Novelle - volume secondo
di Grazia Deledda
prefazione e cura di Giovanna Cerina
Nuoro, Ilisso, 1996
pp. 424
€ 11,00 (cartaceo)
€ 4,90 (ebook)
La bellissima illustrazione di Giuseppe Biasi, Messa di notte, sulla copertina del secondo volume delle Novelle di Grazia Deledda, presa da uno dei numeri del «Giornalino della Domenica» (1909), rapisce immediatamente il nostro sguardo, e ci accompagna nella lettura di questo libro, calandoci fin da subito nel clima intimo e raccolto che ispira questi racconti.
Il libro unisce le seguenti raccolte: La regina delle tenebre (Milano, Giacomo Agnelli, 1902); I giuochi della vita (Milano, Fratelli Treves, 1905); Amori Moderni (Roma, Enrico Voghera, 1907); Il nonno (Roma, Nuova Antologia, 1908). Come si vede dalle date riportate, le pubblicazioni coprono un arco di tempo equivalente circa a dieci anni, inserendosi nel periodo appena successivo al trasferimento a Roma, risalente al 1900.
A onor del vero, però, occorre dire che le novelle sono comparse autonomamente su diverse riviste in anni precedenti alla pubblicazione delle raccolte. Perciò il quadro cronologico si amplia ulteriormente, fino a coprire anche gli anni precedenti al trasferimento. È il caso per esempio di La regina delle tenebre, pubblicata, secondo quanto ci viene detto nella prefazione, nel 1892, oppure di Il sogno del pastore, del 1899. Le novelle che noi leggiamo in questa edizione Ilisso, in ogni caso, sono quelle delle raccolte che vennero date alle stampe nelle date sopra riportate tra parentesi e la Deledda certamente le rivide prima della stampa, in virtù di quella crescita e maturazione stilistica che accompagna la sua parabola creativa.
Il primo aspetto da sottolineare è che le quattro raccolte «presentano rilevanti differenze, tematiche, compositive e stilistiche. La prima ha un titolo di chiara marca feuilletonistica e meglio si collocherebbe nella fase che va dai Racconti sardi alle Tentazioni. Le altre tre, invece, rispecchiano nuove tendenze culturali nell'accostamento di continuo variato di temi e ambienti. Nell'insieme si ha una quadro composito che dà conto, anche per le disuguaglianze e la diversità degli esiti, di una fase di passaggio e di crescita.» (Prefazione, p. 7)
Sfogliando il volume si incontrano racconti lunghi, di ampio respiro, prefigurazione promettente dei futuri romanzi dalle trame intricate e avvincenti, e novelle brevissime, di poche pagine, in cui, nonostante restino sempre visibili in controluce le avvisaglie di un brillante futuro, la narrazione sembra fermarsi ad uno stadio quasi da abbozzo, senza mai spiccare davvero il volo.
Questa diversità di esiti, costituisce il vero motivo d'interesse della raccolta, che si presenta come una sorta di tappa del suo apprendistato letterario. Si nota la voglia di sperimentare e la volontà di applicare varie soluzioni stilistiche: i personaggi a cui dà voce di volta in volta sono diversi – uomini, donne, bambini, adulti, anziani – così come le sperimentazioni poetiche adottate sono sempre nuove. Spicca, ad esempio, il ricorso all'espediente narrativo del sogno, in Per la sua creatura, la cui rivelazione è posta in chiusura, come colpo di scena finale, oppure al monologo «con spunti di indiretto libero» (Prefazione, p. 12) di Pasqua.
