di Jean-Claude Schmitt
Laterza, 2015
1^ edizione in lingua originale: 1988
Traduzione di Maria Garin
pp. 160
€ 9 (cartaceo, Economica Laterza)
Che cosa sono le superstizioni? E per quali ragioni la Chiesa e le istituzioni le hanno spesso osteggiate o addirittura condannate con violenza? Non è semplice risalire all'etimologia della parola, mentre è assolutamente piacevole lasciarsi trasportare da Jean-Claude Schmitt in questo saggio che unisce il rigore del noto medievalista francese a una prosa curiosa, dinamica e mai noiosa. Certo, le indicazioni bibliografiche per approfondimenti successivi e premesse circa le fonti adottate sono doverose, ma Schmitt sa bene come inserire questi dati di per sé utili a pochi in un racconto ampio, che coinvolge molteplici aspetti.
Dopo premesse etimologiche sulla nascita e l'impiego del termine "superstizione", nel secondo capitolo l'autore affronta lo stretto rapporto tra superstizione e paganesimo: il punto di vista della Chiesa si inasprisce sempre di più, ma il lettore si stupirà nel notare quanti rituali altamente pagani venissero ripiegati e ricolorati di cristianità. Ciò non toglie che una delle prime missioni dei chierici dell'alto Medioevo fosse proprio la pastorale, ovvero la lotta contro le superstizioni, opera che spesso andava a ibridarsi con l'agiografia. In queste lotte contro gli idoli più difficili da estirpare e l'adorazione degli elementi naturali, il santo si trasforma in un eroe, che deve scontrarsi con i pagani, spesso con violenza da ambo le parti.
Mentre le pene verso chi si macchia di superstizioni non sono mai corporali (né mortali né detentive), la penitenza si fa più lunga e intensa più il peccato è grave (anche 7 anni di pane raffermo e acqua per malefici che hanno provocato tempeste o la morte di un uomo!).
La parola "maleficio" fa da ponte con il terzo capitolo, dedicato al rapporto tra superstizione e magia. I chierici erano profondamente contrari a queste pratiche, anche se la differenza tra la magia e un rituale religioso è veramente molto poca:
[...] per trasformare un gesto magico in un segno legittimo basta che il segno tracciato sulla fronte del bestiame sia il segno della croce o che sia pronunziato in nome di Dio. (p. 46)
Quindi non è l'efficacia simbolica a essere messa in dubbio, ma l'autorità e la legittimità di chi compiva i gesti! Ed è interessante vedere come divinazione e maghi si occupassero di tutti i campi della vita umana: dall'amore e dalla sessualità all'allontanamento degli spettri malvagi. La direzione adottata dalla Chiesa è, dunque, quella di divinizzare il tempo, inglobando nel calendario cristiano feste e riti tradizionali che andavano mutati nella loro natura.
Con il prosperare dei villaggi attorno all'anno Mille, un nuovo capitolo si concentra sui cambiamenti che ruotano attorno alla nascita della parrocchia: ora il curato deve occuparsi di parlare a tutti i suoi parrocchiani, adattando il linguaggio ai suoi interlocutori. Si affermano varie superstizioni sacrileghe, connesse anche alle pratiche religiose, dall'ostia alla vendita dell'olio santo, fino alla cosiddetta "umiliazione dei santi" che vale la pena leggere attentamente nelle parole di Schmitt. La centralità delle statue e delle sacre rappresentazioni si fa sempre più una vera e propria ossessione, mentre si mantiene costante l'angoscia della morte, impersonata da un temibile esercito di morti...
Forse anche così si spiega il fiorire dei sabba delle streghe (oggetto del quinto capitolo), che Schmitt traccia brevemente, ma con importanti note sul tempo sempre più dominato dalla Chiesa nel Rinascimento.
Tra iconografia con ricche ed efficaci didascalie e aneddoti analizzati e contestualizzati, Medioevo "superstizioso" conferma l'estrema curiosità con cui si può raccontare la storia e aiutare i più scettici ad accostarvici.
GMGhioni