Le grandi questioni, i grandi maestri
di Giuseppe Sergi
Donzelli
2016
pp. 348
€ 28,00 (cartaceo)
Compito di quella ricerca che per rigore e per metodo si fregia dei crismi della 'scientificità' è mettere in luce i punti più oscuri, i passaggi più controversi, i nodi più ingarbugliati di uno specifico oggetto di indagine. Se poi questo oggetto ha già a che fare - più per pregiudizio secolare che per sua reale natura - con la dialettica luce/buio, i risultati di tale ricerca, laddove essi siano il frutto di acribia di studio e di onestà intellettuale, risaltano maggiormente. È il caso degli studi sul Medioevo, da sempre campo aperto di fraintendimenti, revisionismi, distorsioni interpretative, forzature ideologiche. A cominciare da quel battesimo lessicale e storiografico che colloca questo lungo arco temporale (buio, ça va sans dire) tra due presunte epoche di abbagliante splendore. Da questo punto di vista, il lavoro storiografico di Giuseppe Sergi, medievista tra i più illustri nell'attuale panorama accademico italiano, è stato sempre animato dalla volontà di scrostare la patina dei loci communes che si sono stratificati nel corso dei secoli dando vita a un immaginario collettivo ancora oggi dominato da un alone mitico e leggendario. È, questo, il Medioevo 'romantico' rivisitato alla luce dei nazionalismi e dell'ottocentesco concetto di patria, ovvero quello del revival letterario delle mode gotiche, al quale Sergi aveva già dedicato i suoi sforzi confutatori nell'agile ma indispensabile L'idea del Medioevo (2005) edito da Donzelli.
Ora, a più di dieci anni da quella pubblicazione, sempre per lo stesso editore vede la luce questo Soglie del Medioevo. Le grandi questioni, i grandi maestri che si presenta come una raccolta di contributi scritti tra il 1989 e il 2016 e caratterizzati dalla comune appartenenza alla categoria testuale della 'soglia'. Vale a dire, come chiarisce l'autore in sede introduttiva citando l'opera di Gérard Genette, da una "istanza prefativa" che li colloca in quella dimensione afferente al paratesto che "illustra, preannuncia, sottolinea, seleziona e disegna bilanci". Questi testi, dunque, si fermano proprio sulla soglia dell'opera a cui introducono, accompagnando con scienza e discrezione il lettore - non necessariamente un addetto ai lavori - verso la confutazione di quei luoghi comuni più radicati di cui si accennava.
'Di cosa parliamo quando parliamo di Medioevo', verrebbe dunque da dire citando il noto Carver. Di schemi mentali e formule riproposte pigramente dai principali manuali scolastici e accademici, si potrebbe rispondere. Nonostante i percorsi della ricerca fondata su criteri epistemologici vadano in tutt'altra direzione, evidenziando ad esempio come sia opportuno introdurre il concetto (quantomai contemporaneo!), di "rete" in luogo della consueta piramide feudale di marca carolingia; oppure quanto sia rilevante - anche in virtù dello scenario geopolitico e del dibattito attuale - presentare con maggiore insistenza la storia dell'Est europeo, coacervo di grandi popoli e tradizioni, di solito liquidata dai manuali con l'espressione "polveriera dei Balcani" affacciandosi per la prima volta sullo scenario dell'Europa occidocentrica.
Un vademecum completo, questo di Sergi, che ricostruisce con singoli tasselli un quadro generale del Medioevo ampio e articolato, non tralasciando di addentrarsi nelle questioni roventi della metodologia della ricerca storica. La suddivisione interna del volume in quattro parti rende infatti molto bene questa lungimiranza critica: 'Grandi temi' (dalla centralità della nozione di Europa alla dominazione normanna, da Carlo Magno alle abitudini alimentari, dal monachesimo ai poteri locali); 'Maestri', in cui si riconosce l'apporto di indiscusse autorità nel campo degli studi medievali (Pohl, Tabacco, Le Goff, Hobsbawn); 'Metodi', sezione specifica che riguarda in modo più stretto la lettura delle diverse fonti e le 'ricadute' didattiche di tali approcci; 'Luoghi', che affronta gli argomenti della 'quotidianità' del medioevo dalla prospettiva della storia locale (soprattutto piemontese e in generale della fascia subalpina). Le 'soglie' di questo libro di Giuseppe Sergi, oltre a scardinare stereotipi e pregiudizi sull'età medievale, abbattono dunque le distanze tra chi la ricerca la fa, seriamente e con passione, e chi la fruisce, nella speranza mai troppo vana di creare una comunità di lettori che guardi al Medioevo senza paraocchi, anzi con occhi nuovi e pieni d'amore e di fascino per questa materia. Obiettivo dichiarato in partenza, e centrato pienamente, possiamo dire.
Pietro Russo
'Di cosa parliamo quando parliamo di Medioevo', verrebbe dunque da dire citando il noto Carver. Di schemi mentali e formule riproposte pigramente dai principali manuali scolastici e accademici, si potrebbe rispondere. Nonostante i percorsi della ricerca fondata su criteri epistemologici vadano in tutt'altra direzione, evidenziando ad esempio come sia opportuno introdurre il concetto (quantomai contemporaneo!), di "rete" in luogo della consueta piramide feudale di marca carolingia; oppure quanto sia rilevante - anche in virtù dello scenario geopolitico e del dibattito attuale - presentare con maggiore insistenza la storia dell'Est europeo, coacervo di grandi popoli e tradizioni, di solito liquidata dai manuali con l'espressione "polveriera dei Balcani" affacciandosi per la prima volta sullo scenario dell'Europa occidocentrica.
Un vademecum completo, questo di Sergi, che ricostruisce con singoli tasselli un quadro generale del Medioevo ampio e articolato, non tralasciando di addentrarsi nelle questioni roventi della metodologia della ricerca storica. La suddivisione interna del volume in quattro parti rende infatti molto bene questa lungimiranza critica: 'Grandi temi' (dalla centralità della nozione di Europa alla dominazione normanna, da Carlo Magno alle abitudini alimentari, dal monachesimo ai poteri locali); 'Maestri', in cui si riconosce l'apporto di indiscusse autorità nel campo degli studi medievali (Pohl, Tabacco, Le Goff, Hobsbawn); 'Metodi', sezione specifica che riguarda in modo più stretto la lettura delle diverse fonti e le 'ricadute' didattiche di tali approcci; 'Luoghi', che affronta gli argomenti della 'quotidianità' del medioevo dalla prospettiva della storia locale (soprattutto piemontese e in generale della fascia subalpina). Le 'soglie' di questo libro di Giuseppe Sergi, oltre a scardinare stereotipi e pregiudizi sull'età medievale, abbattono dunque le distanze tra chi la ricerca la fa, seriamente e con passione, e chi la fruisce, nella speranza mai troppo vana di creare una comunità di lettori che guardi al Medioevo senza paraocchi, anzi con occhi nuovi e pieni d'amore e di fascino per questa materia. Obiettivo dichiarato in partenza, e centrato pienamente, possiamo dire.
Pietro Russo
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