Per quanto riguarda lo stratagemma onirico appena citato, la mente non può non far riferimento ad Elias Portolu, (pubblicato nel 1903, due anni prima della raccolta che contiene il racconto e recensito qui) in cui il sogno, però, era un «messaggio premonitore tipico di una mentalità magica, inserito come artifizio nel procedimento narrativo» (Prefazione, p. 16)
L'eterogeneità delle trame della raccolta – sempre diverse l'una dall'altra – e delle soluzioni stilistiche, è certamente la prova della vivacità intellettuale della Deledda, che, una volta introdottasi nel vivace ambiente culturale romano, non può che assorbirne gli influssi e le suggestioni. E allo stesso tempo, questa varietà non è indizio di un'assenza di una propria poetica, anzi. In più di un caso è possibile osservare la presenza di quelli che diventeranno i grandi temi deleddiani e che diverranno i temi ricorrenti della sua scrittura: a titolo esemplificativo possiamo citare i topoi della colpa, della giustizia, del delitto e del tormento interiore. Quest'ultimo tema, tra l'altro, viene elaborato in special modo in Per riflesso, in cui offre alla scrittrice sarda il pretesto per inserire nella narrazione il riferimento alla letteratura russa, in particolare a Dostoevskij. Come d'altronde è noto, diversi studiosi hanno messo in rapporto la scrittura deleddiana e quella dei grandi scrittori russi, soprattutto per quanto riguarda il rovello morale e l'inquietudine derivante da una giustizia che sta al di sopra delle nostre volontà, e questa novella ne risente in particolar modo.
Proprio Per riflesso ci dà l'opportunità di parlare dei titoli, per i quali va fatto un discorso a parte. Alcuni sono di stampo più didascalico, come Il nonno o Pasqua, dando un'indicazione riguardo un personaggio oppure all'ambientazione della novella, mentre altri mostrano un legame con il contenuto e con il significato profondo della novella. Nel caso specifico, Per riflesso fa riferimento al processo di identificazione che il personaggio sperimenta, riversando su di sé le volontà e le aspirazioni dei personaggi di Delitto e castigo, romanzo in cui viene esaltata la sublimazione della propria vita, per vivere la stessa come un'opera d'arte; altro caso emblematico è Mentre soffia il levante, in cui il vento, altro elemento ricorrente nella Deledda (si pensi anche solo al titolo del romanzo Il paese del vento) ha un potere quasi magico, di sublimare il paesaggio e le anime umane, tuttavia stranite dal soffio vitale della Natura.
La nostalgia, fortissima, e la malinconia che attraversano questo testo, pubblicato per la prima volta nel 1892, sembrano richiamare immediatamente la futura partenza di Grazia, in un afflato premonitore di strabiliante efficacia. Presente, seppur solo abbozzato, il futuro grande tema deleddiano della lontananza dall'isola sarda, presente lungo tutta la parabola deleddiana (si pensi, a titolo esemplificativo, al romanzo La Fuga in Egitto, del 1925 - recensito qui)
Lo stesso tema della nostalgia si presenta anche in Il nonno, in cui, dopo aver raccontato di come il popolo contadino trascorra le feste pasquali, si legge:
di Grazia Deledda
prefazione e cura di Giovanna Cerina
Nuoro, Ilisso, 1996
pp. 424
€ 11,00 (cartaceo)
€ 4,90 (ebook)
La bellissima illustrazione di Giuseppe Biasi, Messa di notte, sulla copertina del secondo volume delle Novelle di Grazia Deledda, presa da uno dei numeri del «Giornalino della Domenica» (1909), rapisce immediatamente il nostro sguardo, e ci accompagna nella lettura di questo libro, calandoci fin da subito nel clima intimo e raccolto che ispira questi racconti.
Il libro unisce le seguenti raccolte: La regina delle tenebre (Milano, Giacomo Agnelli, 1902); I giuochi della vita (Milano, Fratelli Treves, 1905); Amori Moderni (Roma, Enrico Voghera, 1907); Il nonno (Roma, Nuova Antologia, 1908). Come si vede dalle date riportate, le pubblicazioni coprono un arco di tempo equivalente circa a dieci anni, inserendosi nel periodo appena successivo al trasferimento a Roma, risalente al 1900.
