Miss Peregrine e la casa dei ragazzi speciali
Di Ransom Riggs
Rizzoli, 2016
Traduzione di Ilaria Katerinov
pp. 304
€18 (cartaceo)
La biblioteca delle anime
Di Ransom Riggs
Rizzoli, 2016
Traduzione di Barbara Bonadeo
pp. 435
€18 (cartaceo)
Di Ransom Riggs
Rizzoli, 2016
Traduzione di Barbara Bonadeo
pp. 435
€18 (cartaceo)
Non sempre quello che funziona sulla pagina ha lo stesso effetto sullo schermo, lo sappiamo bene, ma, a quanto pare, qualche volta vale anche il contrario.
Tra pochi giorni sarà nei cinema l’ultimo film del genio visionario Tim Burton, Miss Peregrine e la casa dei bambini speciali, alla cui anteprima ha partecipato la nostra Federica: tratto dal primo volume della trilogia di Ransom Riggs, in Italia edita da Rizzoli, è una storia che si sposa perfettamente con il gusto del regista americano ma che, inutile girarci intorno, non ha a mio avviso la stessa resa letteraria.
Senza dubbio l'edizione è molto ben curata, tra foto, informazioni sui personaggi, copertine d’effetto: ma se un libro non è – ce lo auguriamo di cuore – solo un bell’oggetto da mettere in mostra, la trama ricca, alcuni spunti piuttosto interessanti, l’originalità della storia, da soli non sono sufficienti. Sono sempre più convinta che non dovremmo accontentarci di letture mediocri, perchè non è vero che “l’importante è leggere”: no, è importantissimo invece leggere la cosa giusta, capace di arricchirci, culturalmente e personalmente, perchè altrimenti che senso ha la letteratura? È chiaro, non tutti i romanzi sono Il nome della rosa, ma imparare a leggere in maniera critica, non sorvolare sui difetti di una storia, è ridare il giusto valore alle parole, anche – e soprattutto – quando un libro è pensato per i giovani lettori. Perchè proprio quelle sono le letture fondamentali che determineranno il nostro interesse o meno nei confronti delle storie, ed è quindi da quelle che dobbiamo pretendere il più possibile.
Detto questo, i romanzi di Riggs non mancano di alcuni elementi interessanti e la scrittura – adeguatamente resa dalle traduzioni di Ilaria Katerinov, Aurelia Di Meo e Barbara Bonadeo – è piuttosto accurata e ricca, specie nelle parti descrittive. La storia è coinvolgente e capace di catturare il lettore sia con l’aspetto fantastico della trama che mediante i numerosi elementi con cui è facile immedesimarsi: il protagonista della vicenda, Jacob, è un adolescente come tanti, non particolarmente brillante o all’apparenza dotato di speciali talenti, che vive una vita decisamente ordinaria, fatta di piccoli conflitti con i genitori, una vita sociale non proprio esaltante e i sogni normalissimi di un adolescente un po’ solitario.
Ma, naturalmente, ogni cosa sta per cambiare: quando le storie che l’adorato nonno gli raccontava da bambino sembrano improvvisamente farsi più reali di quanto aveva fino a quel momento creduto, il suo mondo e i fragili equilibri su cui si poggia sono destinati a cambiare per sempre. Quelle storie di mostri che per tutta la vita avevano tormentato il vecchio Abe e che il nipote, ormai cresciuto, aveva imparato ad interpretare come il tentativo di venire a patti con i fantasmi del passato di orrori e guerra di un ebreo unico superstite della propria famiglia sterminata dalla furia nazista, d’improvviso si rivelano reali e estremamente pericolose. E forse al proprio destino e alla pesante eredità famigliare non è possibile fuggire. Deciso a scoprire la verità celata dietro i racconti del nonno e svelare il mistero delle sue ultime enigmatiche parole, il ragazzino intraprende un viaggio che dalla tranquilla vita in Florida lo porta sulle desolate coste di una remota isola al largo dell’Inghilterra, alla ricerca della misteriosa Miss Peregrine, la donna che tantissimi anni prima aveva accolto Abe, senza più famiglia, nella sua casa/orfanotrofio.
