di Andrea Bajani
Einaudi, 2016
pp. 138
€ 16,50 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Il bambino non ricordava più niente, ma come sapeva che da alcuni dolori doveva tenersi alla larga, allo stesso modo sapeva che c'erano dolori dei quali poteva essere amico. (p. 19)
Parte come una fiaba, Un bene al mondo, l'agile librino uscito per Einaudi da poco tempo: un ritorno singolare per Andrea Bajani, che sceglie un paese indeterminato con un bambino protagonista indeterminato dallo zaino rosso, che porta a spasso il suo dolore, compreso e coccolato solo da una bambina altrettanto indeterminata. Eppure, dopo poche pagine queste figurine potenzialmente sfocate si stagliano sul nostro orizzonte della fantasia e si trasformano in "il bambino" e "la bambina". Li seguiamo attraverso la loro faticosa scoperta del mondo, in case che sembrano del tutto moderne eppure vuote, fatte di oggetti senza colore, forma. O sarà che non ci interessa immaginarli, perché contano di più le emozioni e le riflessioni che il piccolo protagonista costruisce, la scoperta di quanto sia ad esempio difficile portare con sé il suo dolore, che gli ha affidato la madre alla nascita; o quanto sia deleterio e pericoloso l'aggressivo dolore del padre, che ringhia e allontana tutti. È un mondo dalla comunicazione complessa e quasi inesistente con gli adulti: se non fossero troppo bloccati nella loro vita affannata e frustrante, questi riuscirebbero a intercettare questi pensieri del figlio:
La felicità, si diceva camminando sui suoi tappeti rossi e guardando fuori dalle finestre, era chiudere a chiave le cose belle che erano successe. Diventare con le cose che aveva vissuto, e poi non vivere più. (p. 28)
Invece gli adulti passano, affidano i propri dolori e le preoccupazioni, si celano dietro un muro che anche il lettore avverte con tutta la sua invalicabile pesantezza. Al bambino non resta che confrontarsi con il proprio dolore e la bambina, che
tuttavia va cercata, accudita, tenuta vicino come può farlo un primo
amore, innocente evasione. E si fa strada l'assillo martellante di andarsene e lasciare il paese, la famiglia, i compagni di scuola alle proprie spalle, consci che tanto il proprio dolore salirà sullo stesso treno...
Ma la sorpresa più grande, quella che fa ancor più spalancare gli occhi del lettore è il finale, che non possiamo rivelare, ma è senza dubbio una delle conclusioni metaletterarie e meta-egoiche più brillanti degli ultimi anni.
Un bene al mondo, muovendosi tra tenerezza e angoscia, disperazione e speranza, aspettative e incertezze, ci rende più umani: e non capita spesso di leggere una fiaba per adulti così, che non catechizza ma racconta. E diventa impossibile, lasciando le pagine, scuotere le suole delle scarpette del bambino e far sì che la polvere stia fuori dalle nostre case: sulla mensola, il libro continuerà a palpitare e noi continueremo a consigliarlo, a regalarlo, a rileggerlo.
GMGhioni
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