Leonard Cohen: storie, interviste e testimonianze
di Massimo Cotto
Vololibero Edizioni, 2016
pp. 224
€ 20,00 (cartaceo)
Per una di quelle incredibili coincidenze che però a nessuno verrebbe di catalogare come coincidenze, più o meno nello stesso arco di tempo tra il nobel per la letteratura a Bob Dylan e il conseguente rifiuto a partecipare alla cerimonia di premiazione, Leonard Cohen dava alla luce il suo quattordicesimo e ultimo album in studio, You want it darker, prima di congedarsi definitivamente dal pubblico dei suoi fans nella notte dello scorso 7 novembre. Coincidenza emblematica che riflette, nella gloria e nella morte, un diverso modo di approcciarsi alle grandi luci della ribalta. Tanto Dylan è divinità incontrastata nell'Olimpo musicale e pop degli ultimi cinquant'anni, quanto il discreto e (auto)ironico dandy Cohen ha sempre trovato una dimensione - per quanto concerne il riconoscimento di pubblico - in una rientranza del monte sacro più consona alle sue idee artistiche. Ce lo conferma il ritratto da gentleman d'altri tempi, di uomo schivo che non si prende troppo sul serio, di artista ossessionato dalla bellezza e dalla perfezione, che emerge dal bel volume architettato da Massimo Cotto, I famosi impermeabili blu, che raccoglie aneddoti, interviste, testimonianze e perfino disegni di e su Leonard Cohen raccolti in un trentennio di devozione assoluta oltre che di frequentazione privata con l'artista di Montreal.
E già il generico termine 'artista' dice quanto difficile sia cercare di catalogare l'opera di questo formidabile ebreo canadese, discendente della stirpe sacerdotale di Aronne, che è riuscito davvero come pochi a coniugare la scrittura poetica con quella musicale. In questo caso non si tratta solo di ripetere la scontata formula - da ultimo usata per conferire dignità all'ultima assegnazione del nobel - che l'universo del cantautorato corrisponde all'offerta più genuina di poesia che sia possibile rintracciare oggigiorno. A questo proposito, riprendendo ancora, e solo per l'evidente proprietà paradigmatica, il confronto Dylan-Cohen, lasciamo la parola a Roberto Vecchioni che così delinea la sua testimonianza sull'autore di Suzanne:
Cohen nasce poeta, formalmente e culturalmente. Canta l'anima e il dubbio esistenziale in consonanza con i più grandi, da Leopardi a Pessoa. Cohen è oltre, di là del tempo. Dylan è invece nel tempo, lui nasce singer mentalmente e culturalmente [...]. L'angoscia di Dylan è sì esistenziale, ma soprattutto civile [...]. Tutto ciò è estraneo a Cohen, l'alienazione per lui non dipende dai tempi. La poesia perfetta è silenziosa, e Cohen lo sa: ogni silenzio fra due azioni è poesia.
Gli esordi di Cohen, come ben sanno i suoi ammiratori, avvengono infatti in ambito letterario, con la pubblicazione nel decennio 1956-1966 di varie raccolte di poesie (Let Us Compare Mythologies, The Spice-Box of Earth, Flowers for Hitler) e di due romanzi (The Favourite Game e Beautiful Losers) accolti in Canada da un grande favore di pubblico e critica. Questo sostrato letterario diverrà il pilastro della solidissima e inimitabile carriera musicale del Nostro, intrapresa a partire dal 1967 con il folgorante album di debutto Song of Leonard Cohen, più per motivazioni extra-artistiche che per altro: con la letteratura non è possibile "garantirsi una vita decente, forse neanche indecente".
La voce inconfondibile di Cohen, il timbro basso, caldo e avvolgente da fumatore incallito fa dunque il paio con il fascino e la compiutezza dei suoi testi, magnetici, ironici, mai banali, avvitati intorno a pochi nuclei tematici ben riconoscibili: Dio, il sesso, la religione, la morte, l'amore, i legami di coppia. Non di rado è possibile fare spola tra la scrittura propriamente letteraria e quella musicale per rintracciare germi, fantasmi, ossessioni che si riverano dall'una all'altra modalità di composizione in un rapporto sempre aperto di osmosi creativa.
Il volume di Massimo Cotto, soprattutto nella sezione dedicata alle interviste (dal 1984 al 2001), ha il merito di ripercorrere queste due strade convergenti dell'universo Cohen, riportando così la personalità, ricca e complessa, di una delle figure che ha indubbiamente segnato l'immaginario culturale del Novecento. Perché chi di noi non ha mai fantasticato di passeggiare sotto la pioggia di New York alle quattro di mattina di un rigido dicembre protetto solo dal bavero rialzato di un impermeabile blu? Anche questo vuol dire essere battezzati dalle furie della poesia. "La poesia è un verdetto", sentenzia Cohen parlando con l'autore di questo libro: "E cosa posso dirti fratello mio, mio assassino / Cosa potrei mai dirti?". Leggere per venire 'assassinati' dalla bellezza dei versi di LC.
Pietro Russo