di Charlotte Rampling con Christophe Bataille
66thand2nd, 2016
traduzione di Camilla Diez
pp. 120
€ 18
«Mi hai affidato pagine di epoche diverse, paragrafi sognanti, pensieri. Ho cercato di essere te, Charlotte. Conoscerti un po'. E non ferirti mai. Ho pensato che questo libro avrebbe portato il tuo nome, in un modo o nell'altro. Che non avrei cercato nessuna informazione al di fuori di te. Che sarebbe stato al contempo un ritratto e un autoritratto. L'ho già detto: un patto.»
Io, Charlotte Rampling. Un patto mantenuto, nelle parole di Christophe Bataille, che ricuce questa autobiografia, o molto più propriamente, questo (auto)ritratto dolce, delicato e lieve, dell'attrice britannica Charlotte Rampling. Lontano dal glamour, dalla retorica della diva, parole impalpabili che acquerellano non una carriera, - non si parla di premi, di registi innamorati, di red carpet e abiti favolosi - ma uno scorcio di vita femminile che soltanto per caso è quello dell'attrice recentemente candidata all'Oscar come migliore attrice per la magistrale interpretazione di 45 anni di Andrew Haigh (che le è valsa comunque l'Orso d'argento a Berlino).
Chi pensa di trovare un memoir dell'attrice, già dalle prime pagine capisce che il registro è tutt'altro. Sono appunti, frammenti, scrittura (dolorosa, a tratti, e lieve) che ricompone un passato precedente la carriera: nessun racconto dal set dei numerosi film interpretati, fra cui La caduta degli dei di Visconti (1969), Il portiere di notte di Liliana Cavani (1973), Le chiavi di casa di Gianni Amelio (2003). Su tutto, il refrain del ricordo della gioventù trascorsa fra Francia e Inghilterra, il rapporto con i genitori, il padre oro olimpico e la madre “descritta come un'eroina di un romanzo di Fitzgerald”, gli anni della guerra e l'ombra della perdita della sorella Sarah, più grande di lei di un paio di anni.
Ricordi sparsi, istantanee di vita che si materializzano anche nelle numerose fotografie riprodotte nel volumetto edito 66thand2nd, tradotto da Camilla Diez dall'originale francese Qui je suis e pubblicato per le Éditions Grasset&Fasquelle nel 2015. Inevitabile un effetto sulla falsariga de Gli anni di Annie Ernaux (ne parlavo qui, dove vi rimando più per intento esplicativo che autocelebrativo). Quella sensazione di accumulo memoriale, e di malinconia:
«Ci vorrebbe una lista dei giorni felici. Per dirci che possiamo immortalarli, amarli, e naturalmente non crederci. Quanti diari per non ricordare?»
La Rampling, figura schiva e raffinata del cinema europeo, mette a nudo un pezzetto d'anima, non senza qualche ritrosia, tenendo sempre un registro quasi ineffabile, alternando la sua voce a quella dell'uomo che la racconta, l'editor e a sua volta scrittore francese Christophe Bataille, in una sorta di schermaglia quasi amorosa, fisica, seduttiva. Una sorta di serissimo gioco a nascondino, in cui la scrittura è al tempo stesso velo e svelamento. Qualcosa che colori il silenzio senza disturbare troppo la quiete del ricordo.
Di difficile classificazione e piacevole lettura.
«Io, Charlotte Rampling, né una biografia né un canto, né un tradimento, a malapena un romanzo – forse una ballata, canticchiata come la ballata delle dame del tempo che fu.»
Giulia Marziali
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