di René Frégni
Meridiano Zero, 1999
Traduzione italiana di Alberto Pezzotta
pp. 159
€ 7,00
Ralph gestisce un gruppo di scrittura per detenuti. Sin da bambino per lui la
prigione ha significato “sotterraneo”, “bara”
e “cimitero”. Lavorare in carcere doveva quindi essere un modo
per comprendere questo mistero, ma dopo tanti anni ha scoperto “che
non si addomestica la morte”.
Solitario, lasciato dalla moglie un anno prima, il protagonista
condivide coi prigionieri un senso di isolamento, di alienazione
rispetto al mondo esterno.
Quando non possono segare le sbarre, affilano la loro crudeltà. Ma quando la notte cala sulla prigione, in fondo alla propria cella ciascuno di loro piange pensando alla propria madre.
Un giorno all'incontro di scrittura si presenta Gabriel,
uxoricida: un uomo grigio, che se ne sta in disparte, silenzioso.
Ralph, percependo subito un'affinità enigmatica, si interessa a lui
e scopre che il carcerato non ha contatti con gli altri detenuti e
che interagisce solo con la moglie morta: le parla, divide con lei i
pasti e gli spazi angusti della cella come se fosse presente. Un
amore travolgente, assoluto, una vertigine altissima che si è
ribaltata in un abisso altrettanto profondo. Gabriel è ora un uomo
che ha solo la sofferenza come tragico destino. I due entrano in
confidenza. A legarli c'è un umore più che malinconico, un sapore
amaro di vita perduta.
Con lui mi sembra di essere sulla soglia di un mistero che sto per squarciare. Di che cosa si tratti, non lo so ancora, ma il suo delitto e il suo tormento sono talmente complessi che a volte mi chiedo se non racchiudano l'intera umanità.
Col tempo Ralph matura una decisione: aiuterà Gabriel.
Improvvisamente lo spento scrittore fallito e disilluso ha una
ragione per vivere, un'ossessione che ridesta in lui forze che
sembravano scomparse. Ecco che quest'uomo dal carattere mite e
introverso, il cui candore stride con le aspettative tipiche per i
personaggi di genere, architetta un piano paradossale che porta il
libro, la cui prosa lirica, così come la trama, lo distingue dai
cliché noir, su binari più prettamente criminali rispetto alla
prima parte. Ma l'azione dischiude le potenzialità delle
conseguenze, e questa energia può essere terrorizzante; di colpo i
dubbi si impadroniscono del protagonista: ha fatto bene? È stato manipolato?
Gabriel è davvero come appare? La disperazione dei due uomini li
porterà ad un confronto finale dagli esiti insospettabili.
L'ambientazione marsigliese non ha la stessa importanza che
riveste nei libri di Izzo; d'altronde si tratta di un romanzo
incentrato in un luogo chiuso che, come il suo protagonista e a
differenza di Fabio Montale, ha un rapporto esile col resto della
città francese. Una curiosità: ad un certo punto del libro fa la
sua comparsa una barca, la Soléa,
che condivide il nome col capitolo finale della trilogia di Izzo.
Meridiano zero è casa editrice specializzata in noir e in
effetti, volendo, anche questo piccolo romanzo ha delle componenti
che permettono una sua catalogazione in questa categoria, il che
potrebbe portarci a riflettere su cosa faccia di un libro un noir: i
temi? La trama? La scrittura? In ogni caso etichettare l'opera prima
di Frégni è un'operazione non necessaria: La città dell'oblio è
un ottimo romanzo, senza bisogno di definizioni di genere. Una
prosa elegante che sembra arrivare dal passato, un clima
esistenzialista (l'indolenza del protagonista mi ha ricordato a
tratti Lo straniero di Camus)
in cui la prigione diventa la cassa di risonanza che rende più
evidente le tenebre che appartengono a tutti gli uomini. In
definitiva, in questo libro viene raccontata la ricerca di Ralph di
un senso, l'avvicinarsi alla rivelazione del dolore.
Nicola Campostori