Un piccolo romanzo che ha conquistato: stiamo parlando di Tina di Alessio Torino, edito qualche mese fa da Minimum Fax. Una storia struggente e coraggiosa al tempo stesso, alla ricerca di un nuovo equilibrio, continuamente messo alla prova dal divorzio imminente dei genitori e dalla pubertà alle porte. Un romanzo con Pantelleria come sfondo e personaggio, l'estate assolata e gli amori (degli altri) da osservare col costante curiosità e un pizzico di timore (per leggere la recensione, clicca qui).
Per la "scontrosa grazia" di questo romanzo di formazione, e per lo stile, assolutamente da sperimentare con la lettura diretta, abbiamo proposto ad Alessio Torino di rispondere a qualche nostra domanda, nonostante l'afa agostana.
La tua piccola protagonista, Tina, deve affrontare un
fardello molto comune nel Duemila: la separazione dei genitori (o perlomeno la
minaccia che questo avvenga). Pensi che sia questo uno dei passi più duri nella
formazione di oggi?
I bambini hanno
molti scogli da superare, e questo della separazione dei genitori può essere
uno dei più taglienti. Anche i figli adulti possono soffrire per questo genere
di cose, figuriamoci i bambini che non hanno ancora lo strumento della ragione
e sono costretti a assorbire la vita soprattutto con il proprio corpo. Per
fortuna, però, i bambini hanno anche un ottimo olfatto per il futuro e spesso
trovano da soli la strada per salvarsi, magari fuggendo.
Tenersi tutto dentro: Tina lo sa fare bene, la sorella Bea
un po’ meno. Scrivere è una via poco violenta, sempre che lo sia, per liberare
ciò che è chiuso in sé?
Anche io ho qualche dubbio che sia poco violenta. Se
pensiamo che la scrittura è forse proprio un andare a recuperare tutto quello
che inevitabilmente rimuoviamo dalla vita quotidiana per poter campare, direi
che è l’esatto opposto, qualcosa di molto brutale. Credo che questo valga per
il libro in genere. Un libro è una delle cose più civili e al tempo stesso
violente che ci siano. Una cosa civile perché volendo lo possiamo tenere chiuso.
Poi però, una volta che lo apriamo, prende vita al punto che la definizione del
libro come oggetto ci sembra così limitata.
Anche in Tetano,
ad esempio, hai dato vita a una narrazione “dal basso”, concentrata sui più
piccoli. Quali attenzioni bisogna avere nello scegliere il punto di vista di
quasi-adolescenti? Hai incontrato difficoltà?
La difficoltà è la stessa che si incontra con gli altri
tipi di romanzi, cioè bisogna trovare il passo narrativo. Finché non si è
trovato il ritmo, un romanzo è come se non esistesse. Puoi averlo pianificato scena
per scena, ma senza il ritmo della scrittura non è ancora niente. Per quando
riguarda Tina, all’inizio c’era
soltanto una bambina spettinata che pescava le meduse col retino. Poi ha
cominciato a muoversi e la scrittura ha cominciato a muoversi con lei.
Nel narrare di adolescenti, quanto contano i tuoi ricordi,
quanto i desideri inespressi, quanto la letteratura e quanto la pura
invenzione?
Il vissuto mi serve soprattutto per pescare qualche
dettaglio succulento. I libri letti, invece, servono a non farmi troppe
illusioni. Un romanzo, dicono i libri letti, è qualcosa che ha un inizio, uno
svolgimento e una fine. Il tuo romanzo, dicono sempre loro, finirà sul comodino
di qualcun altro: non pensare di scrivere un’opera mondo, pensa a scrivere
un’opera da comodino, che è già tanto. Quanto ai desideri inespressi non
saprei, ma spero che contino poco: scrivere per dare voce a cose non vissute mi
sembra un po’ miserabile.
“Tina” è un titolo che riporta inevitabilmente ai grandi romanzi di formazione, da “Agostino” a “Ernesto”, per citarne almeno due. Ma è anche vero che ultimamente l’editoria privilegia titoli ammiccanti, allusivi, che possano “vendere”. Come è andata la decisione del titolo, nel tuo caso?
Altri titoli, come ‘Tetano” o “Urbino, Nebraska” hanno
avuto una gestazione più complicata. “Tina” invece si è imposto da subito. Già
mentre lo scrivevo sapevo che il romanzo si sarebbe chiamato così e anche per
la casa editrice non ci sono stati dubbi.
Uno dei punti di forza di Tina, a mio avviso, è proprio l’apparente secchezza della tua
prosa, fatta invece di oggetti parlanti, forti simboli e simmetrie che sta al
lettore riconoscere e interpretare. Hai adottato questo stile spontaneamente, o
è frutto di una revisione attenta, con tagli feroci?
Ti dico solo che ho scelto di non tenere una stampante in
casa. Con tutte le revisioni che faccio, finirei per fare la spola tra casa mia
e il cassonetto per la raccolta differenziata della carta. Che poi fa anche
impressione buttare via i fogli con la propria scrittura, c’è qualcosa di
macabro.
Leggendo Tina, è
facile lasciarsi trasportare a rimandi letterari (io stessa vi sono
inciampata). Sei un lettore di romanzi di formazione?
Sì.
Dunque, quale consiglieresti a un adolescente
di oggi, che lotta per cercare la propria identità esattamente come uno o due
secoli fa?
Consiglio il titolo di un romanzo che merita di essere
conosciuto di più: La morte corre sul
fiume di Davis Grubb, che Adelphi ha tradotto con il titolo del film.
Anche in Urbino, Nebraska hai scelto una connotazione
geografica forte, che ben rendesse riconoscibile la tua storia. In un’altra
città, probabilmente sarebbe stata diversa. Anche per Tina potremmo dire la stessa cosa?
L’ambientazione di Tina
è nata insieme alla protagonista del romanzo, quindi la risposta è che
Pantelleria non l’ho davvero scelta. Poi come scrittore ho cercato di sfruttare
tutte le possibilità che poteva darmi un’isola come quella.
Anche se rispettiamo la superstizione degli autori, vuoi
anticiparci se stai già scrivendo qualcosa di nuovo?
Ci sono vari romanzi che mi scorrazzano per casa e in
questo momento mi sto comportando con loro come uno zio che vizia i nipoti: sto
dicendo di sì a tutto quello che mi chiedono, cioè li sto portando avanti
tutti. Presto però mi dovrò trasformare in un padre che dovrà dire dei no. Uno
dei pochi momenti di libertà che ha uno scrittore è quando ha finito un romanzo
e non ha ancora deciso il prossimo. È un bel momento, di libertà appunto, per
quanto si sente già in sordina quanto costerà rinunciare a tutti i romanzi che
non saranno scelti.
Grazie, e buona scrittura!
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Intervista a cura di GMGhioni
Immagine riprodotta per autorizzazione dell'autore
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