Senza dubbio l'edizione è molto ben curata, tra foto, informazioni sui personaggi, copertine d’effetto: ma se un libro non è – ce lo auguriamo di cuore – solo un bell’oggetto da mettere in mostra, la trama ricca, alcuni spunti piuttosto interessanti, l’originalità della storia, da soli non sono sufficienti. Sono sempre più convinta che non dovremmo accontentarci di letture mediocri, perchè non è vero che “l’importante è leggere”: no, è importantissimo invece leggere la cosa giusta, capace di arricchirci, culturalmente e personalmente, perchè altrimenti che senso ha la letteratura? È chiaro, non tutti i romanzi sono Il nome della rosa, ma imparare a leggere in maniera critica, non sorvolare sui difetti di una storia, è ridare il giusto valore alle parole, anche – e soprattutto – quando un libro è pensato per i giovani lettori. Perchè proprio quelle sono le letture fondamentali che determineranno il nostro interesse o meno nei confronti delle storie, ed è quindi da quelle che dobbiamo pretendere il più possibile.
Detto questo, i romanzi di Riggs non mancano di alcuni elementi interessanti e la scrittura – adeguatamente resa dalle traduzioni di Ilaria Katerinov, Aurelia Di Meo e Barbara Bonadeo – è piuttosto accurata e ricca, specie nelle parti descrittive. La storia è coinvolgente e capace di catturare il lettore sia con l’aspetto fantastico della trama che mediante i numerosi elementi con cui è facile immedesimarsi: il protagonista della vicenda, Jacob, è un adolescente come tanti, non particolarmente brillante o all’apparenza dotato di speciali talenti, che vive una vita decisamente ordinaria, fatta di piccoli conflitti con i genitori, una vita sociale non proprio esaltante e i sogni normalissimi di un adolescente un po’ solitario.
Ma, naturalmente, ogni cosa sta per cambiare: quando le storie che l’adorato nonno gli raccontava da bambino sembrano improvvisamente farsi più reali di quanto aveva fino a quel momento creduto, il suo mondo e i fragili equilibri su cui si poggia sono destinati a cambiare per sempre. Quelle storie di mostri che per tutta la vita avevano tormentato il vecchio Abe e che il nipote, ormai cresciuto, aveva imparato ad interpretare come il tentativo di venire a patti con i fantasmi del passato di orrori e guerra di un ebreo unico superstite della propria famiglia sterminata dalla furia nazista, d’improvviso si rivelano reali e estremamente pericolose. E forse al proprio destino e alla pesante eredità famigliare non è possibile fuggire. Deciso a scoprire la verità celata dietro i racconti del nonno e svelare il mistero delle sue ultime enigmatiche parole, il ragazzino intraprende un viaggio che dalla tranquilla vita in Florida lo porta sulle desolate coste di una remota isola al largo dell’Inghilterra, alla ricerca della misteriosa Miss Peregrine, la donna che tantissimi anni prima aveva accolto Abe, senza più famiglia, nella sua casa/orfanotrofio.
L’isola di mio nonno. Incombeva minacciosa, nascosta dalla nebbia, sorvegliata a vista da un milione di uccelli schiamazzanti: sembrava un’antica fortezza costruita dai giganti. Ammirando quelle scogliere a precipizio sul mare, le cui vette svanivano in un banco di nubi spettrali, l’idea che fosse un posto magico non mi parve più tanto ridicola.
Un luogo dove trovare protezione, riparo, contro gli orrori di un mondo in guerra, ma che, forse, era anche qualcosa di più. Ora di quella casa maestosa non resta più niente, distrutta dalle bombe e dall’incuria del tempo: solo una valigia di misteriose fotografie, così simili a quelle che il nonno un tempo mostrava a Jacob bambino, curiosi fotomontaggi di bambini e ragazzi che sembravano fenomeni da baraccone, tra illusione e trucchi difficili da svelare: gli Speciali, i protagonisti delle storie di Abe. E lì, tra le rovine minacciose di quella casa, Jacob scopre che quei ragazzi, le loro straordinarie abilità, erano – sono – reali tanto quanto lo è lui e, forse, è proprio a quel posto che lui stesso appartiene. Inizia un’avventura straordinaria, la scoperta di un mondo celato, dei pericoli che lo minacciano e di cui proprio lui, Jacob, potrebbe essere la chiave per salvarlo.
