Storia e gloria di oggetti leggendari
di Luca Pollini
Prefazione di Tommaso Labranca
Fotografie di Barbara Lei
Morellini Editore, 2016
pp. 135
Euro 20,00
«Celo/mi manca… Celo/mi manca…»: è questo quello che si pensa sfogliando Immortali, il libro di Luca Pollini appena pubblicato da Morellini Editore e che, come da sottotitolo, racconta Storia e gloria di oggetti leggendari. Ci si sente proprio come alla conta delle figurine dei calciatori, desiderosi di riempire per intero il proprio album personale per potersi compiacere della sua completezza. In questo peculiare catalogo, però, non ci sono volti, numeri e maglie celebri, non ci sono “persone”; ci sono “cose”, prodotti, beni di consumo, cibi e bevande che nondimeno – a partire dall’Ottocento e più spesso dagli anni del cosiddetto boom – hanno segnato la storia dell’economia, del commercio e del costume, e con maggiore o minore intensità e costanza hanno fatto e continuano a fare parte del nostro quotidiano. Ad accomunare questi magnifici 62, selezionati dall’autore, ci sono un successo immediato e duraturo, sostanzialmente scevro dalla necessità di revisioni e aggiustamenti, oltre che un numero indefinito di (fallimentari) tentavi di imitazione e un ruolo da leader indiscussi nei rispettivi settori. Ma soprattutto c’è un posto insostituibile nel cuore e nella memoria di generazioni di individui che da decenni (se non da più di un secolo, in alcuni casi) non solo non sono disposti a farne a meno, ma ormai identificano il marchio con il prodotto, e il nome del prodotto con la sua categoria. Proprio come quando ci si innamora, e l’amore non può che prendere le fattezze della persona amata.
Non è forse un sentimento, o una teoria di sentimenti, ciò che si prova anche solo al pensiero della Nutella e dei biscotti del Mulino Bianco, degli evidenziatori Stabilo Boss o dei Post-it, del Monopoli o del Risiko, del Cornetto Algida o delle Patatine San Carlo? Alzi la mano chi non ha mai “sniffato” la colla Coccoina, chi non ha mai bevuto una Coca Cola o chi non ha mai risolto un cruciverba sulla Settimana Enigmistica, magari con l’aiuto di una fedele Bic. Oltre il nostro consumismo ontologico, dietro ciascuna di queste “cose” ci sono costellazioni di ricordi personali fatti di cucchiaini affondati nel vasetto, di colazioni e merende solitarie e in compagnia, di sessioni di studio con libri degni dell’Arlecchino più maniacale; di pomeriggi sulla spiaggia a contendersi la punta di un certo cono gelato, di dita unte e coperte di sale e di briciole mentre si sgranocchia sulla poltroncina di legno del cinema di quartiere (chiuso da anni); di maledizioni contro Parco della Vittoria e Viale dei Giardini, di strategie di attacco e di difesa con piccoli carrarmati colorati che si sarebbero rivelate metafora della vita stessa; di complessi di inferiorità per l’ignoranza del 14 orizzontale, di compiti in classe da ricopiare “in bella” non senza divorare il cappuccio della penna...
Forse, ben consapevole di come l’“effetto-madeleine” sia sempre e comunque garantito, e proprio per scongiurare un eccessivo coinvolgimento sentimentale, Pollini ha adottato una strategia vincente: dopo averli ordinati in ordine alfabetico, l’autore ha riservato a tutti gli "oggetti" in questione il medesimo trattamento, dedicando a ciascuno due pagine, comprensive di una breve carta d’identità, una prosa biografica e una duplice (e bella) riproduzione fotografica a opera di Barbara Lei – una più simile a una piccola fototessera, quasi una segnaletica utile per l’identikit, e un’altra in grande, a tutta pagina, quasi un ritratto espressivo vero e proprio. Il risultato, a ogni buon conto, è uno schedario che, pur nella sua programmatica oggettività/essenzialità, fa molto meditare e molto ricordare: nel ripercorrere le storie, le origini, le vicissitudini e i nomi dei vari fondatori, e nello scoprire aneddoti curiosi relativi agli “oggetti” in questione, si trae conferma di come, pur dalla carta stampata, il Latte condensato Nestlé sia capace di ingolosire, la Crema Nivea di idratare, il Liquore VOV di corroborare…
Ha ragione Tommaso Labranca quando nella sua Prefazione sostiene che tutti questi “oggetti” – divenuti, volens nolens, “concetti” e “correlativi oggettivi” – «tornano a visitarci anche quando dormiamo». Ed è inutile anche provare a moderare i toni o a ridimensionare le proporzioni circa l’attestato di leggendarietà attribuito loro da Pollini: se è vero che la leggenda, come da dizionario, è un “racconto tradizionale in cui prevalgono elementi fantastici” o un “evento storico arricchito e modificato dalla fantasia popolare”, i 62 "oggetti" del volumetto ne sono a pieno titolo gli eroi protagonisti; oppure – il che è forse lo stesso – sono i non meno importanti comprimari delle nostre saghe mitologiche, tanto personali quanto collettive.
Cecilia Mariani