#CriticaLibera - When the Music's Over: su "Zero K" di Don DeLillo

 






Requiem...

DeLillo un grande scrittore lo è fin da quando, trenta anni fa molto prima di Underworld, in Italia era letto nelle edizioni Pironti da un manipolo di affezionati. Poi... E’ accaduto qualcosa. Il grande orecchio col passare del tempo è stato circuito dalla passio per le arti contemporanee e dall’idea che l’Apocalisse sia un argomento interessante e non una perniciosa fantasia, da scostare o indagare, Thomas Pynchon docet, con somma ironia. Effuso di stupor artis l’ex ragazzo del Bronx avrà certamente avvertito, negli ultimi venti anni, il depotenziarsi dell’arte sua in un mondo totalmente sovraesposto alle immagini, non più quello dell’adorata cinepoque anni ’70 e ’80 ma l’ipercontemporaneo, completamente differente. Forse ha semplicemente creduto di poter continuare a scrivere d’istinto senza fuggire la nouvelle vogue che lo ha corroso via via fino a fargli partorire quest’opera anestetizzata. Il coraggio nell’aver voluto affrontare troppi temi importanti (tempo, vita, morte, fede, coscienza, tecnologia), strade già sature da una mole considerevole di informazioni a disposizione dell’Every-wired-man con un fornito bookstore nelle vicinanze, non è stato portato al culmine azzardando un affondo; rischiando così di affondare sotto il peso della Convergenza in una medina di viuzze senza uscita che trasmettono la sensazione di un libro zoppicante in partenza.   
  
Forse l’istinto e il coraggio in questo caso avrebbero meritato una documentazione maggiore? DeLillo è certamente consapevole di quel che fa, evita di giganteggiare preferendo un’andatura modesta in una struttura semplice, due tempi legati al centro da una fenditura spaziotemporale, lo speculum degli antichi racconti o il più moderno “la mia musica è uno specchio per l’ascoltatore” del sound artist Ryojy Ikeda autore di 0c, soundtrack perfetta per alcuni capitoli del libro. In tanti, ovviamente senza spiegarci il perché, grideranno al capolavoro, addirittura alla nascita di un’estetica per il nuovo millennio, scambiando personalissime scariche neurovegetative per la semplice evidenza del libro imperfetto di un grande scrittore. Un bellissimo fallimento  intendiamoci, di cui preferiamo qui amplificare alcuni spunti e rivelare le rifrazioni di quella “lingua opaca” dove, tra le pagine che il freddo non ha appassito del tutto, è custodita la bellezza dell’opera.

For...

La catastrofe segno del nostro tempo? Idea vetusta già affrontata mirabilmente, tra i vari, da James Ballard e prima che diventasse vogue, analizzata da Paul Virilio. Alcune parti del libro di DeLillo sarebbero perfette per la riedizione del catalogo della grande mostra sul tema tenutasi nel 2002 alla Fondation Cartier di Parigi e curata proprio dal teorico francese. Dopato di arti contemporanee, il miglior compendio a ZeroK è dunque un testo di Giuliana Bruno a cui potete affiancare un libro a caso di Anthony Viedler. Sono studiosi importanti  di quella interzona di confine dove architettura e arti installative dialogano tra loro. Quell’eccellenza sponsorizzata da fondi e fondazioni di prestigio sempre pronte ad accaparrarsi l’ultima imago disponibile. Perché? Perché tutti vogliono possedere l’ultimo spettacolo... A capo di uno di quegli hedge fund siederà certamente un Ross Lockhart, padre, assente, dell’amletimaco Jeffrey, marito della giovane seconda moglie in fin di vita, Artis. La prima moglie, Madeline, madre di Jeffrey, rivive solo nei ricordi di quest’ultimo.
  
Family ties ambientato ad un livello del nostro mondo inaccessibile ai più, dove abitano quegli uomini che “vogliono possedere la fine del mondo”... Possederla soltanto o provocarla anche? Uno di quei 62, secondo l’Oxfam a detenere la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta, è proprio il padre assente, magnate della finanza capace di forgiarsi un nome ma non un’anima, per la gioia di tutti i lettori atei e transumanisti. Un faraone dei nostri tempi? Certamente un uomo bisognoso per il suo trapasso di un luogo adeguato al suo status, una tomba, alla moda dell’ultima archistar disponibile e di una promessa altrettanto adeguata, quella che l’ultima religione, il progresso scientifico più avanzato, possa elargire, ritornare in vita nel futuro. Non dimentichiamo che un uomo siffatto vorrà possedere anche la prima immagine del nuovo mondo dove risvegliarsi insieme alla sua compagna. Novelli Adamo ed Eva criogenizzati in teche preziose, immaginateli esposti nel 2100 alla Galleria degli Uffizi dove oggi trovate i dipinti di Lucas Cranach. Siete ancora nel bookstore? Cercate i volumi Phaidon su arte e architettura contemporanea e se il wi-fi funziona, il significato in biologia di Convergence nell’Oxford dictionary e su Google #Orlan #body #art #after #death #MarinaAbramovic, scoprirete stuffs interessanti da morire…


A Beam...

E’ solamente fiction! Ci auguriamo che DeLillo rida metafisicamente di gusto immaginando spedizioni di civiltà future, nel deserto del Kazakistan in cerca delle rovine di Convergence, domandarsi perché questo Homo, unico nel suo genere, abbia continuato ad essere così ottusamente schiavo della hybris... La scienza ultima religio? Più corretto lo scientismo nuovo sentimentalismo religioso, almeno in questo West alla fine dei suoi giorni, dove tutti farfugliano di scienze, tranne gli scienziati.

La Bellezza? Se riuscirete dunque a stemperare gli eyes wide shut, magari ascoltandovi leggere ad alta voce, grazie all'ottima traduzione di Federica Aceto capterete quel che resta del grande orecchio al lavoro. Le varie forme del silenzio ad esempio, ospite evanescente del libro, e come Jeffrey, potrete assaporate i verbi e gli aggettivi della sfera aurale. Ponete attenzione al suono e non alle immagini, così una volta giunti al capitolo Artis Martineau, vivrete una delle esperienze più coinvolgenti della letteratura contemporanea.  

Si... Un’epoca è definitivamente tramontata e in attesa di vedere se a sciogliersi per primo sarà l’Artico o il sogno cyberutopico di turno, alcuni continuano a leggere. La grande letteratura è una religione in fondo, e forse solo questo possiamo attendere oggi, il suono, goccia a goccia, dell’arte, che muore.


(qui una geografia musicale ispirata all'opera di DeLillo)