ideologiche, psicologiche e sociali contenute, la prima persona che mi viene in mente è mia madre. In quell’anno lei aveva 14 anni: prese tra le mani un libro già scandaloso, prestato da un’amica che a sua volta aveva avuto il testo in prestito da un’altra compagna, e lo lesse nel buio della sua cameretta, nascondendolo sotto il materasso per evitare che i miei nonni lo vedessero. E non perché in casa non si parlasse di politica (mio nonno era un attivo socialista), uno dei punti cardine su cui l’esperienza di Rocco e Antonia ruota, ma perché le esperienze sessuali narrate erano troppo, anche per una famiglia all’avanguardia come la mia. Per questo, se la stessa autrice dichiara nella prefazione del graphic novel che i lettori reali del libro originale si aggirano sugli 8 milioni, il dato non rappresenta un’esagerazione: il libro nacque, crebbe e sopravvisse grazie al passaggio di mano in mano tra tre generazioni di giovani e avidi lettori. Porci con le ali, infatti, era troppo per chiunque all’epoca: chi aveva vissuto in prima persona il ‘68 non era più interessato alle vicende di due giovani liceali romani e quelli che avevano guardato le rivolte studentesche dall’alto dell’età adulta e matura o i ragazzi troppo piccoli per comprendere davvero la portata definitiva dell’evento sociale sessantottino rimasero parimenti folgorati dall'evidenza della storia. Eppure, a quarant’anni di distanza, Porci con le ali sembrerà “troppo” anche a molti dei lettori del XXI secolo. Sembra assurdo che un arco di tempo così ampio non sia riuscito a colmare i vuoti e le lacune sessuali che il testo di Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera aveva aperto come una breccia nella società conformisticamente democristiana del tempo, ma la violenza di genere, l’omofobia, l’ignoranza nei confronti dell’altro che serpeggiano quotidianamente nella nostra società dimostrano come pochi passi in avanti siano stati fatti verso il superamento di vecchi (e radicati) tabù. Ecco che allora un lungo filo rosso unisce le esperienze dei giovani del passato con quelli di oggi: Rocco e Antonia vivono le medesime emozioni e le medesime paure che qualunque adolescente al giorno d’oggi inizia ad attraversare nella fase embrionale dello sviluppo della propria personalità. Anzi, molte delle disparità di genere e di trattamenti che Rocco e Antonia accennano nella loro esperienza di vita sembrano essersi tutt’ora incancreniti.
Antonia e Rocco cercano il significato della propria esistenza in ciò che gli altri pensano di loro; un turbamento interiore e personale che tradisce un’inadeguatezza sociale che molti dei giovani ancora (e forse di più) oggi provano in un’epoca in cui sembra impossibile riuscire a ritagliarsi autonomamente un posto nel mondo.
Mi sono avvicinata a Porci con le ali in un modo atipico rispetto al mio solito, anticipando la versione a fumetti (sceneggiata da Manfredi Giffone) a quella narrativa, in un percorso che ha aggiunto ancora più forza alla realtà disegnata magnificamente da Fabrizio Longo e Alessandro Parodi e in una dinamica che potrebbe rappresentare il giusto modo per avvicinare i giovani di oggi alla letteratura, fornendo loro come punto di partenza una forma d’arte vicina alla moderna sensibilità visiva. Le immagini schiaffano la realtà sotto gli occhi senza quel pudore che l’immaginazione potrebbe invece operare durante la lettura di un romanzo. Non ci sono vie di fuga dall’evidenza delle immagini e per questo anche nel XXI secolo si continua ad arrossire come quarant’anni fa. Come nel diario tra Rocco e Antonia anche la sua versione a fumetti offre importanti spunti di riflessione: abbandonarsi all’essere (amore/sesso); rinunciare al fare (l’attivismo politico) in quanto atteggiamento di formale adesione alla moda del tempo; vivere la libertà come la naturale espressione della propria umana insicurezza, che si lascia guidare da un’incoscienza impastata di curiosità e fantasia. Anche la paura fa la sua parte, sempre pronta a modellare i gesti con la sua morbida, infantile, tremante carezza. La storia di Antonia e Rocco – adolescenti sfrenati e confusi degli anni Settanta – è un’esperienza radicale e totalizzante, basata sulla sconvolgente passione di continuare a non capire, e percorsa dal brivido di incontrarsi solo per scoprire, dentro di sé, inediti stralci d’abisso, nuovi focolai di incompiute rivoluzioni dell’anima. Non è, semplicemente, il ritratto di una generazione, né il manifesto di una rivolta. È, invece, la geniale, intensa e divertita testimonianza di una feroce voglia di giocare, fino in fondo, per poter, alla fine, diventare seri, e quindi crescere, guardando in faccia il mondo con l’orgogliosa franchezza di un guerriero esausto e sconfitto.
Ecco il senso della lettura di un testo che suscitò scandalo quarant’anni fa e che oggi avrebbe un effetto ancora più forte: quello cioè di aprire le menti su realtà sociali e relazionali rimaste immutate e irrisolte. Porci con le ali è una riflessione sulla coppia, sulla sessualità, sull’omosessualità, sullo sfondo colorato dalla paura, curiosità, amore, solitudine e fantasia.
Federica Privitera
Immagine riprodotta per autorizzazione della casa editrice
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