La malata immaginaria: "Volevo solo andare a letto presto", di Chiara Moscardelli

Volevo solo andare a letto presto
di Chiara Moscardelli Giunti editore


272 pp. 
€ 14,00





Non chiamatele antieroine. Non ci sta, Chiara Moscardelli, a vedere le sue protagoniste inquadrate come personaggi deboli, del destinate a soccombere: al contrario, il suo nuovo romanzo mette in campo un'eroina vera e propria, in qualche modo una leader. Agata Trambusti (nomen omen...), pur con tutti i suoi difetti, è una vincente. 

A renderla tale non è certo lo svolgimento del romanzo (anzi, in occasione della presentazione del libro, Chiara ha precisato che il finale le è stato imposto). Lo è perché sfida la vita: le sue paure, le sue debolezze, tutti gli impicci e gli imbarazzi quotidiani, tutte le sue manie. 

Roma: Agata Trambusti, figlia dell'hippie Rosa, è cresciuta in un palazzo-comune a Calcata, tra talismani e canzoni intorno al fuoco. Per contrapporsi all'eccesso di sregolatezza della sua infanzia, informa la sua vita adulta alla più rigida disciplina: niente uomini, niente svaghi, pochi amici e tante, tante medicine per curare i suoi mali immaginari. Impiegata presso una casa d'aste della Capitale, viene a contatto con un enigma che cambierà il corso della sua militaresca vita. Tutto inizia in una villa alla periferia di Roma, dove Agata perde Papadopoulos, collezionista d'arte greco, e finisce tra le braccia di Fabrizio, il sosia di Christian Bale... 

Chiara Moscardelli, alias la ragazza podalica de La gatta morta, narra un altro pezzetto di sé, con un ritratto in negativo: come ha raccontato alla presentazione, la sua vita è stata segnata dall'educazione asburgica impartitale da sua madre, che le ha creato una profonda voglia di libertà da adulta. Per inventare Agata non ha fatto altro che ribaltare la sua storia, aggiungendoci qualche mania tratta dalle sue migliori amiche. 

Il risultato? Una protagonista simpatica, frizzante, caricaturale, certo («E se sapeste com'era prima di editare il testo... era pieno di descrizioni delle sue manie, delle pillole, della casa-caserma in cui vive!», ha raccontato Chiara), ma simpatica. Per una che, come me, non ama i gialli, essere accompagnata alla soluzione del mistero da un personaggio così familiare è stato piacevole, divertente. 

Certo, l'intreccio rimane quello che ci si può aspettare da una commedia (anzi: da una commedia il cui protagonista maschile viene da subito presentato come bello&dannato). Ma, tra le letture di svago, rimane piacevole, oltre ad aggiungere un ulteriore tassello nella crescita dell'autrice. 

Nei libri di Chiara Moscardelli c'è un'evoluzione: abbandonato l'alter ego debole e sfortunato di Volevo solo essere una gatta morta, le protagoniste si rafforzano insieme alla loro creatrice. In questo senso Agata, realizzata sul piano professionale, rispecchia la nuova vita dell'autrice dopo il successo come scrittrice. 
Molto presente nel romanzo è anche la città di Roma, le sue mille sfaccettature, che la rendono "molto più colorata e variegata di Milano", dove Chiara si è trasferita da alcuni anni («Si capisce che mi manca?»). 

Per la descrizione di Torpignattara, ad esempio, Chiara si è ispirata ai ricordi della sua infanzia in una borgata sulla Cassia, in cui «c'erano i bulli, Er Teschio e tutti gli altri... ma li conoscevamo, nessuno aveva paura.»