di Gloria Origgi
EGEA. Università Bocconi Editore, 2016
(edizione originale: La réputation, Presses Universitaires de France, 2015)
pp. 209
Euro 18,00
La reputazione, il saggio socio-filosofico di Gloria Origgi appena dato alle stampe da EGEA nella sua traduzione italiana dal francese (a cura della stessa autrice), è un testo “ambiguo”. Non tragga però in inganno l’utilizzo di questo aggettivo, apparentemente negativo eppure quanto mai appropriato per suggerire la sensazione di destabilizzante inquietudine conseguente la lettura del volume. Da una parte, difatti, esso ha l’andamento logico e rigoroso che convenzionalmente caratterizza le pubblicazioni accademiche (la studiosa, parigina d'azione, si occupa di filosofia presso l'Institut Nicod dell'Ecole Normale Supérieur e insegna presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales); dall’altra, al contrario, ha la capacità di suscitare una molteplicità di reazioni epidermiche e irrazionali, in tutto simili a quelle che di solito si accompagnano alla narrativa di finzione. Se questo accade è probabilmente per effetto dell’argomento da cui il lavoro prende il titolo – la reputazione, appunto – un tema antico eppure talmente pervasivo e pruriginoso da potersi considerare una delle più significative cartine di tornasole della vita associata in generale e di quella contemporanea in particolare.
Non c’è dubbio, difatti, che proprio la nostra epoca – in cui la visibilità di chiunque risulta aumentata esponenzialmente anche e soprattutto per effetto delle nuove tecnologie – si trovi a vivere con maggiore intensità il rapporto tra il “come ci si vede” e il “come si viene visti”; mentre è nell’identità tra le due percezioni che, come sottolinea l’autrice, può dirsi compiuto lo sforzo esistenziale e relazionale di ogni individuo. Talmente centrale è il ruolo della reputazione nella regolazione dei rapporti umani che, come viene spiegato nel corso del volume, esistono apposite strategie (più o meno controllabili) attraverso le quali essa di manifesta e si afferma, vi sono modi e modi per “far parlare di sé” e altri per discernere la maggiore o minore affidabilità di una gerarchia o di uno status. La reputazione, ad ogni modo, si conferma di per sé quale conseguenza inevitabile della pulsione al confronto con il prossimo da parte dell’essere umano (homo comparativus, lo definisce Origgi), e meccanismi reputazionali sono alla base dell’acquisizione delle nostre conoscenze/competenze, delle scelte che quotidianamente compiamo a livello interpersonale, e per tutto ciò che concerne le questioni di gusto (con quello che ne deriva in termini di valori estetici e culturali) e di acquisto (da cui l’incidenza della reputazione in ambito economico e commerciale).
Scientificamente rigoroso, corredato da una ricca bibliografia, denso di riferimenti anche all’ambito cinematografico e letterario (con Il grande Gatsby a farla da padrone) e di esempi tratti dalla semplice cronaca e dai casi di studio (emblematici e non privi di spunti critici quelli sui settori enologico e accademico), il lavoro di Origgi riesce a farsi perdonare anche l’eccessiva concettosità di alcuni passaggi, che per un pubblico non specialista ma comunque interessato all’argomento potrebbero risultare poco transitivi (se non addirittura faticosi). Tuttavia, se la lettura prosegue è perché “la questione reputazionale” riveste una tale importanza che nessuno, nemmeno la persona più dichiaratamente disinteressata alla cosa, può dirsi fuori dal sistema di relazioni che ne sono all’origine e che ne innervano la rete: perché non solo, come diceva Gordon Gekko nel film Wall Street. Il denaro non dorme mai (2008), «It’s about the game. The game between people» – ovvero il gioco di credibilità da sempre praticato dagli esseri umani – ma, come efficacemente viene ribadito in chiusura, senza la coscienza dell’interdipendenza tra sé e l’immagine di sé negli occhi degli altri, tra la propria reputazione e la propria azione, non è possibile capire né chi si è né il perché del proprio agire.
Cecilia Mariani
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