Foto di ©DeboraLambruschini |
Una presentazione che è una festa, piena di amici e di affetto: siamo stati invitati a Milano, da Gogol & Company, per la prima presentazione ufficiale di Le otto montagne, il romanzo di Paolo Cognetti appena pubblicato da Einaudi. A presentarlo, nella libreria gremita di vecchi amici, lettori, famigliari e blogger, Cognetti in dialogo con l'amico Matteo Bianchi, tra riflessioni su scrittura e forme letterarie, influenze, temi e immagini di un romanzo che è già stato venduto in 29 Paesi e sta conquistando il pubblico con una storia intima e lirica, di padri e figli e, soprattutto, di amicizia maschile.
Avevamo già avuto il piacere di conoscere di persona Paolo e dialogare con lui qualche anno fa, in occasione del festival TreQuarti13 dove lo avevamo invitato per presentare Sofia si veste sempre di nero, il romanzo per racconti proprio quell'anno candidato al premio Strega: e colpisce oggi come allora la semplicità e l'intelligenza di un ragazzo che ama profondamente quello che fa, si dona ai lettori raccontando di questo ultimo, intenso lavoro, ma conservando sempre un po' di tenera timidezza, di riserbo, come se in fondo tutto quello che è importante fosse già lì, sulla pagina. A partire dal primo libro pubblicato, dodici anni fa, la bella raccolta di racconti Manuale per ragazze di successo, passando per le storie di New York - tra cui, l'ultima, la raccolta New York stories - , l'amore per la montagna, gli autori che lo hanno formato, i viaggi, la curiosità verso forme espressive differenti.
Una bella festa, quindi, una lunga presentazione in cui si è parlato con semplicità e coinvolgimento del libro, e che per noi blogger è proseguita in un piccolo locale sui Navigli, a chiacchierare a tu per tu con Paolo, di fronte a un bicchiere di vino. E ti rendi conto, ancora una volta, che la parte più bella e strana di questo lavoro è proprio questa: il privilegio di incontrare l'autore di libri che hai molto amato, in una serata piena di belle persone, emozioni, parole.
Una bella festa, quindi, una lunga presentazione in cui si è parlato con semplicità e coinvolgimento del libro, e che per noi blogger è proseguita in un piccolo locale sui Navigli, a chiacchierare a tu per tu con Paolo, di fronte a un bicchiere di vino. E ti rendi conto, ancora una volta, che la parte più bella e strana di questo lavoro è proprio questa: il privilegio di incontrare l'autore di libri che hai molto amato, in una serata piena di belle persone, emozioni, parole.
Un romanzo che è già un classico e che colma un vuoto nella narrativa italiana contemporanea: raccontare cioè una storia di amicizia maschile, con le sue peculiarità, i silenzi, gli assoluti. Paolo lo fa con quella scrittura che tanto amano i suoi lettori, caratterizzata dai dialoghi essenziali, la parola lirica e scarna insieme, l'esperienza come autore e lettore di short story decisamente evidente. Una forma che, sottolinea, è la dimensione a lui più congeniale e che nell'approdare a questo primo vero romanzo secondo noi non "tradisce" davvero: perchè, si diceva, Le otto montagne ha l'ampio respiro del romanzo, ma la scrittura, l'essenzialità della parola, l'importanza del non detto, sono quelle del racconto. Una storia in cui era importante concentrarsi solo "sull'essenzialità del rapporto tra i due amici protagonisti, Pietro e Bruno, lasciando fuori tutto il resto: una scelta da scrittore di racconti", dice Paolo, dove è fondamentale capire cosa non dire, cosa lasciare fuori.
