Sin da quando ero piccola, probabilmente inconsapevoli che sarebbe diventata una parte importante della mia vita, i parenti continuavano a regalarmi libri per tutte le festività.
Un Natale mi capitò di avere tra le mani una copia usata, vintage per i più nostalgici, dal titolo Comma 22; non era stata una delle mie richieste e arrivava del tutto inaspettata. Si è rivelato uno dei romanzi più belli che abbia letto durante l'adolescenza e rimane tuttora uno dei ricordi più agrodolci degli anni del liceo.
Molti anni dopo riprendendo quella copia, quasi per sbaglio, ho sbirciato il nome del traduttore e ho capito che tenevo tra le mani la prima edizione italiana che aveva curato Ceserani.
Ho scoperto Remo Ceserani passando per vie traverse. Non ho avuto la fortuna di studiare sul suo manuale di letteratura (anche se non posso lamentarmi del Luperini), e non mi è mai capitato di studiarlo direttamente all'università.
Poi all'ultimo anno lavorando sulla tesi ho iniziato a leggere i suoi lavori sul postmoderno, quegli studi che probabilmente lo hanno definito come uno dei ricercatori italiani più capaci ad agire anche su terreni internazionali.
E con la tesi finita la passione continuava a crescere; ho letto Il fantastico, della sua formazione in America, dei lavori su praticamente qualsiasi figura letteraria italiana, il dibattito di legittimazione della critica tematica, il dibattito sullo stato della contemporaneità.
La passata estate l'impensabile: a causa di alcuni progetti post-laurea mi è capitato di mettermi in contatto con il professore, e lui, nell'inconfondibile gentilezza che lo caratterizzava, mi ha lasciato il suo numero con la promessa che ci saremmo risentiti al più presto.
Questa è la storia di uno dei momenti più divertenti che ho mai vissuto, seppure da qualche giorno si sia inevitabilmente rivestito di una patina nostalgica.
Lo chiamo di venerdì mattina e dopo avermi scambiato per la figlia Giovanna mi chiede gentilmente di risentirci il giorno seguente. Ospiti stavano per arrivare.
Di sabato sarei dovuta tornare dalle vacanze, in autobus per nove ore dalla Calabria a Perugia. Un blocchetto per gli appunti in mano e l'agitazione di parlare con un mostro vivente, di sembrare una sprovveduta e soprattutto di non sapere come relazionarmi bene senza apparire troppo reverenziale.
Risponde al secondo squillo, si ricorda della chiamata precedente e mi chiede subito come va questa fase di organizzazione del dottorato.
Ho parlato con Ceserani per un'ora e mezza di tutto quello che si potesse sperare di sentire: di Chicago che forse è una città pericolosa per una ragazza da sola, di Bauman, dei canadesi e della loro gentilezza, della sua infanzia. Una chiamata che in qualche modo ha trasceso l'argomento che dovevamo discutere e che è rimasta sospesa tra mille argomenti.
Perché anche se tanti hanno scritto in questi giorni di quanto abbia influito nella critica italiana, nell'insegnamento della letteratura alle superiori, nell'incontro con il mondo statunitense, mi sembrava giusto raccontare una storia che lo rendesse più che mai umano; sempre unito alla sua immagine di professore, immenso studioso, eppure anche capace di rapportarsi con chiunque chiedesse aiuto.
Mi disse che lui aveva fatto domanda a Yale per il PhD perché era convinto che lavorare con Auerbach sarebbe stato un paradiso, ma che purtroppo (ovviamente il "purtroppo" lo disse ridendo, consapevole che Wellek non poteva essere considerato un sostituto tanto inferiore) era morto poco prima della sua partenza. Stava ancora ridendo mentre aggiungeva che "capita che la gente se ne vada, ma ne rimane tanta che vale la pena di ascoltare".
E queste parole suonano ora strane, un po' troppo imbevute di retorica, ma al momento non lo erano. Con un sorriso l'ho lasciato e lo ricordo ancora.
Ci siamo parlati e scritti molte volte dopo quella giornata, ma la prima volta non si dimentica mai e quei minuti al telefono, altezza Napoli, sono le prime cose che mi sono tornate alla mente quando ho letto che era venuto a mancare.
Tengo Comma 22 vicino a me e insieme tutti i testi, gli articoli e le parole condivise.
Un grande saluto e al professore e alla persona che era.
Laura Rinaldi
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