di Barbara Colli e Giuseppe Saccà
Edizioni Clichy, 2016
15 €
Sì, lo so. A Venezia siete già stati mille volte. La gita
con la scuola, sicuro. Anzi, chi abita al Nord di gite a Venezia ne avrà fatte
almeno un paio. Poi siete cresciuti, e vi siete concessi la classica visita
cultural-chic, magari alla Biennale. Oppure ci siete ritornati per il
Carnevale, maledicendovi mentre venivate inghiottiti, spinti, stritolati dalla
morsa della folla, perché Venezia a Carnevale è come una carta moschicida per
turisti: l’afflato romantico arriva in tutto il mondo, ma la quantità di gente
è tale che finisci per sentirti come invischiato dalla calca. Eppure Venezia è
Venezia. Una città che certo non permette zone grigie: o la si ama
incondizionatamente, oppure la si detesta con sincero distacco. Ma se fate
parte di coloro che la amano, allora questo libro sarà la migliore scusa per
tornarci, perché leggendolo vi verrà voglia di camminare ancora una volta per le sue calli e dare un’occhiata a tutti quegli angoli, a quelle targhe e a quei
dipinti che non avete mai notato e che invece nascondono un piccolo segreto, un
segreto che si svela soltanto agli occhi di chi sa cosa guardare.
Questo libro composto a quattro mani da Barbara Colli e
Giuseppe Saccà rappresenta proprio un piccolo scrigno di perle, una raccolta
di curiosità che spaziano dalla letteratura alla storia, per attraversare la
musica e fatti di cronaca. Una guida sui generis: con 450 domande e
altrettante risposte, Conosci Venezia? è una sorta di quiz lagunare.
Al di là di curiosità linguistiche – “ciao” nasce proprio a
Venezia, lo sapevate?, gli aspetti più interessanti di questo simpatico
volumetto sono gli aneddoti. Per esempio: tra le stanze dell’Hotel Londra, in
un lontano dicembre, il trentasettenne Čajkovskij compose la sua Quarta Sinfonia.
Nel sestiere di San Polo invece, non lontano da San Silvestro, il Maggior
Consiglio aveva stabilito che un piccolo gruppo di case fosse adibito a
quartiere a “luci rosse” – termine questo certo ante litteram, dato che il
decreto risale al pieno Medioevo.
Il libro racchiude anche gustose, macabre pillole. Qualcuno
forse ricorda che a Santa Maria Gloriosa è racchiuso il cuore del Canova,
all’interno di quella piramide da lui stesso progettata. Ma in quanti sanno che
la riva di Basio deve il suo nome a Biagio Carnico, macellaio che faceva il suo
apprezzatissimo guazzetto nientepopodimeno che con carne umana – sì, umana! – e
che venne per questo condannato a morte?
Personalmente questo libro mi ha convinta a tornare, ancora
una volta, a Venezia per controllare con attenzione le statue della facciata della
Chiesa della Madonna dell’Orto. Una tradizione narra che il dodicesimo apostolo ritratto sia Giuda Iscariota e non San Mattia, colui che sostituisce il
traditore nell’iconografia tradizionale. L’intruso sarebbe stato volutamente
inserito dallo sculture Pierpaolo Delle Masegne poiché segretamente membro di
una setta trecentesca di adoratori del demonio. Sarà vero? Non lo so, ma ho
pensato di andare a controllare. E la vostra scusa quale sarà?
Manuela Cortesi
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