di Joe Abercrombie
Gargoyle, 2013
Traduzione italiana di Benedetta Tavani
pp. 679
€ 19,00
Il richiamo delle spade è il capitolo iniziale della
trilogia della Prima Legge, la prima incursione di Joe Abercrombie
nel Mondo Circolare da lui creato. Un universo fantasy che si svela
di libro in libro più interessante, tanto da costituire una lettura
imperdibile per gli amanti del genere.
Tantissimi i personaggi di questa saga: si comincia con Logen,
un sopravvissuto; ha visto morire i suoi amici e compagni uno ad uno,
si è macchiato di azioni vergognose ed ora è stanco di tutte queste
guerre, ma il sangue continua a mettersi sul suo cammino. Scampato ad
un attacco dei terribili Testapiatta, ora è diretto a Sud verso un
nuovo destino che lo attende. Sta accompagnando Bayaz, il Primo Mago,
a reclamare il suo posto nel Consiglio Ristretto, causando sospetti e
malumori nel governo dell'Unione. Nel frattempo, nelle Terre Arse ai
confini di Gurkhul, Ferro Maljinn, ragazza spietata in cerca di
vendetta contro l'Imperatore, si muove circospetta in compagnia del
misterioso Yulmei, che pare avere poteri magici e un compito da
affidarle: giungere incolume ad Adua per incontrare Bayaz; solo
allora il suo destino potrà compiersi. Nella capitale il capitano
Jezal si sta preparando ad un torneo, sfiancandosi in umilianti
allenamenti impostigli dal suo superiore, un vero affronto per un
nobile superbo. Sarà anche lui della partita, con esiti impensabili.
Logen si ripete spesso che bisogna essere realisti: è il classico
anti-eroe, lontano dall'epica evocata in esergo alla prima parte del
libro con una citazione da Omero; come nell'Iliade, però,
anche in questo romanzo il racconto inizia dopo anni di guerra che
sembrano aver portato ad uno stallo le parti in causa, Gurkhul e
l'Unione. Quest'ultima sta vivendo un
momento di crisi: il re Guslav V non è più in grado di prendere
decisioni, il principe ereditario Ladisla è inadeguato al trono e
circondato da ruffiani e approfittatori; suo fratello Raynault sembra
più adatto agli occhi di molti, ma sfortunatamente è il
secondogenito. I valori tradizionali aristocratici rischiano d'esser
spazzati via dall'emergere di una classe sociale che antepone il
profitto a qualsiasi altra cosa, rompendo schemi ed usanze
collaudate. Abercrombie delinea uno scenario socio-politico preciso
che ricorda la lunga transizione storica iniziata nel Medioevo che ha
segnato l'ascesa della borghesia, inserendo spunti non usuali per le
ambientazioni fantasy.
Il mondo cambia, Glokta, il mondo cambia. Il vecchio ordine si sfalda. La lealtà, il dovere, l'orgoglio, l'onore, sono concetti che non vanno più di moda ormai. E sai che cosa li ha rimpiazzati? L'avidità. I mercanti sono diventati i nuovi padroni di questa terra. Banchieri, negozianti, venditori: uomini piccoli, con menti piccole e piccole ambizioni. Uomini leali soltanto a loro stessi, il cui unico dovere è nei confronti del loro portafogli, il cui unico orgoglio è raggirare quelli migliori di loro e il cui unico onore si misura in base all'argento che gli si offre.
