La ricetta segreta per un sogno
di Valentina Cebeni
Garzanti, 2016
pp. 352
€ 16.90
Le pabassinas sono dei dolci a base di uvetta, si preparano in molte zone della Sardegna nel giorno dei morti e ogni volta si desidera fare un dono a qualcuno: «oggi mi avete regalato la vostra presenza e io ho portato qualcosa per ringraziarvi». La semplicità di Valentina Cebeni incanta, come affascina la trama fitta del suo ultimo romanzo La ricetta segreta per un sogno che, con la scrittura viva e sensoriale, riesce a evocare il profumo di cose buone e di una terra meravigliosa e ostile in mezzo al mare. Lo ha presentato lo scorso 24 settembre al sesto incontro di Le pagine di Clio, la rassegna letteraria di Cernusco Sul Naviglio alla libreria Bottega del libro, a cura dell’associazione CLIO e diretta dalla scrittrice Loredana Limone.
di Valentina Cebeni
Garzanti, 2016
pp. 352
€ 16.90
Le pabassinas sono dei dolci a base di uvetta, si preparano in molte zone della Sardegna nel giorno dei morti e ogni volta si desidera fare un dono a qualcuno: «oggi mi avete regalato la vostra presenza e io ho portato qualcosa per ringraziarvi». La semplicità di Valentina Cebeni incanta, come affascina la trama fitta del suo ultimo romanzo La ricetta segreta per un sogno che, con la scrittura viva e sensoriale, riesce a evocare il profumo di cose buone e di una terra meravigliosa e ostile in mezzo al mare. Lo ha presentato lo scorso 24 settembre al sesto incontro di Le pagine di Clio, la rassegna letteraria di Cernusco Sul Naviglio alla libreria Bottega del libro, a cura dell’associazione CLIO e diretta dalla scrittrice Loredana Limone.
Elettra non ha mai conosciuto il passato della madre Edda che l’ha cresciuta senza un padre e con un lavoro già stabilito, quello nella panetteria di cui è proprietaria. Anche Elettra ama preparare dolci, adora impastare e la sensazione dello zucchero sulle dite, ma nella vita voleva diventare una giornalista:
«il cibo è il linguaggio di Edda, una madre avara di parole, che sa esprimersi solo preparando qualcosa di gustoso. Questo è l’unico tratto veramente autobiografico di tutto il romanzo perché in Edda rivedo mia madre e direi che, con il tempo, anche io inizio ad assomigliarle!».
Quando Edda entra in coma per un ictus una serie di coincidenze e incontri inaspettati convincono Elettra a partire per un viaggio alla scoperta dei segreti della madre. Arriva sull’isola del Titano, un luogo di fantasia tra Sardegna e Corsica, accolta con diffidenza dalla popolazione per lo più femminile e si sistema in un ex convento nelle mani di Lea, nel quale vivono altre donne che contribuiscono a mandare avanti l’antico monastero in cui era venerata santa Elisabetta d'Ungheria, patrona dei panettieri a cui Edda è da sempre devota.
«Come dico sempre, sono le storie che ci vengono a cercare, e noi in qualità di autori abbiamo il solo privilegio di poter dar loro voce. Nel caso de La ricetta segreta per un sogno tutto è iniziato leggendo una recensione di un libro che raccontava il pane da un punto di vista strettamente tecnico, una scintilla che ha dato vita alla voglia di raccontare una storia in cui questo alimento, così semplice eppure dotato di una fortissima carica simbolica, fosse il protagonista. Per questo ho voluto che la ricetta principe del romanzo fosse il pane all’anice: Elettra è arrivata così a me, attraverso questo alimento, che ho voluto omaggiare».
