Avevo ventidue anni quando, nel settembre del 2009, mi sono trasferita in Francia per otto mesi. Nel sud della Francia per la precisione, a Manosque, piccola cittadina della Provenza che diede i natali a Jean Giono e dove avrei insegnato lingua italiana in un liceo. Non era la prima volta che andavo lontana da casa, ma era la prima che partivo per stare dall’altra parte della cattedra. Il giorno che dall’aeroporto arrivai alla stazione di Marsiglia accadde qualcosa che credo non dimenticherò mai, una coincidenza fortunatissima. Aspettavo il pullman che mi avrebbe portata a Manosque, e nell’attesa leggevo L’età forte (1960) di Simone de Beauvoir (1908-1986). Non mi ero ancora avvicinata davvero al femminismo al tempo, non avevo neanche letto Il secondo sesso. Mi erano piaciute molto le Memorie di una ragazza perbene (1958) e avevo deciso di leggere anche il secondo capitolo di quella storia per me così intrigante. Mi ero appassionata alla vita di de Beauvoir, ancor più che al suo pensiero che mi risultava spesso complicato. La immaginavo bambina precoce durante la sua infanzia di ristrettezze, mi affascinavano i suoi sforzi per eccellere nell’adolescenza (solo anni dopo ho ritrovato una descrizione della fatica così parimenti bella, nella storia di Elena dell’Amica geniale di Ferrante). Mi incantava il racconto della sua spossatezza fisica quando da giovane faceva lunghissime camminate in montagna con solo una banana nello stomaco.
Il giorno del mio arrivo a Marsiglia, mentre stavo in cima alla grande scalinata che dà sulla città, all’uscita della stazione Saint Charles, lessi le pagine dell’Età forte in cui l’autrice arriva anche lei a Marsiglia per la prima volta, sta in cima alla stessa scalinata e dice tra sé e sé “Simone, a noi due ora”. Lei sarebbe andata a insegnare filosofia in una scuola della città, io italiano in un paese della provincia, ma poco importava: la prospettiva – a mio modo di vedere – era la stessa e la coincidenza mi fece felice e mi segnò. Anche io stavo vivendo la mia età forte, o meglio – dato che il titolo tradotto letteralmente dal francese sarebbe “la forza dell’età” – anche io mi accorgevo della forza dei miei anni. Non solo dell’energia famelica con cui andavo in cerca della diversità, ma anche della rassicurante consapevolezza di non essere più così piccola, di poter contare su me stessa e da lì ripartire ogni volta che lo desiderassi.
Ripensando a questo piccolo aneddoto, L’età forte di de Beauvoir è secondo me un libro magnifico da far trovare sotto l’albero, magari alla figlia non più adolescente o all'amico che si trasferisce altrove. E, in generale, tutti libri autobiografici di de Beauvoir sono a mio parere una lettura da consigliare: a questi la critica generalmente riconduce – dopo le Memorie e L’età forte – anche La forza delle cose (1963), Una morte dolcissima (1964) e A conti fatti (1972).
Serena Alessi
L’età forte
di Simone de Beauvoir
Einaudi, 2016
Traduzione di Bruno Fonzi
1^ edizione: 1961
pp. 544
€ 14,50