A onor del vero, però, occorre dire che le novelle sono comparse autonomamente su diverse riviste in anni precedenti alla pubblicazione delle raccolte. Perciò il quadro cronologico si amplia ulteriormente, fino a coprire anche gli anni precedenti al trasferimento. È il caso per esempio di La regina delle tenebre, pubblicata, secondo quanto ci viene detto nella prefazione, nel 1892, oppure di Il sogno del pastore, del 1899. Le novelle che noi leggiamo in questa edizione Ilisso, in ogni caso, sono quelle delle raccolte che vennero date alle stampe nelle date sopra riportate tra parentesi e la Deledda certamente le rivide prima della stampa, in virtù di quella crescita e maturazione stilistica che accompagna la sua parabola creativa.
Vale la pena di sottolineare che la Deledda, nel momento in cui riprende le novelle apparse nei periodici per ripubblicarle in volume, ritorna sul testo apportandovi significative varianti, in uno sforzo di miglioramento stilistico e linguistico e di risistemazione della composizione narrativa, a conferma di un impegno artistico costante e di una progressiva evoluzione. (Giovanna Cerina nella Prefazione, p. 20)Una volta stabilito l'arco temporale in cui queste novelle si collocano, quindi, possiamo dire che i quattro volumetti si situano in un periodo di transizione geografica, in cui la nostra scrittrice è ormai sbarcata in maniera definitiva sul continente. Il trasferimento successivo al matrimonio – un cambiamento di enorme portata nella vita di Grazia Deledda – non può non lasciare qualche traccia nella scrittura e nell'elaborazione delle novelle: la maggior parte di esse sono ambientate in Sardegna, testimoniando l'attaccamento della scrittrice ai miti e allo spirito sardo, tuttavia non mancano dei tentativi di spostare la narrazione in territorio continentale, come accade in Novella sentimentale, Ozio e Cattive compagnie. Nonostante queste incursioni, il legame con la terra natìa si mantiene fortissimo e nei racconti ambientati nell'isola, non è solo la dovizia di particolari nella descrizione dell'ambiente a colpire il lettore, ma anche l'abilità con cui viene resa l'indole sarda e il folklore isolano:
Da noi, in Sardegna, più che il Natale si festeggia la Pasqua, e più che la pasqua la Pentecoste. Il popolo sardo è, per istinto, un popolo poeta, ma è un popolo molto povero. Per il contadino e per il pastore sardo il Natale rappresenta il colmo della miseria: anche la Pasqua non è allegra, ma in quel tempo si sa già se la raccolta sarà più o meno abbondante: lo strozzino farà più credito, la raccolta delle olive è finita, i campi offrono già, pietosamente,le loro erbe mangerecce. A Pentecoste, poi, l'orzo è quasi maturo e le greggie danno il loro maggior prodotto. […] Questa ed altre semplici funzioni pastorali assumono un vero carattere di festa: le famiglie del pastore, e del padrone delle greggie passano assieme la giornata, accomunate da uno stesso sentimento di gioia, e dal piacere sano che dà a tutte le anime primitive il contatto con la sacra natura. (p. 297)Procedendo nella lettura, sono molteplici gli aspetti che si prestano alla nostra attenzione, e altrettante le caratteristiche da esaminare. Molte di esse sono state messe in evidenza da Giovanna Cerina, autrice della ricca ed elaborata prefazione che accompagna il volume, in cui, leggendo il volume, mi sono ritrovata, condividendone pienamente le affermazioni e ritrovando in essa molti dei punti chiave che saltano all'occhio durante la lettura.
