The Whole Family
di William Dean Howells et al.
Edizioni The Echo Library, 2007 (1908)
pp. 139
€ 9
Cosa succede quando un romanzo è scritto a più mani? Partiamo dal presupposto che forse l'autore inteso come figura monolitica non sia mai esistito: (senza dover stare a scomodare Barthes) quanto meno, nel momento in cui ha scritto il suo testo, si sarà consultato con qualcuno, un amico o un parente, o più plausibilmente il suo editor, e il risultato finale è frutto di questi influssi. Tuttavia a questo livello non si può ancora parlare di vera e propria collaborazione. Quella si ottiene quando due o più autori si mettono a tavolino e iniziano un progetto di scrittura insieme. Vi sono varie modalità e formati, che spaziano da una continua scrittura e rilettura a quattro (o più) mani, al round-robin dove invece ci si passa letteralmente di mano in mano, capitolo dopo capitolo, il testo e non si ha la possibilità di modificare quanto scritto prima, ma si può solo proseguire il racconto. La figura di matrice romantica dell'autore-genio in questi casi traballa e ci troviamo invece ad avere a che fare con altre dinamiche, di potere e di perdita di controllo di quanto scritto.
Oggi inoltre l'evoluzione mediale ha reso possibili molti esperimenti di scrittura collettiva, che spaziano dalle piattaforme di scrittura collaborativa ai vari collettivi. Il panorama attuale è infatti estremamente ricco e variegato e in continua evoluzione, ma da dove ha origine il fenomeno? Guardando al nostro paese, i casi più degni di nota sono da trovarsi negli esperimenti dei Futuristi, nei Wu Ming, ma se ci volgiamo a guardare ancora un po' indietro e in un'altra direzione, troviamo casi interessanti di collaborative fiction già a partire dai primi decenni del XIX secolo, negli Stati Uniti. Mark Twain, per esempio, fu coinvolto insieme a Charles Dudley Warner nella stesura di un romanzo, The gilded Age, di impronta fortemente satirica. Si è trattata, questa, di una collaborazione a tutti gli effetti: sebbene i capitoli siano stati ripartiti tra i due autori, il romanzo è il risultato di una continua revisione reciproca, una consultazione costante per cercare di arrivare a un'opera organica.
Coevo è The Whole Family (1908), un romanzo scritto da dodici autori americani e pubblicato inizialmente su The Harper's Bazar, rivista femminile in voga all'epoca. L'idea iniziale venne a William Dean Howells che al tempo era uno degli scrittori più conosciuti negli States. Egli chiamo attorno a sé altri autori per coinvolgerli nel progetto: ci sarebbe dovuto essere anche Mark Twain che, però, rifiutò. Riuscì invece ad ottenere la collaborazione di altre voci importanti come quella di Alice Brown, Henry van Dyke (professore a Princeton) e, soprattutto, Henry James.
Il romanzo parla di una famiglia allargata, la famiglia Talbert, che si trova a dover gestire il fidanzamento di una delle figlie, Peggy. A livello di trama ci sono una serie di sviluppi più o meno scontati per il lettore moderno, ma sicuramente percepiti in modo diverso dal pubblico dell'epoca. Di fatto, il fidanzamento viene interrotto poichè si insinua che, in realtà, il promesso sposo di Peggy sia in realtà innamorato di una delle zie della ragazza. Il centro della storia ruota attorno alla gestione di questo scandalo, che viene ovviato semplicemente trovando un altro pretendente per Peggy e un marito per la zia.
Come si vede, i contenuti non sono eccezionali: sicuramente ci viene dato uno sguardo interessante sulla società americana del tempo, ma nulla di più. Due aspetti sono invece degni di nota. Il primo è il personaggio stesso della zia Elizabeth, uno dei meglio riusciti. Contrariamente allo stereotipo della vecchia zia zitella, Elizabeth è una donna attiva, sagace, intelligente ma soprattutto provocante, una femme fatale. Viene presentato un nuovo modello di donna in netto contrasto con la tradizione dell'epoca, che aprirà la strada ai movimenti femministi.
Il secondo aspetto più interessante risiede invece nella forma del romanzo e nelle modalità di scrittura. Ogni capitolo infatti è stato scritto da uno dei dodici autori che ha preso parola per ognuno dei dodici personaggi: ciascun membro della famiglia è stato trattato da un autore diverso, che dopo aver ultimato la sua parte, passava parola allo scrittore successivo, senza avere alcun margine di correzione su quanto scritto prima, né di controllo su quanto scritto poi. Il risultato è un amalgama di stili diversi, di punti di vista diversi, tenuti insieme dalla materia trattata e da una fondamentale scelta diegetica: ogni personaggio prende parola in prima persona. La scelta del narratore omodiegetico infatti è un espediente per ovviare alla naturale complicazione che emerge nella lettura del romanzo. Pensate a dodici membri di una stessa famiglia che discutono, commentano e si esprimono riguardo le dinamiche interne della famiglia stessa. "What a mess!" commenterà una delle autrici, una volta concluso il progetto. Le voci sono infatti spesso discordi e non mancano incoerenze, ma forse queste incoerenze sono l'aspetto più interessante dell'opera conclusa ed espressione del particolare formato prescelto.
The Whole Family è un esperiento di scrittura collettiva che esplora "da dentro" le dinamiche familiari, realizzato in una modalità che se affascina e stupisce noi, abituati a condividere tutto sui social media, immaginate quanto possa aver stupito i lettori (e soprattutto le lettrici) dell'epoca.