di Cristina Comencini
Feltrinelli, 2005
pp. 214
€ 13,50
De La bestia nel cuore bisogna dire subito cosa non è: non è perfetto, non è facile, non è rassicurante, non dà risposte; la trama non è equilibrata, i personaggi non sono necessariamente atti a suscitare simpatia: Sabina, fragile e bellissima, amata da tutti, quasi insopportabile nella sua apparente perfezione; Emilia, l'amica non vedente, devota e prigioniera di una giovinezza ancora piena luci e colori; Franco, compagno frustrato e pessimista, amante passionale, spirito egoista; Maria, resa cinica dall'esperienza, battuta pronta e una smodata passione per i neonati. Figure piene di difetti eppure immediatamente, indubitabilmente umane; legate le une alle altre da contingenze e nevrosi, riluttanti a cambiare ma pronte ad accettare il cambiamento una volta riconosciutolo su di sé.
Lo stile di Cristina Comencini, sferzante, diretto e privo di eufemismi, va dritto al cuore dei temi e dei sentimenti; solo il motivo centrale, quello più doloroso e più arduo da affrontare, viene preso di traverso, raggiunto attraverso una serie di cerchi concentrici: non è un caso, e sbaglia chi accusa il romanzo di leggerezza e superficialità. La bestia nel cuore vuole raccontare l'indicibilità della violenza, del dolore, della bestia che ci portiamo dentro e che talvolta ci governa e ci impedisce di dominare le nostre pulsioni, di avere relazioni sane e adulte con un altro essere umano. E per dire un'indicibilità non c'è che una via: non dirla. Piuttosto, arrivarci pian piano, seminando indizi, costruendo le fondamenta del discorso, dando spessore e credibilità ai protagonisti, facendo parlare i sogni - che possono dire più della realtà, perché confondono il loro messaggio e invitano a una decifrazione che non è mai univoca. Sono i sogni a innescare la ricerca di Sabina: di fronte alla possibilità di crearsi finalmente una nuova famiglia, la donna accetta di confrontarsi con i brandelli di quella d'origine, di scavare a mani nude in un passato che sa di segreti non rivelati e torbide verità, di guardarsi allo specchio e di attraversare l'oceano per trovare un senso a ciò che non sa spiegare su se stessa. Il tema del viaggio non è che uno degli spunti classici ed epici che attraversano il romanzo, diventandone vero e proprio filo conduttore. I riferimenti sono, ancora una volta non casualmente, a saghe familiari tormentate: Odisseo, nel suo eterno tornare; Oreste ed Elettra, su cui ricadono le colpe dei genitori e che si ritrovano le mani sporche loro malgrado, uguali eppure intimamente differenti. L'immagine dei figli che, come sugheri, sono destinati a tenere a galla il ricordo dei defunti appare consolazione e condanna al tempo stesso: solo lo svolgersi della trama permetterà di sciogliere questa ambiguità, e sarà uno scioglimento atroce e straziante, che non lascia intatto nessuno.
La bestia nel cuore è pericolosa: se non la domini - se non la domi-, ti consuma da dentro, non ti lascia via di scampo. Bisogna allora guardarla in faccia e urlarle contro la propria rabbia, la propria feroce voglia di vivere. Bisogna respingerla nell'ombra e ritornare una volta per tutti padroni della propria sorte. Sono personaggi forti, quelli che crea Cristina Comencini: hanno, tutti, le risorse per farcela, anche se all'inizio del romanzo ancora non lo sanno. Sarà proprio la lotta con la bestia (ad ognuno la propria) ad attivare il meccanismo, in pari misura salvifico e distruttivo, che li porterà a diventare persone che agiscono nel presente, che conducono un'esistenza reale, invece di restare inchiodati a ciò che non è più, nascosti disperatamente dietro a uno schermo (sia esso quello televisivo/cinematografico, quello degli occhi irrevocabilmente appannati, o quello delle proprie paure).
Carolina Pernigo