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Quello che c'è, forte, è la montagna, non solo "il set dove si sviluppano queste relazioni, ma lei stessa dentro di esse, protagonista" e luogo ideale a cui tornare, sempre. Paolo racconta in questo libro un modo molto particolare di intendere la montagna, descrivendo un mondo che va scomparendo per sempre, e lo fa attraverso una storia che, come sottolinea Matteo Bianchi, ha qualcosa di universale. Riflette l'esperienza personale dell'autore, il suo rapporto con la montagna, i rapporti con le persone, i dubbi e le incertezze che sono di tutti noi, il confronto con i modelli letterari che lo hanno ispirato da Narciso e Boccadoro a Gente del Wyoming, Due di due, il folk americano che ama ascoltare in quei mesi solitari nella baita tra scrittura e pensieri; i maestri con cui si è formato come scrittore, i racconti di Hemingway, Carver, Salinger tra tutti, e quella scrittura scarna e potentissima. C'è tutto un mondo in questo libro, di esperienze reali e invenzione narrativa, di influenze, modelli, maestri. Dove la montagna si fa protagonista, un luogo a parte, con regole precise, qualcosa di importantissimo anche nella vita di Paolo stesso:
avevo la sensazione che la montagna fosse il posto da cui veniva la mia famiglia [...]. Vedevo la famiglia trasformarsi quando all'inizio dell'estate si andava in montagna, lasciare le tensioni dovute al lavoro e alle difficoltà di vivere in un posto brutto e violento come Milano negli anni Ottanta e lì in montagna invece si ritrovava. Quello era il luogo bello, dove si stava bene, insieme.
La scoperta della montagna è stata fondamentale nella vita dell'autore e nel suo percorso come scrittore, in una vita fatta di estremi: da una parte l'amore per la solitudine, il silenzio, le lunghe camminate, la fatica, la tranquillità della baita, il desiderio di staccare da tutto e ritrovare una dimensione più vera, essenziale; dall'altra, la passione per New York, la città, il bisogno di ritrovare il contatto con le persone, il caos, le opportunità. Ma in fondo, conferma Paolo, siamo tutti un po' così, abbiamo un'anima divisa tra passioni e desideri differenti ed è bello, pensiamo, assecondare l'uno e l'altro. Senza dubbio questa storia poteva esistere soltanto in montagna, luogo ideale e protagonista della vicenda, accanto a Pietro e Bruno. Nell'amicizia di quei due ragazzi poi diventati uomini, c'è, a mio avviso, uno dei ritratti di amicizia maschile più belli di sempre, forse più veri, che aspira a colmare un vuoto culturale:
Stavo ragionando in questi giorni sul fatto che ci sono molti libri sull'amicizia e la solidarietà femminile, dove gli uomini entrano ed escono dalla vita delle donne, mentre le amiche restano qualcosa di importante. Per gli uomini questo rapporto è qualcosa di più confuso: trovo molta più solitudine nella vita adulta dei maschi che vedo adesso.E Pietro e Bruno in fondo sono due ragazzi, due uomini, solitari che il destino ha fatto incontrare e riconoscere. La loro amicizia è il cuore di questa storia - quanta difficoltà per me a volerla costringere dentro confini troppo netti! - ed è un rapporto che si nutre più di gesti e sensazioni che di parole vere e proprie. In fondo, è una costante della scrittura di Paolo, costruire le storie per immagini e sensazioni più che mediante i dialoghi:
La parola è molto sopravvalutata in una relazione secondo me. Ci sono persone che fondano le relazioni sul parlarsi, altre sul vivere delle esperienze insieme. Non è detto che servano le parole, sono un modo per comunicare ma non necessariamente quello prediletto, superiore, per dirsi come si sta, cosa si prova.
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Mi sono accorto che mi piaceva moltissimo come la prima persona sposta la tua attenzione: Pietro è preso dal raccontarti gli altri e di sè non dice mai niente. Mi piace, questo ritrarsi dell'io narrante, questo stare un po' in disparte.Pietro e Bruno, diversi eppure molto simili:
Pietro è molto fragile nelle relazioni, si fa male con niente, è di cristallo. e riesce a vivere solo quando trova una persona altrettanto fragile e delicata come lui, come Bruno. Anche la scrittura va protetta: dal chiacchiericcio che ci invade la vita.
Ci si interroga quindi sui rapporti, anche alla luce del successo che Le otto montagne sta riscuotendo dopo l'ultima fiera di Francoforte; e non possiamo fare a meno di leggere con un po' di malinconia le parole di Paolo:
Sono terrorizzato dalla pressione che sento qui intorno. Quanto è difficile avere delle relazioni oneste ed autentiche con gli altri quando il rapporto inizia ad essere così sbilanciato [...]. Tutta questa cosa mi mette molto in difficoltà. mette un po' di angoscia il fatto che ci siano intorno tante persone che mi conoscono meglio di quanto io conosca loro, che si aspettano delle cose da me.. viene voglia di scappare via in montagna e non tornare più giù!A noi di sicuro viene semplicemente voglia di abbracciarlo, augurandogli di continuare a vivere in equilibrio tra passioni e mondi differenti e raccontarli entrambi con la stessa passione.
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