Il primo aspetto da sottolineare è che le quattro raccolte «presentano rilevanti differenze, tematiche, compositive e stilistiche. La prima ha un titolo di chiara marca feuilletonistica e meglio si collocherebbe nella fase che va dai Racconti sardi alle Tentazioni. Le altre tre, invece, rispecchiano nuove tendenze culturali nell'accostamento di continuo variato di temi e ambienti. Nell'insieme si ha una quadro composito che dà conto, anche per le disuguaglianze e la diversità degli esiti, di una fase di passaggio e di crescita.» (Prefazione, p. 7)
Sfogliando il volume si incontrano racconti lunghi, di ampio respiro, prefigurazione promettente dei futuri romanzi dalle trame intricate e avvincenti, e novelle brevissime, di poche pagine, in cui, nonostante restino sempre visibili in controluce le avvisaglie di un brillante futuro, la narrazione sembra fermarsi ad uno stadio quasi da abbozzo, senza mai spiccare davvero il volo.
Questa diversità di esiti, costituisce il vero motivo d'interesse della raccolta, che si presenta come una sorta di tappa del suo apprendistato letterario. Si nota la voglia di sperimentare e la volontà di applicare varie soluzioni stilistiche: i personaggi a cui dà voce di volta in volta sono diversi – uomini, donne, bambini, adulti, anziani – così come le sperimentazioni poetiche adottate sono sempre nuove. Spicca, ad esempio, il ricorso all'espediente narrativo del sogno, in Per la sua creatura, la cui rivelazione è posta in chiusura, come colpo di scena finale, oppure al monologo «con spunti di indiretto libero» (Prefazione, p. 12) di Pasqua.
Per quanto riguarda lo stratagemma onirico appena citato, la mente non può non far riferimento ad Elias Portolu, (pubblicato nel 1903, due anni prima della raccolta che contiene il racconto e recensito qui) in cui il sogno, però, era un «messaggio premonitore tipico di una mentalità magica, inserito come artifizio nel procedimento narrativo» (Prefazione, p. 16)
L'eterogeneità delle trame della raccolta – sempre diverse l'una dall'altra – e delle soluzioni stilistiche, è certamente la prova della vivacità intellettuale della Deledda, che, una volta introdottasi nel vivace ambiente culturale romano, non può che assorbirne gli influssi e le suggestioni. E allo stesso tempo, questa varietà non è indizio di un'assenza di una propria poetica, anzi. In più di un caso è possibile osservare la presenza di quelli che diventeranno i grandi temi deleddiani e che diverranno i temi ricorrenti della sua scrittura: a titolo esemplificativo possiamo citare i topoi della colpa, della giustizia, del delitto e del tormento interiore. Quest'ultimo tema, tra l'altro, viene elaborato in special modo in Per riflesso, in cui offre alla scrittrice sarda il pretesto per inserire nella narrazione il riferimento alla letteratura russa, in particolare a Dostoevskij. Come d'altronde è noto, diversi studiosi hanno messo in rapporto la scrittura deleddiana e quella dei grandi scrittori russi, soprattutto per quanto riguarda il rovello morale e l'inquietudine derivante da una giustizia che sta al di sopra delle nostre volontà, e questa novella ne risente in particolar modo.
Proprio Per riflesso ci dà l'opportunità di parlare dei titoli, per i quali va fatto un discorso a parte. Alcuni sono di stampo più didascalico, come Il nonno o Pasqua, dando un'indicazione riguardo un personaggio oppure all'ambientazione della novella, mentre altri mostrano un legame con il contenuto e con il significato profondo della novella. Nel caso specifico, Per riflesso fa riferimento al processo di identificazione che il personaggio sperimenta, riversando su di sé le volontà e le aspirazioni dei personaggi di Delitto e castigo, romanzo in cui viene esaltata la sublimazione della propria vita, per vivere la stessa come un'opera d'arte; altro caso emblematico è Mentre soffia il levante, in cui il vento, altro elemento ricorrente nella Deledda (si pensi anche solo al titolo del romanzo Il paese del vento) ha un potere quasi magico, di sublimare il paesaggio e le anime umane, tuttavia stranite dal soffio vitale della Natura.
