Nevermind
New York, 13 ottobre. Distretto del Bronx, 07.15 am. Una trentina di telefonate alla centrale, cinque dai coniugi Profane, hanno lamentato forti schiamazzi provenienti dal terrazzo di uno stabile tra la 187th e Southern Blvd. Rispondendo a un 10–52, gli agenti Wesley e Missus, di pattuglia in zona, sono giunti sul posto e, dopo aver dato conferma alla centrale, si sono avviati verso il tetto. Non immaginavano certo quel che si sarebbe presentato ai loro occhi. Tra cocci di bottiglie di vodka e root beer, tre uomini, dall’età apparente di anni settanta, con indosso nient’altro che biancheria intima e in evidente stato di alterazione, cantavano a squarciagola “We’re on the eve of destruction” imprecando contro il popolo svedese e un certo Mr. Zimmermann, apostrofandoli con epiteti e ingiurie di ogni tipo. Invitati alla calma, i tre uomini hanno cominciato a colpire gli agenti con oggetti parallelepipedi dotati di pagine. Uno in particolare, molto ingombrante, ha colpito l’agente Wesley sul naso al grido di “arriva il missile!”. I tre anziani si sono immediatamente dati alla fuga, riuscendo a raggiungere uno degli appartamenti del palazzo, più tardi scoperto essere di proprietà di uno dei tre; solo dopo diverse ore di contrattazione, una volta esaurito tutto il repertorio rock anni Sessanta della West Coast, hanno accettato la resa. Una volta al commissariato, declinate le generalità tra lo sconcerto dei presenti, dopo una telefonata con il sindaco de Blasio, Shylock l’ufficiale in comando ha deciso di far accompagnare i signori DeLillo Richard Donald, Pynchon Ruggles Thomas e Roth Milton Philip alle loro abitazioni. Il rapporto è stato archiviato e siglato NN PTSD: Sindrome da Stress Post-Traumatico per Nobel Mancato. (Augusto Petruzzi)
Someone's got it in for me,
they're planting stories in the press
they're planting stories in the press
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All I'd ever done was sing songs that were dead straight
and expressed powerful new realities
È necessaria una premessa, anzi due. La prima è che non conosco ogni singolo brano, album, accordo interpretato, scritto o suonato da Bob Dylan. Amo i suoi classici, amo la sua persona, è con me da quando sono nata – e siamo nati lo stesso giorno, quindi è un po’ un segno. La seconda premessa è che esistono tanti Bob Dylan. Per esempio, quello che ho ascoltato dal vivo l’inverno di quattro o cinque anni fa non mi è piaciuto: invecchiatissimo, un po’ presuntuoso, la voce rovinata. Insomma, una grande delusione, ma l’ho superata. Poi c’è il Bob Dylan col viso pulito, capelli arruffati, che prende la chitarra e suona Mr. Tambourine Man al Newport Folk Festival del 1964 (video reperibile su Youtube, ad oggi più di 11 milioni di visualizzazioni), emblema del Fernweh, la nostalgia di posti in cui non si è mai stati e, aggiungerei, di periodi mai vissuti. E poi c’è il Bob Dylan da leggere. Prendere una raccolta delle sue canzoni e leggerle, come se fossero poesie (senza il “come se”, magari). Al di là della musica che può piacere, non piacere, peggiorare, al di là della voce ormai piuttosto compromessa, al di là del personaggio non certamente affabile, restano i testi delle sue canzoni. Ballate che riprendono la tradizione medievale inglese (A Hard Rain’s-a Gonna Fall, rivisitazione anni ’60 e pacifista di Lord Randal), inni alla libertà diventati manifesto di un’epoca (non credo vi sia bisogno di citazioni), canzoni di denuncia e di speranza. Quindi sì, un Nobel per la Letteratura. Non solo perché Bob Dylan è su tutte le antologie di Letteratura Italiana e Inglese, non solo perché è tra gli scaffali delle librerie – e non sempre solamente nel reparto “musica” – ma perché è ed è stato un cant-autore di qualcosa di più che di semplici canzoni. (Elena Sizana)
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