Un racconto senza dubbio intrigante, che regala momenti di emozione e suspense e, come si diceva, interessanti spunti di riflessione su argomenti anche complessi, non sempre però adeguatamente approfonditi, come se – ancora una volta – l’autore avesse sentito l’urgenza di gettare ogni cosa nel creare una storia molto ricca ma non riuscendo poi a dare il giusto valore ad ognuno di questi elementi, che troppi si affollano e scivolano via per lasciare il posto ad un racconto d’avventura. Forse, se adeguatamente analizzati, questi elementi sarebbero stati in grado di portare il romanzo ad un livello differente, mentre in questa forma resta una lettura che, seppur interessante, non riesce ad arrivare ad un pubblico più adulto ed esigente, che non si accontenta di una storia la quale, pur ben confezionata, risulta una sfilata un po’ superficiale di mondi e personaggi sorprendenti perfetti per la resa cinematografica ma dallo scarso valore letterario. Anche la storia di Riggs, inoltre, sembra adeguarsi ad una tendenza che quasi tutti i romanzi per ragazzi o simili non possono evitare, ossia la strutturazione in trilogia e che, in molti casi, si spiega solo in termini di marketing; mantenere tensione e coerenza narrativa è già di per sè un compito arduo quando il romanzo supera la trecento pagine, riuscire in questo per un’intera serie rischia di diventare quasi impossibile e sono davvero poche, a mio avviso, le saghe che superano questo tipo di prova: molto banalmente, penso per esempio a Il signore degli anelli (capolavoro che travalica sterili divisioni di genere, per entrare a pieno titolo nei classici della letteratura), Harry Potter, ma anche la trilogia di Hunger Games, ben più riuscita della trasposizione cinematografica. Quali che siano le ragioni, anche la storia degli Speciali è strutturata in trilogia e in questo tipo di narrazione risulta difficile ignorare del tutto i difetti evidenti, a partire, si diceva, dallo scarso approfondimento di alcune tematiche che restano solo accennate sulla pagina, per lasciare il posto ad effetti speciali, scene maestose, dove la descrizione di bambini dalle abilità sorprendenti è una prova di immaginazione senza dubbio notevole ma un po’ sterile.
Eppure non mancano anche elementi davvero interessanti, seppur non sempre adeguatamente approfonditi, soprattutto nel primo volume. Intanto, il tema della diversità, cuore della storia: ragazzini dalle abilità speciali, che si trovano a fare i conti con un mondo che non li comprende, ne è spaventato e, per questo, li perseguita, li etichetta come diversi, strani, pericolosi; costretti a celare le proprie stravaganze fingendosi “normali” o, quando non è possibile, a vivere nell’ombra, tenendosi ai margini del mondo e della vita. Perseguitati per la loro diversità, da nemici esterni ed interni, hanno trovato rifugio in case come quella di Miss Peregrine, pagando la sicurezza – apparente – a caro prezzo:
Nell’antichità ci consideravano dèi. Ma noi Speciali siamo mortali, al pari della gente comune. Gli anelli temporali si limitano a rallentare l’inevitabile, e il prezzo che paghiamo per usarli è alto: un divorzio irrevocabile dal presente. Come sai, a chi vive a lungo dentro un anello è permesso soltanto affacciarsi sul presente, altrimenti avvizzisce e muore. Così vanno le cose da tempo immemore.
Per sfuggire ai nemici, vivono infatti in un mondo immutabile, nel ripetersi continuo della stessa, identica giornata, consapevoli dell’incantesimo che li protegge costringendoli ai margini della vita, ogni cosa intorno a loro uguale giorno dopo giorno e loro stessi, nell’aspetto, identici, impermeabili allo scorrere del tempo. Bambini o poco più all’apparenza, sono in realtà anime ben più antiche, che sfuggono al tempo così come alla vita reale. È quest’ultimo uno degli aspetti più intriganti, forse, della storia, che riflette sulla complessa natura di questi esseri speciali, non bambini ma non davvero adulti, così come non del tutto innocenti o malvagi, in un gioco di di equilibri precari tra bene e male, luci ed ombre, verità e menzogna, che fa da fil rouge di tutta la vicenda.
