Avevo diciannove anni: moltissimi sogni nel cassetto - in quello non sono cambiata poi molto, nel tempo -, una certa ansia per il futuro che mi appariva così pieno di possibilità e spaventoso al tempo stesso, il cuore spezzato come dalla fine di quello che avevo sperato essere un grande amore, la presunzione dei giovani di sapere già tutto della vita quando invece, mi sarei resa conto anch'io di lì a poco, non sapevo proprio nulla, e va bene così. Le parole da La morte felice di A. Camus, copiate su ogni diario:
«Non rinunciare mai, Catherine. Hai tante cose dentro di te e la più nobile di tutte, il senso della felicità. Ma non aspettarti la vita da un uomo. Per questo tante donne s’ingannano. Aspettala da te stessa».
Aspettala da te stessa, la vita. E come sarebbe successo molte altre volte, è arrivato il libro giusto per me, per quel momento, ad accompagnare le parole di Camus e la confusione di pensieri che avevo in testa. Quel libro era Una stanza tutta per sè, il saggio di Virginia Woolf che da allora ho letto, sottolineato, riletto e risottolineato non so nemmeno più quante volte. Mia madre, che come sempre è lungimirante e a volte credo mi conosca perfino meglio di me stessa, ha capito che era il libro che stavo cercando, anzi no, quello di cui avevo bisogno. Per capire l'enorme privilegio di poter scegliere la propria strada, qualunque essa sia, indipendentemente dal sesso, coltivare le proprie passioni ovunque esse ci portino. Libera. Indipendente. Due parole da ripetere come un mantra. Da lì la rilettura di alcune delle mie scrittrici più amate, che ora mi apparivano in una luce nuova, grazie al saggio di Virginia: da Jane Austen a George Eliot, passando per Charlotte Bronte, Elizabeth Gaskell, ammiravo ancora di più il coraggio e l'intelligenza per essersi fatte strada in un mondo dominato dagli uomini. E, ancora, le intellettuali femministe, attraverso cui dare una forma a pensieri e sensazioni che mi portavo dentro da sempre: Simone de Beauvoir, Elaine Showalter, Erica Jong, Betty Friedan, Angela Davis.
Mi sembra come se, in fondo, sia partito tutto da lì, da quel libro regalato nel momento giusto, che mi ha aiutato a mettere ordine in quel caos di pensieri, lo stesso aiuto che, molti anni dopo e in circostanze diverse ho trovato nell'intenso discorso di Marina Keegan, Il contrario della solitudine.
Mi sembra come se, in fondo, sia partito tutto da lì, da quel libro regalato nel momento giusto, che mi ha aiutato a mettere ordine in quel caos di pensieri, lo stesso aiuto che, molti anni dopo e in circostanze diverse ho trovato nell'intenso discorso di Marina Keegan, Il contrario della solitudine.
Per dare parole a tutte quelle sensazioni, pensieri confusi, sogni di scrittura, imparando a riconoscere per la prima volta il desiderio di indipendenza e di fuga: una stanza tutta per me, dalla quale non ho ancora smesso di inventarmi la vita che sognavo.
Debora Lambruschini
Una stanza tutta per sé
Di Virginia Woolf
Newton & Compton Editori, 2004
Debora Lambruschini
Una stanza tutta per sé
Di Virginia Woolf
Newton & Compton Editori, 2004
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