di Salvatore Basile
Garzanti, 2016
€ 16.40
Immaginate una vecchia stazione, in un paese di mare della nostra penisola. Una di quelle stazioni minori dove passa un solo treno, due volte al giorno, il mattino parte e la sera rientra, come un padre dai propri figli. Tempo fa accanto alle stazioni, o meglio, proprio sui binari, vi erano le case dei capistazione, che sorvegliavano il passaggio dei treni e con loro dei passeggeri. Oggi, presi dalla frenesia dei nostri spostamenti, non faremmo più caso a cosa e a chi circonda il binario, che percorriamo di corsa per non perdere il treno. Invece per entrare appieno in questo libro serve un po’ di questa atmosfera rétro.
Immaginate ora, nella casa del capostazione, una stanza piena di oggetti, quelli dimenticati tutti i giorni sui sedili del treno: vestiti, zaini, valigie, libri, occhiali, documenti. Un’esposizione universale di oggetti persi e mai più reclamati, che sono stati raccolti e accolti, sistemati su mensole, scaffali, tavoli, a mo’ di arredamento, forse per riempire un’assenza. Tra questi oggetti uno in particolare deve attirare la vostra attenzione, un piccolo quaderno rosso sgualcito, un diario segreto di un bambino di tanti anni fa. Un bambino che ha visto sua mamma partire di nascosto, sempre su quel treno, e non tornare mai più, infrangendo quella promessa “promettimi che mi ridai il diario”, promettimi che torni. La madre non è tornata, ma il diario sì.
Questa è la storia di Michele, capostazione – come il padre – nel piccolo paese di Miniera di Mare, cresciuto senza madre e con un padre poco presente, troppo impegnato a commiserarsi. Michele ormai è adulto, è cresciuto con questa ferita dentro ma non ha ancora fatto nulla nella sua vita per cercare di superare il dolore. È sempre stato solo, rifiutando il contatto con tutti, donne, amici. Vive nella casa che era del padre, tale e quale a come era vent’anni prima, solo piena zeppa di oggetti smarriti. Uniche presenze che si concede nella sua vita perché gli oggetti non se ne vanno, mantengono le promesse, non ti abbandonano. La sfiducia nel mondo e negli affetti, nei sentimenti è totale in Michele, forse ereditata anch’essa dal padre, come tutto il resto.
Ogni sera Michele attraversa il treno ormai vuoto dall’ultimo al primo vagone, lo pulisce, lo sistema, lucida le maniglie e recupera tutto ciò che i passeggeri hanno dimenticato. Come se il treno, e quegli oggetti, fossero la sola cosa che ha. Non si concede nessun altro piacere della vita, si nutre di minestra all’uovo, rifiuta ogni tipo di contatto umano, persino non si permette di andare a fare la spesa, ma la ordina a domicilio pur di non affrontare l’incontro con l’altro.
Fino a quando, come in tutte le favole, avviene la svolta, e in questo caso la svolta ha un nome e una voce squillante, un modo di muoversi che emana pura energia. Arriva Elena e con Elena tornano i colori nella vita di Michele. Il loro primo incontro è totalmente travolgente: Elena irrompe una sera in casa di Michele, varca la soglia che da decenni non ha più varcato nessuno, e si precipita nel salotto degli oggetti smarriti per recuperare il suo oggetto smarrito, una piccola bambola di pezza. Da quell’istante sarà, in un modo o nell’altro, sempre nella vita di Michele. Anche lei con la sua ferita profonda e ancora interamente scoperta.
Il giorno dopo Michele trova il suo diario sul sedile del treno ed è un tuffo al cuore: quel diario che se n’era andato via con sua madre senza mai più tornare ora è lì di fronte a lui. Chi l’ha portato? Forse, proprio sua madre? E dove è, adesso, dopo tutti questi anni di assenza? Infinite le domande che si stagliano nella mente del protagonista ma per rispondervi occorre fare solo una cosa. Provare ad affrontare la vita, uscire di casa, salire su quel treno da passeggero e percorrere lo stesso ignoto viaggio, scendere a ogni stazione per cercare quella donna ormai divenuta sconosciuta, ma mai dimenticata. Ciò che è per ognuno di noi abituale, uscire, muoversi, parlare con la gente, è del tutto nuovo e spaventoso per Michele, legato da uno strettissimo elastico alla stazione di Miniera di Mare. Ha bisogno di un mentore, e sarà Elena, che da lontano lo guida e lo sostiene.
Questo strano viaggio avrà dei risvolti immensi, scoprirà tante cose sulla sua famiglia, sul suo passato. Si legherà a molte persone, a un nuovo nucleo famigliare a lui ignoto, imparerà ad ascoltare, conoscerà da dove arriva il dolore che Elena sa così bene mascherare. Verrà deluso, verrà preso in giro, scansato, umiliato ma verrà anche ascoltato, aiutato. Incontrerà tanti personaggi (un vecchio compagno delle elementari, una coppia ancora innamorata dopo decenni insieme, un’anziana signora ormai sola, un vagabondo greco un po’ pazzo e tanti altri), sconosciuti e non, che lo accompagneranno in questo enorme percorso di crescita, dove ogni passo equivale a un salto nel vuoto.
Michele soprattutto imparerà una cosa: che è inutile chiudersi in sé stessi e rifiutare il bello della vita solo perché si ha sofferto in passato, che è una follia odiare tutte le rose solo perché una spina ti ha punto, che occorre fidarsi e rischiare per essere davvero felici. Che la vita e le persone sono fatte di mille colori e che bisogna trovare quelli che meglio si intonano al nostro essere, senza avere paura.
Il romanzo di Salvatore Basile, che ancor prima di venire stampato era già un caso editoriale, è una fiaba moderna. Romantica, dolce, sensibile, lieve, sognatrice. Ha il suo protagonista, il suo oggetto (smarrito) del desiderio, una missione da compiere, tante prove da superare, molti aiutanti, un mentore speciale e un unico grande antagonista: se stessi e i propri limiti. L’autore al suo esordio ci accompagna con delicatezza in questa storia d’amore e soprattutto di speranza, di fiducia e di tenerezza, di due solitudini che finalmente si incontrano e brillano di luce nuova. Perché c’è sempre un colore che può illuminare i nostri sogni.
Elena Sizana