Al centro del romanzo c’è il viaggio di Elettra, una donna caparbia e motivata a scoprire la verità sulla madre. Sull’isola si dà da fare, risponde con gentilezza alle occhiate sospettose della gente e sfida la paura, quella di un luogo che le parla tramite segnali, voci e ricette appuntate su vecchi fogli. Sull’isola del Titano tutto sembra richiamare una vita trascorsa che preme per non essere cancellata. È ciò che accade anche alle altre donne ospiti del convento di Lea, un rifugio che si fa custode di molto dolore:
«il passato ci condiziona, è una verità inconfutabile, e naturalmente condiziona anche le donne del convento, chiamate dalla vita a una prova durissima: perdono gli affetti e la vita che hanno conosciuto e vissuto sino a quel momento in una tempesta, e pagano con un ostracismo spietato il loro lutto. Questo, ovviamente, spingerà ognuna di loro a reagire a questa ingiustizia in modo diverso, secondo la propria coscienza: chi come Dominique chiudendosi ancora di più al mondo, e chi come Nicole, invece, sforzandosi di vedere il buono anche dove, forse, questo non c’è. Ma nessuna di loro, a differenza di quanto invece cerca di fare il resto della comunità, dimentica; ognuna porta il proprio lutto nel cuore, ma a differenza delle altre vedove, che accettano passivamente le imposizioni della società in cui vivono, loro si ribellano, rivendicando il diritto di scegliere il proprio destino».
La reticenza delle donne dell’isola si ritrova nelle abitudini di molti luoghi della Sardegna di un tempo, quando le donne vivevano davvero tra le mura domestiche, escluse dai contatti con l’esterno. Valentina ci racconta delle cortes che delimitavano le donne in spazi da cui non era permesso uscire o dell’usanza solo femminile di indossare la fede nuziale in segno di appartenenza.
E poi pensiamo al valore del cibo, soprattutto del pane, che non significa solo tradizione, ma anche premura e attenzione per l'altro, un autentico gesto d'amore quando mancano le parole. Pane all'anice, pane perso nel miele di Zagara, pane di Ognissanti sono solo alcune delle ricette che Elettra prepara e di cui ha bisogno per riappropriarsi del rapporto con la madre:
«la famiglia sono le nostre radici, e senza queste nessun albero può resistere alle tempeste della vita. Per questo sono fortemente legata alla terra di mia madre, la Sardegna, e le sono grata di avermi permesso di costruire con questa terra magica un legame profondo, basato anche sull’importanza del racconto, sulle storie che ho potuto raccogliere in una vita intera. Ma è difficile spiegare un legame, è un po’ come spiegare l’amore: è irrazionale quanto determinato, forte, ma credo che molto derivi anche dal non aver potuto conoscere i miei nonni materni, seppure ho frequentato per tantissime estati la loro casa. Fra quelle mura ho respirato loro, la mia famiglia, le storie che vi gravitavano intorno, e per me che le amo follemente credo che questo sia stato un collante straordinario. A questo, poi, si unisce la passione per la cucina, che da sempre lega le donne della mia famiglia, a volte avare di parole, ma sempre pronte a donare il loro affetto attraverso un piatto speciale, o anche un semplice biscotto».
Dopo l'esordio con L'ultimo battito del cuore (Giunti 2013), Valentina Cebeni è riuscita a farsi conoscere anche fuori dall'Italia perché La ricetta segreta per un sogno è diventato un caso editoriale acclamato a livello internazionale per una giovane donna che si immagina scrittrice sin dall’adolescenza. Presto il romanzo verrà pubblicato dalla tedesca Penguin Verlag e dall'inglese Little Brown.
Le aspettative sono alte, ma Valentina Cebeni ha scritto un romanzo in cui si sente tutto il ritmo di una narrazione che incolla alle pagine, come solo accade per quei libri che non vedi l'ora di staccare dal lavoro e salire sul tram pronta per riprendere la lettura. E se ci si inventa l'autore fuori dal filtro della fiction, Valentina ha confermato la mia impressione, ovvero quella di chi svolge il proprio mestiere con dedizione e rigore, costruendo mattone su mattone la trama, calibrando le parole e non lasciando nulla al caso, se non il giudizio di chi legge perché, si sa, una volta che si consegna un libro al mondo diventa un po' meno proprio:
«a testa bassa si va avanti sperando di riuscire a regalare qualcosa di bello agli altri. Come in ufficio, scrivo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 18, in fase di editing, invece, non ho giorni liberi. A volte le parole non vogliono uscire, allora provo a girarci intorno perché scrivere è un po’ come tornire bisogna avere pazienza e ostinazione! Sicuramente il successo del romanzo mi spaventa, ma l’affetto del pubblico dà grande forza. Qualcuno mi ha detto di essersi rivisto nella parte finale del libro, nel rapporto tra una figlia e la madre malata. Mi è bastato per capire che scrivere questa storia sia valso davvero a qualcosa».
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