Che questa descrizione sia
oggettiva o sia dettata da una visione conservatrice che ha nel mito
del Paradiso Perduto una sua componente essenziale (e che costituisce spesso la potenziale ambiguità del fantasy, in perenne rischio
passatista), quel che è certo è che nel Mondo Circolare la
corruzione dilaga, tra il popolo e presso le alte sfere: Glokta, un
sadico inquisitore reso storpio da mesi di tortura che hanno
devastato il suo corpo, viene coinvolto suo malgrado nell'arresto del
reggente della zecca reale, accusato di percepire tangenti;
l'operazione serve in realtà ad eliminare un candidato avverso
all'Inquisizione alla carica di Lord Cancelliere, la figura che
detiene davvero il potere nel Consiglio Ristretto che governa
l'Unione. Intrighi politici dunque, una House of Cards in salsa
fantasy; d'altronde la serie tv con Kevin Spacey si rifà al Riccardo
III shakespeariano, ottima fonte per un immaginario di questo
genere (non è, tra l'altro, il solo eco shakespeariano:
lo spettacolo teatrale allestito per smascherare Bayaz ha qualcosa
della trappola per topi dell'Amleto
e della rappresentazione farsesca del Sogno di una notte di
mezza estate). In tutto questo, Glokta da una parte osserva con
distacco gli eventi, troppo intelligente per non vedere il marciume
che nascondono, dall'altra obbedisce senza fiatare portando avanti i
loschi piani, anche lui non per idealismo ma per convenienza e
piacere personale. Sin dall'inizio della trilogia è proprio questo
inquisitore a spiccare e ad
imprimersi nella mente del lettore, nel contrasto tra il suo cervello ironico e
raffinato ed il suo corpo ridotto ad uno stato pietoso, che lo
costringe a trascinarsi dolorante (lui un tempo agile e scattante
guerriero) affrontando con terrore la semplice salita di un gradino.
E l'Agriont, la cittadella fortificata al centro di Adua, è piena di
scale.
Follow the money, si dice.
E seguendo il denaro presto o tardi si arriva alle banche, i veri
poteri forti capaci di condizionare la Storia: anche sotto questo
aspetto l'Unione rispecchia il nostro mondo e Il richiamo
delle spade si distingue per
originalità dando spazio ad un tema, quello economico, di solito
assente nelle narrazioni di questo tipo. Ad
un certo punto, e per tutta la seconda metà del libro, esso viene
però messo da parte privilegiando gli altri filoni della trama. Un peccato, perché se portato avanti poteva essere un elemento interessantissimo ed innovativo.
Come nei libri di George Martin,
anche ne Il richiamo delle spade
c'è una minaccia proveniente dal Nord: un uomo di nome Bethod, a
capo di un esercito di ribelli, ha dichiarato guerra all'Unione.
D'altronde il pericolo imminente è un tòpos del
fantasy, utile perché consente di introdurre un contesto bellico,
che però in questa prima parte della trilogia non
è ancora centrale: la guerra è incombente ma al momento non ci sono
battaglie né epici scontri (così come l'autore non calca troppo la
mano con le scene di violenza); al termine del romanzo, nonostante si
siano appena lette 700 pagine, si ha l'impressione (corretta) di
essere solo all'inizio di questa storia.
A differenze di quanto
avviene nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco,
qui le famiglie reali sono in secondo piano; né i sovrani
dell'Unione né l'Imperatore di Gurkhul sono protagonisti e li
vediamo solo attraverso gli occhi degli altri personaggi. Abercrombie
dà spazio alla corte e agli uomini “semplici” come Logen,
lasciando che siano loro a muovere gli ingranaggi politici e bellici
della storia.
Per restare in tema di tòpos
fantasy, è poi evidente il richiamo classico alla formazione di una
compagnia, eterogenea per provenienza, stile e intenzioni, cui è
affidato un compito pericolosissimo ma fondamentale che li porterà
ai confini del mondo: sconfiggere le forze oscure che stanno
crescendo minacciando l'Unione. Uno scontro epico la cui posta in
gioco è la sopravvivenza stessa del Bene.
Uno stile piano, descrittivo, in terza persona, tipico del genere
e forse con alcune ripetizioni di troppo, una prosa che Abercrombie
affinerà nei capitoli successivi (Non prima che siano impiccati e L'ultima ragione dei re) e negli stand alone dedicati
a questo universo: Il sapore della vendetta, The Heroes e Red Country. Il Mondo
Circolare ci viene svelato a poco a poco, la sua storia (ad esempio
le vicende del Creatore, figura semidivina) sono diluite lungo tutta
la trama: se da una parte ciò previene tirate didascaliche
inverosimili (i personaggi che vivono in quel mondo non hanno bisogno
di spiegare gli antefatti ad ogni piè sospinto), dall'altra permette
al lettore di comprendere alcuni dettagli solo dopo molte pagine, il
che inizialmente può disorientare, ma alla lunga è una scelta che
premia la coerenza interna e il fascino del libro.
Nicola Campostori