Padri di tutti, padri di nessuno: Il senso dell'elefante di Marco Missiroli

Il senso dell’elefante
di Marco Missiroli
Guanda, 2012

€ 8,99 (eBook)




Un prete giovane e una strega, un gatto e una finestra; una Rimini avvolta da una nebbia umida che sale dal mare, pochi elementi riconoscibili che contribuiscono alla determinazione di una topografia della fiaba e della memoria. Così comincia la storia, ma non il romanzo. Quello si apre trentacinque anni dopo, quando Pietro si trasferisce dalla Romagna a Milano, per fare il portinaio in una palazzina elegante e decadente al tempo stesso, per vigilare sulle sorti di chi la abita.
Un po’ alla volta fanno la loro apparizione i condomini: l’avvocato Poppi, omosessuale infelice, che cerca di scampare all’oblio e al dolore della propria solitudine custodendo i segreti altrui; Fernando, il “ragazzo strambo”, con sua madre Paola; soprattutto la famiglia Martini, alle cui sorti Pietro pare essere particolarmente legato: Viola, “candore e sensualità”, una fragilità nascosta dietro a un’ostentata frivolezza, la piccola Sara, col suo frullare di dita, e Luca, oncologo pediatrico, tormentato da pensieri inespressi, prigioniero della propria integrità e delle cose non dette.

Nella sua guardiola di Milano, Pietro è padre di tutti: grande ascoltatore e uomo di poche parole, ha perso la fede ma non l’umanità. Si fa carico della sofferenza altrui celando la propria, osserva in silenzio e raccoglie indizi e confidenze. Attraverso una serie di flashback, si scopre presto che l’ex sacerdote è anche padre di Luca, giunto nella grande città per cercare risposte e recuperare il tempo e i ricordi perduti. Attraverso i personaggi sfaccettati e indimenticabili che popolano il suo racconto, Marco Missiroli riflette allora sul tema della paternità, presente e mancata:
cosa lega ogni padre? Si arrampicò per pulirla, rinunciò. Lasciò lo straccio nel lavandino e appese il cartello Torno subito sul vetro della guardiola. Uscì in strada dal vecchio e gli disse: «Suo figlio è malato?» Il vecchio tossì, si appoggiò al muro e Pietro seppe che era l’impotenza. L’impotenza per la sorte dei figli lega ogni padre.
Per i protagonisti del romanzo, la paternità non è mai un fatto puramente biologico: è sempre farsi carico di un altro, responsabilità, dedizione totale. È, soprattutto, qualcosa che prescinde dal legame di sangue: tutti sono istintivamente guidati da quello che viene chiamato il senso dell’elefante, l’impulso naturale e inspiegabile a proteggere i piccoli nati all’interno del branco, siano essi propri o altrui: “quello era il senso dell’elefante e di ognuno di loro, padri, la devozione verso tutti i figli”. 
Con l’incisività e la delicatezza che gli sono proprie, Missiroli descrive un contesto ristretto eppure universale, in cui la concretezza dolente della vita individuale può coesistere con la poesia, conciliarsi con scene surreali e magiche (l’avvocato e Pietro che ballano un valzer tra i lenzuoli stesi sul tetto, Fernando che fa volare le ombre, un bambino malato e una visita al lago). In una storia che si fa sempre più cupa e non esita a trattare problematiche fondamentali, come la diversità, la crisi della fede, l’adulterio, l’eutanasia, senza mai proporre un’interpretazione moraleggiante e univoca, l’allegria irrompe con il profumo di una gita al mare. È il mare, non Dio, il custode di tutti i segreti, dei desideri, delle speranze che solo i bambini hanno il coraggio di esprimere ad alta voce:
C’era un velo di conchiglie sbeccate che Fernando e l’avvocato raccoglievano, il portinaio si fermò e l’acqua gli toccò le scarpe, figlio mio ti proteggerò, toccò quelle di Paola, fa’ che Pietro si innamori di me. Bagnò i piedi nudi dell’avvocato, questa è la mia famiglia, e quelli di Fernando, sei in fondo al mare papà?, lambì le scarpe del dottore, come farò. L’acqua si ritirò, e Luca disse a Pietro: «Dobbiamo andare».
È il mare l’inizio e la fine di tutto, la fonte del peccato e del coraggio delle decisioni estreme. Non si può dire altro su un romanzo che va letto perché essenziale: essenziale nello stile, che arriva dritto al cuore delle questioni e dei problemi, senza usare mai una parola di troppo; essenziale nella descrizione dei personaggi, che potrebbe sembrare spietata nella sua franchezza ed è invece carica di pietas nel senso etimologico del termine; essenziale soprattutto perché è uno di quei libri che non possono lasciare indifferenti e che ti si incidono dentro, lasciando uno strascico di riflessione e malinconia che si prolunga ben oltre l’ultima pagina.

Carolina Pernigo