Maschio Bianco Etero
di John Niven
Einaudi, 2014
Traduzione di Marco Rossari
pp. 376
€ 18,50
Scrivere e chiavare non poteva salvarti
Kennedy Marr è uno scrittore di successo. Di origini irlandesi e di adozione losangelina, ha saputo prendere dal verso giusto la capricciosa dea dell'arte. Dopo alcuni romanzi tradotti in ogni angolo del globo, si è dedicato alla scrittura e limatura di sceneggiature cinematografiche: forse ha svenduto un po' la sua dignità di artista, ma in compenso si è arricchito in maniera vertiginosa. Passa il suo tempo tra locali, cocktail, droghe e gambe aperte di ogni starlette e donna appetibile di tutta la costa. Pazienza se non scrive un romanzo da oltre 4 anni e, 'rcatroia se ha un sacco di sceneggiature arretrate da consegnare e sono anni che non vede la sua famiglia: lui continua a vivere così la sua vita, in qualche modo si farà. Il "qualche modo" giunge nell'inaspettata forma di un premio letterario britannico: in cambio di mezzo milione di sterline (fondamentali per salvarlo dal fisco in agguato), Kennedy è costretto a rientrare in Gran Bretagna e ad insegnare nella stessa università della ex- moglie, ad un tiro di schioppo dalla madre moribonda e lontano da tutta la scintillante vita hollywoodiana. Per Kennedy è come sprofondare nel proprio inferno personale.
Sapeva benissimo di incarnare un trito luogo comune: il romanziere di mezza età che cerca di venire a patti con la propria mortalità.
In ogni tempo, luogo, spazio e supporto cartaceo o digitale il bad boy/ girl attira simpatie. Sarà una latente sindorme della crocerossina/ paramedico in ognuno di noi, sta di fatto che tendiamo a tifare per loro. Di sicuro hanno un passato tormentato alle spalle, antri oscuri della mente che li hanno portato ad essere quello che sono. Se un uomo ricco e di successo non dimostra un minimo di moralità, passa da un letto ad un altro in rapida successione, sperpera il proprio patrimonio e non si cura di andare a trovare la madre che sta morendo, di sicuro ha qualche parentesi buia nella sua vita. Un trauma mai risolto, una ferita che vorremmo scoprire e sanare. E quindi scatta la simpatia e l'empatia anche per personaggi francamente detestabili.
Kennedy Marr è irrimediabilmente detestabile. Incarna tutti i peggiori difetti dell'essere umano senza una sostanziale e tangibile ragione; ha ovviamente un passato con tragedie e dolori, come tutti noi, ma il suo unico scopo nella vita è stato curarsi dei propri interessi. Senza preoccuparsi di chi gli stava intorno, senza sentimenti di riconoscenza o gratitudine. Il fatto che la prima moglie, Millie, lo abbia mantenuto per cinque anni quando stava scrivendo il suo primo romanzo viene liquidato con una serie di umilianti tradimenti: perchè, in fondo, "Chissenefrega. Da un punto di vista esistenziale: a chi cazzo frega? Ti scopi una, ti scopi un'altra, non ti scopi un'altra, il pianeta continuerà a girare e tutti noi in questa stanza saremo polvere nel giro di sessant'anni" riflette mentre è costretto a seguire la terapia di coppia.
L'impegno dei suoi agenti e consulenti per trovargli nuovi sbocchi viene irriso con spese folli e comportamenti maleducati verso potenziali clienti. Tutto fa pensare ad una consapevole autodistruzione. La cosa peggiore è che tutti questi scherni deliberati non lo danneggiano: i produttori cinematografici si fanno una risata sul temperamento irruento di questo scrittore irlandese. La famiglia accetta con sorprendente pazienza e bonomia le sue mancate visite perchè il suo lavoro è tanto importante. La figlia adolescente si fa una risata quando il padre salta una cena con lei per andare a letto con un'attricetta strafatta di cocaina. Per carità, a volte Kennedy prova a farsi un esame di coscienza: si rende conto che la sua vita è caotica e a volte rimpiange di non aver fatto quello che avevano fatto tutti i suoi amici: "fare una scelta e seguirla fino in fondo. Certo, per andare verso la noia e la barba della mezza età, ma almeno c'era una trama". Vorrebbe poter passare una tranquilla serata in famiglia con la propria ex moglie e la figlia, ma, come un bambino che soffre di disturbi di attenzione, si distrae non appena una studentessa accavalla le gambe. I suoi rimorsi sono più un'autocommiserazione incensatoria che non una vera riflessione. Ogni pagina, ogni passaggio ci fa portare ad odiare Kennedy Marr che però resta un personaggio coerente con se stesso e con una psicologia tratteggiata alla perfezione. Mentre tutti le persone intorno a lui hanno una nota stonata (quale adolescente non sarebbe arrabbiata con un padre simile, quale produttore non manderebbe al diavolo uno sceneggiatore che non rispetta le consegne?), lui resta fedele a se stesso nell'essere un emerito e fastidioso coglione. Non si sa nemmeno se augurarsi una catarsi o una redenzione per uno che, ovviamente, non se la merita. Il finale, così grottesco da far ridere increduli, è il coronamento perfetto di un romanzo scorrevole e per nulla banale e di un personaggio che, per quanto irritante, resta incredibilmente realistico senza filtri morali.
Aggiungiamo un bad bay alla categoria, ma tranquilli: a nessuno scatterà mai la sindrome della crocerossina per lui.
Giulia Pretta