di Helen Fielding
Traduzione di Licia Vighi e Anna Carbone
Rizzoli, 2016
pp 240, € 18,00
Bridget Jones è tornata! Ora è magra, lavora come produttore di punta a Buon Pomeriggio! ed è...sì, ok è ancora single. Mark Darcy, quello che sembrava essere l'amore della sua vita, ha sposato la magrissima e supponente Natasha. E allora? Bridget è una splendida donna in carriera, con tantissimi amici ed è felice. Certo, come tutti le ricordano costantemente, il suo orologio biologico, più che ticchettare, sta per esplodere. Pazienza! Senza figli può ancora concedersi delle notti di sesso bollente ed occasionale, magari anche con qualche suo ex. Forse avrebbe fatto meglio a tenere conto della data di scadenza dei preservativi biodegradabili amici dei delfini. Perché i chili di troppo che sta accumulando non sono sicuramente dovuti ad uno smodato consumo di fette di emmental e tavolette di cioccolato.
Essere vicina ai quaranta e senza figli è la situazione più brutta in cui una donna si possa trovare. È uno scoglio biologico che, ne sono certa, nei prossimi anni verrà superato. Ma per ora è una vera tortura.
Negli ultimi vent'anni, abbiamo sentito dire molto spesso la frase "Bridget Jones è tornata!". Dal 1995, anno della pubblicazione del primo volume, abbiamo assistito a due sequel (Che pasticcio Bridget Jones nel 1999, Un amore di ragazzo nel 2013) e a due riduzioni cinematografiche che hanno fortemente influito nella nostra visione dei personaggi. Bridget Jones's Baby. I diari si pone, cronologicamente, a cavallo tra i due sequel ed è volto a riempire i dubbi e le domande rimaste dopo aver visto Bridget alle prese con i suoi due figli. La soluzione narrativa scelta è quella della lettera a figlio non ancora nato: Bridget, in quanto mamma onesta (forse un po' troppo!), vuole far sapere al figlio tutto il pasticcio che ha circondato la sua nascita. Un espediente che in genere diventa melenso viene qui trasformato in ironico dalla vivace penna che ha dato origine al genere chick lit.
Il fatto è che, proprio allo stesso modo in cui c'è una bella differenza tra come la gente crede di dover essere e com'è veramente, c'è anche una bella differenza tra come la gente si aspetta che vada la propria vita e come poi la vita va veramente.
L'ultimo capitolo di Bridget Jones ci mette di fronte ad un'eroina molto fedele a se stessa, ma maturata. La troviamo impegnata con il solito tira e molla Mark Darcy- Daniel Cleaver, tanto da spingerla a chiedersi se non finiranno in ospizio tutti e tre insieme. Due ravvicinati momenti di passione con entrambi la metteranno nella situazione di non sapere con esattezza di chi sia il bambino che ha in grembo. Eppure, nei confusionari mesi di gravidanza sarà l'unica a mantenere veramente la testa sulle spalle e a sedare le inutili gelosie dei due uomini tanto da spingerla ad urlare che di bambino ne ha già uno nella pancia e non vuole averne altri due da dividere quando litigano.
Estremamente realistica nel rappresentare non solo i momenti della gravidanza (impagabile quando è così concentrata sulla propria pancia da dimenticarsi il pin della carta di credito), ma anche come un bambino possa influire sulle dinamiche sociali. Dal suo capo che, anche se sa di essere eticamente in torto, la spinge a licenziarsi all'ottavo mese di gravidanza, alla madre che vede in un bambino illegittimo una minaccia alla sua possibilità di sedersi vicino alla Regina in un pranzo di gala, il bambino di Bridget diventa un simbolo, così come la mamma lo è stata per un'intera generazione.
I due probabili papà sono riusciti solo in parte. Daniel Cleaver è sempre il solito irresponsabile farfallone: da lui non ci saremmo aspettati nulla di diverso e, anzi, apprezziamo gli sforzi che fa per cercare di essere vicino alla sua Jones. Chi delude è Mark Darcy: nella testa di tutte noi l'avvocato, con il volto di Colin Firth, avrebbe dovuto essere il primo a prendersi le proprie responsabilità. Invece scompare e riappare, molla Bridget per lettera ed entra in crisi esistenziale, influenzato più dalle chiacchiere degli amici che non dalla propria autonomia di pensiero.
Se Bridget è cresciuta, pur mantenendo le proprie note caratteriali, gli amici che le ruotano intorno sono rimasti cristallizzati agli anni '90. Egoisti ed egocentrici, per la protagonista sono più un fardello che un aiuto. I Single Urbani fanno fatica a rapportarsi con lei e i Felicemente Sposati sparano solo consigli che la fanno sentire inadeguata.
Devi prenderti cura di te e del tuo bambino. Puoi forse farlo se sei occupata a sentire Daniel che farnetica del suo libro, a risolvere la lite tra Tom e Shazzer, a sistemare i guai di Magda con la tata e il marito, a venire a quell'incubo di riunione della mamma per la visita della Regina?
L'unico vero punto fermo e di buon senso è il padre, Colin: nei libri precedenti un uomo bistrattato dall'eccentrica moglie, qui si trasforma in un mentore saggio e tranquillo.
Non entro nel merito del film in cui, possiamo dirlo, la paternità non è contesa tra Darcy e Cleaver (Hugh Grant è il grande assente della pellicola), ma tra Darcy ed un americano incolore, Jack (Patrick Dempsey). Di certo però Bridget Jones's Baby strizza l'occhio ai precedenti film. Un esempio su tutti;
- Le donne incinte non scopano in questo modo - ha osservato Mark,
rimanda fedelmente a "I bravi ragazzi non baciano così / Fanno anche di peggio, cazzo", battuta conclusiva del primo film che tra le pagine non trova posto. Bridget Jones, eroina e capofila di un genere letterario, ha scavallato la ventina. Pur con qualche grossa sbavatura e un po' di commerciali ammiccamenti cinematografici, riesce sempre a farci sorridere e la penna di Helen Fielding è sempre apprezzabile. Solo Bridget poteva far pasticci nel concepire il proprio bambino. Chi è il padre? Ah, ovviamente quello che tutte noi vorremmo.
Giulia Pretta