Di Christopher Moore
Elliot, 2016
Traduzione Gianluca Testami
pp. 311
Euro 17,50
Anime di seconda mano è il sequel del romanzo Un lavoro sporco uscito quasi dieci anni fa. E a distanza di un decennio Moore non smette di divertire e di mantenere il suo tono costantemente ironico.
Nella San Francisco dell’ultima volta troviamo ancora i personaggi che conoscevamo, ma anche per loro il tempo è passato: la Sophie che era appena nata ha ora sette anni e parla come un marinaio sboccato, facendo da perno per alcune delle scene più spassose del racconto.
Che Moore fosse uno dei più geniali scrittori americani quando si parla di commedia paranormale non c’erano dubbi, ma questa volta supera se stesso riuscendo a rianimare un mondo che sembrava chiuso ormai da tempo.
La storia gioca ancora con le carte della morte e delle superstizioni per provocare nient’altro che risate e divertimento, mai un istante in cui si sfugga al clima giocoso del suo stile.
Tra personaggi stereotipati sempre vestiti allo stesso modo, una città dalle tinte forti e anime che si muovono con fin troppa disinvoltura, non si dimentica che si sta leggendo un qualche tipo di fiaba moderna.
Il realismo è cacciato via con stizza in nome di una prosa che racconta l’irraccontabile, lo strano, l’inventato senza pentirsene per un solo istante.
Il racconto prosegue andando per strade contorte, su per le salite della città californiana e ancora giù, di corsa, tra vie che non hanno nulla in comune con il nostro mondo.
Eppure con tutta l’assenza di affinità e di verosimiglianza, siamo lì che tifiamo e ci immedesimiamo nei panni dei personaggi, perché sembra anche a noi, in fondo, di esser stati scelti:
Congratulazioni, sei stato scelto per fare le veci della Morte. È un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo. Il tuo compito consiste nel recuperare i vascelli delle anime delle persone morte o in fin di vita, e nell’assicurarsi che arrivino al corpo successivo.
Se fallisci, le Tenebre ricopriranno il mondo e regnerà il Caos.
Un libro per chi pensa che non ci sia nulla di esilarante sulla Morte, che non si possa sghignazzare irrefrenabilmente anche sulla più tragica delle esperienze. Perché in fondo Moore non fa altro che disegnare un quadro divertito di uno degli argomenti che si tenta di evitare con qualsiasi mezzo.
Chi lo conosce non si stupirà di certo (soprattutto se ha letto il precedente volume della serie), ma oltre le pagine delle sue opere è proprio lui stesso come personaggio che completa il quadro.
Due consigli dunque:
1) Leggere Anime di seconda mano solo dopo aver letto l’altro, gli eventi sono consequenziali e si seguiranno meglio gli sviluppi.
2) Fare un bel giro sulle pagine Facebook e Twitter di Moore, non sarà tempo perso.
Sul Golden Bridge c’era un gran viavai di fantasmi. Come impazziti, scivolavano lungo i cavi, attraversavano a nuoto la carreggiata, pendevano dalle corde verticali, sbattevano al vento come lacere bandiere di guerra, ciondolavano sui pontili di ancoraggio e s’infilavano nei sogni dei marinai assopiti mentre le navi passavano sotto il ponte. Perlopiù sonnecchiavano, raggomitolati sulle pesanti torri d’acciaio, aggrovigliati ai cavi come ferventi lombrichi, rimboccati sotto una coperta d’asfalto, russando nei battistrada di milioni di pneumatici al giorno.