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Se
il primo giorno del festival ha ingolosito tutti quanti con le promesse di un weekend pieno di spettacolo, riflessioni, letture, ecco che il sabato ha avuto un grandissimo protagonista: l'
Orlando furioso di Ludovico Ariosto, nel centenario dalla prima redazione. Non solo ci si è stupiti di quanto l'
Orlando sappia ancora far ridere, ma anche di quanto - perlomeno qui in Toscana - la parafrasi sia superflua per la comprensione dell'opera. Fruzione diretta, suggerimenti critici e risate sono stati una costante anche quando s'è parlato di film e di radio, confermando che la formula così poliedrica del festival è vincente.
A (RI)SCOPRIRE DA VICINO LAUREL & HARDY, AL DI LÀ DELLA FACILE RISATA
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Gabriele Gimmelli, giovane e vivacissimo studioso di cinema e letteratura, ha avvicinato il pubblico con un paio di celeberrimi filmati di Laurel & Hardy, altrimenti noti come Stanlio e Ollio. Ma è proprio la fenomenologia di questa "strana coppia" ad attirare l'attenzione: sono opposti che si completano, hanno un'identità fluida, che tende a vacillare. I filmati scelti da Gimmelli lo provano: Laurel & Hardy sono figli del loro tempo (la Grande Depressione) e operano quasi impercettibilmente ma definitivamente cambiamenti significativi all'idea di commedia comica. Il loro rapporto, basato spesso su un tira e molla che li fa misurare in un continuo scambio dialettico, è in realtà pieno di ambiguità e ironia, con gag più o meno surrealiste. Laurel, inglese del nord, con esperienza di clownerie, e Hardy, americano del sud dalla grande galanteria, mettono in scena e radicalizzano stereotipi sulle loro origini, propongono ambigue situazioni che giocano sulla misoginia americana e scappano da donne-virago che li rincorrono armate.
Tra i grandi cambiamenti portati, la dilatazione del tempo narrativo, che dalla slapstick comedy vira verso qualcosa di molto più lento, gag che preparano e ritardano altre gag, aumentando così con l'attesa il piacere della risata.
Se lo spazio (semplicissimo, con scenografie essenziali) è pur sempre pericolosissimo, anche i finali a volte sorprendono. Gimmelli, in chiusura, ne propone alcuni, che sono delle vere e proprie freak ending, con ricadute nel raccapricciante e nell'horror.
La grande professionalità di Gimmelli e la documentazione (filmica e bibliografica) fornita non fanno che confermare quanti segreti riveli il mondo del comico, e quanto dietro a una risata si celino studio, fatica, creatività.
LA RADIO? IL LUOGO DELL'IMMAGINAZIONE
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Più tardi,
Fabio Canino e LaLaura hanno raccontato la libertà della radio, e in particolare di "Miracolo italiano", la loro trasmissione su Radio 2 (
qui il podcast): un programma non facile da far accettare, perché parlare di eccellenza italiana porta a trattare temi considerati dai più "intellettuali" e per questo poco appetibili per il largo pubblico. Invece, l'esperimento è riuscito pienamente, come confermano i dati d'ascolto e soprattutto l'affetto e la costante presenza degli ascoltatori. Il segreto? Divertirsi, perché come dice Fabio Canino, «se non ti diverti, è molto difficile far divertire gli altri».
E in effetti anche sul palco del Senso del Ridicolo, il duo si completa continuamente, battibecca e ride, e ci convince raccontandoci una serie di stravaganti (ma reali, ahimé!) ricerche scientifiche condotte all'estero.
La frase più bella arriva da Canino:
Leggere è l'unico modo per essere liberi e per saperne di più di chi ti vuol fregare.
ORLANDO? TUTT'ALTRO CHE FURIOSO...