Veneravo il nonno. C’erano cose di lui che dovevano essere vere, avevo bisogno che fossero vere, e il fatto che tradisse sua moglie non era una di queste. Quand’ero bambino, le sue storie fantastiche mi dicevano che una vita magica era possibile. Anche dopo aver smesso di crederci, percepivo ancora qualcosa di magico in lui. Avere sopportato tutti quegli orrori, avere visto il lato peggiore dell’umanità e ritrovarsi con una vita irriconoscibile, e nonostante questo restare la persona perbene e buona e coraggiosa che conoscevo. Sì, quella era magia. Quindi no, non gli avrei dato del bugiardo, del traditore o del cattivo padre. Perché se lui non era un uomo perbene, forse nessun altro poteva esserlo.
Fino a che punto è lecito spingersi per proteggere noi stessi e le persone che amiamo? È una delle molte domande che, efficacemente, rimangono senza risposta, su cui si interroga Jacob e il lettore con lui, di fronte alla scoperta di un mondo molto più complesso e straordinario di quello che appare. Jacob, che è solo un ragazzino d’improvviso coinvolto in un’avventura dal cui esito dipende la salvezza di così tante persone, che lentamente scopre la verità sulla sua famiglia, il peso sempre più insostenibile di un’eredità fatta di segreti, menzogne, un destino che sembra già scritto. La famiglia, anche in questo caso, è un elemento centrale: quella del sangue, fatta di rapporti non sempre facili, rancori e mancanze con cui è difficile fare i conti anche una volta che si è diventati adulti, tanto pesano i silenzi; ma famiglia sono anche le persone che si scelgono, a cui si è legati da sentimenti che vanno oltre il sangue e per le quali si è pronti, forse, a sacrificare ogni cosa. Entrambe che rischiano di perdersi soffocate dai segreti, dalle incomprensioni, dalla difficoltà di trovarsi di fronte ad un mondo e una verità con cui sembra impossibile riuscire a venire a patti. Un mondo, in cui distanze e mancanze dei padri sembrano ora assumere un nuovo significato, anche se forse perdonare resta ancora difficile. E dove, alle vicende di creature straordinarie si intreccia la Storia: qualche volta, purtroppo, popolata di mostri reali, più spaventosi di Vacui e Spettri. C’è sempre qualcuno che viene perseguitato, etichettato come diverso, Speciale oppure no ed è questo, più di ogni altra cosa, che spaventa per la verosimiglianza con il mondo in cui viviamo, il nostro passato storico, il presente per molti sfortunati.
Lo spirito del racconto d’avventura – e in questo caso lo dico senza alcuna nota negativa, ma semplicemente apprezzando un genere che da sempre appassiona bambini e ragazzi e qualche volta ci accompagna anche nell’età adulta – si fonde ad elementi del romanzo di formazione: il conflitto generazionale, lo scontro con un mondo – quello degli adulti – contraddittorio e complesso, la costruzione della propria individualità, la scoperta dell’amicizia e dell’amore:
[...] sentivo per la prima volta una sorta di rotella nel cuore, che girava tanto vorticosamente da darmi le vertigini. Più lei si allontanava, più veloce girava, come se fosse legata a una fune che si dipanava tra di noi; avevo l’impressione che, se Emma si fosse allontanata troppo, la corda si sarebbe spezzata, uccidendomi.Mi chiesi se quel dolore, strano e dolce, fosse amore.
Si, perchè nella trilogia di Riggs c’è spazio anche per i sentimenti e, anche in questo caso, significa confrontarsi con ostacoli, sensi di colpa, insicurezza e segreti del passato.
Una trama molto ricca, quindi, dagli innumerevoli spunti che, come si è detto, lasciano insoddisfatti quando poco approfonditi e un po’ perplessi di fronte alla scelta di sviluppare la storia in una trilogia; un romanzo che, senza dubbio, si adatta ad una trasposizione cinematografica che beneficia di effetti speciali e spirito d’avventura, lettura piacevole e scorrevole dalle mancanze e debolezze su cui non si può del tutto soprassedere: è intrattenimento, piacevole a tratti, ma poco più.
Di Debora Lambruschini
Di Debora Lambruschini