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Nel pomeriggio, sfidiamo tutti l'afa sorprendente per fine settembre e ascoltiamo
Fabrizio Bondi, ricercatore presso la Normale di Pisa, che ci propone l'ironia del
Furioso e alcune ragioni sui motivi per cui ne ridiamo ancora oggi. Il bello? La gente ascolta, partecipa, osserva le immagini proiettate e concorda sul fatto che ogni classico, per far ridere, deve colpirci e risvegliare in noi qualcosa di personale. Sarà anche il passo dell'ottava, il ritmo e l'armonia che sorprendono ogni volta, o sarà il montaggio da cinema dell'Ariosto, tanto diverso dal passo d'opera di Tasso; in ogni caso, si ride, e si ride in nome di quell'ironia che, nella discrasia tra mondo reale e mondo ideale, «salva il mondo come dovrebbe essere». I commenti dell'Ariosto, i suoi incisi giocosi, ma anche alcuni topoi ricorrenti e sbeffeggiati, fino al politicamente scorretto e a una certa presenza di morali contraddittorie, fanno sì che ancora oggi riusciamo a ridere
del e
con il
Furioso.
Ma Bondi ci avverte: ci sono livelli di humour che non cogliamo più, perché anche l'ironia è soggetta al corso del tempo, subisce dilatazioni e contrazioni, o si trasforma e risulta meno diretta per noi lettori del Duemila. Anche per questo alcune suggestioni di Bondi aiutano il pubblico a godere ancora di più della lezione ariostesca: ad esempio, facciamo un tuffo nelle fonti ibridate, da Ovidio a Dante, fino alle scritture religiose. Tutto, dall'immaginario a omaggi e distorsioni, ci fa sorridere, come anche il ricorso al politicamente scorretto, che fa di Ariosto un autore intramontato.
Al di là del mero divertimento, Bondi conclude sulla funzione di una lettura come il Furioso, oggi: tra un fiero attaccamento alla concretezza del quotidiano e voli pindarici nel mito e nella fantasia, ci aiuta a riconoscere quanto sia labile il confine tra vero, falso e finto, opponendo ancora una volta la realtà sensibile alla finzione.
ARIOSTO ATTRAVERSO GLI OCCHI DI CAMPANILE
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Dopo l'attenzione alla critica e agli studi odierni, prima di sera
Marco Ardemagni ci propone una lettura singolare: un saggio di Achille Campanile dedicato al
Furioso. Oltre ottant'anni dopo, il saggio fa ancora ridere, perché vi si trovano i trastulli fantasiosi di Campanile, le sue esagerazioni e le elucubrazioni da grande ironista.
Il testo diventa allora un pretesto, si deforma pur prendendo spunto dalla «tavolozza smagliante» di Ariosto, considerato da Campanile il più grande umorista. E anche secondo Campanile
il ridicolo dell'immaginario ariostesco deriva dal vero e dal vivo.
Una lettura piacevolissima, che media pienamente tra la lezione-incontro di Bondi e la lettura-autobiografia della serata.
QUANDO IL FURIOSO SI MESCOLA ALL'AUTOBIOGRAFIA: "Ariosto in Piccolo"
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Alla sera,
Ottavia Piccolo racconta la sua esperienza di incontro-spettacolo con il
Furioso di Ronconi, in una sceneggiatura di Edoardo Sanguineti. L'esperienza, che ha segnato profondamente i vent'anni dell'attrice, è rimasta indelebile: un incredibile grado di sperimentazione, quasi incomprensibile e anche solo impensabile per l'epoca, ha fatto sì che l'opera ricevesse una prima stroncatura della critica. Al contrario, il pubblico ha segnato il successo di questo esperimento monumentale, con enormi cavalli di legno e scene che avvengono in contemporanea, permettendo allo spettatore di scegliere quale filone seguire.
Allora l'autobiografia di Ottavia Piccolo si mescola a questo progetto: lei, che non aveva mai letto prima l'Ariosto, si innamora della storia, vive e interpreta il personaggio conturbante e opportunista di Angelica, che le porterà tanto successo.
Le letture, poi, sono un vero e proprio piacere per noi spettatori: con incredibile passione e costante umiltà, Ottavia Piccolo è un'attrice entusiasta, mai paga delle letture già fatte, pronta a concederci qualche ottava di più per raccontarci quanto Ariosto le sia rimasto dentro.
GMGhioni
... e ora spazio alla terza e ultima giornata!
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