Spirava anzi un vento di levante che portava il lontano e snervante tepore del deserto e come un umido odore di mare. Pareva che di là dalle montagne, sulle cui chine verdeggiava la fredda erba d'inverno, e di là dalle montagne, e di là dalla valle, ove i mandorli troppo precocemente fioriti si scuotevano, gettando quasi con dispetto al vento i petali bianchi come falde di neve, ardesse un gran fuoco, del quale non si scorgessero le fiamme, ma arrivasse il calore. […] l gente, resa un po' strana dal levante, girava per le strade e per le case, ideando come riunirsi per festeggiare il Natale. (p. 249)Per quanto riguarda gli incipit, colpisce la loro diversità: descrizioni paesaggistiche di forte impatto emotivo – anche questa caratteristica sarà una costante della Deledda matura – si alternano ad attacchi bruschi, sentenziosi, con cui la vicenda prende il via dalle prima righe. Si prenda ad esempio l'inizio di Il bambino smarrito:
Un signore, matteo Morys, aveva deciso suicidarsi in un boschetto vicino alla città. (p. 31)Altrettanto interessanti sono i riferimenti all'arte e alla metafora artistico-letteraria della vita. Abbiamo già parlato di Per riflesso, in cui il riferimento a Delitto e Castigo costituisce il pretesto e l'ossatura della narrazione, ma oltre a questa, anche la novella La regina delle tenebre, che apre il volume e dà il titolo alla raccolta che la comprende, è esemplare in tal senso. In essa, una giovane ragazza destinata al matrimonio cade in crisi esistenziale, una specie di tranche, causata dalla prossima partenza, che minaccia di condurla alla follia.
La nostalgia, fortissima, e la malinconia che attraversano questo testo, pubblicato per la prima volta nel 1892, sembrano richiamare immediatamente la futura partenza di Grazia, in un afflato premonitore di strabiliante efficacia. Presente, seppur solo abbozzato, il futuro grande tema deleddiano della lontananza dall'isola sarda, presente lungo tutta la parabola deleddiana (si pensi, a titolo esemplificativo, al romanzo La Fuga in Egitto, del 1925 - recensito qui)
Lo stesso tema della nostalgia si presenta anche in Il nonno, in cui, dopo aver raccontato di come il popolo contadino trascorra le feste pasquali, si legge:
Io ricordo sempre con nostalgia queste feste semplici e caratteristiche, queste scene idilliache alle quali mi pare d'aver assistito in un'epoca remota, quasi in una vita anteriore, tanto sono lontane, tanto sono diverse dalle feste e dalle scene campestri che ci offre la civilità continentale. Quante di queste scene ho raccontato! Me ne rimangono sempre in fondo alla mia memoria, come qualche canzone non ancora cantata rimane in fondo alla memoria del rapsodo errante (p. 297)Forse perché inviata a «La Riviera Ligure», la scrittrice sembra sentire la necessità di inserire questo pezzo fortemente didascalico: «È la scrittrice stessa, in forma di narratrice testimone, che ci presenta la storia e soprattutto l'ambiente, la Sardegna, celebrata nella sua diversità arcaica, nei suoi costumi particolari» (Prefazione, p. 20)
In ogni caso, in La regina delle tenebre, significativamente, è solo la consacrazione della propria vita all'arte che salva la ragazza dalla follia:
Essa assume importanza perché testimonia un periodo di transizione, quello dalla fase iniziale di esercizio poetico a quella in cui si cominciano a delineare i primi tratti di una fisionomia poetica più definita. Temi ricorrenti, scrittura, immagini, miti e tradizioni sarde: tutto ciò che apparterrà alla Deledda matura e che consegnerà la sua figura al Nobel, parte qui, da queste prime novelle.
- Domani comincierò a lavorare, e il mio lavoro sarà come l'opera di quei lavoratori che incendiano la montagna, illuminando la notte e fecondando la terra. Descriverò questa notte, poi scriverò la storia della mia anima, tornerò al mondo, alla vita, all'amore; e il mondo, la vita, l'amore, ed il mio io, vivranno nell'opera mia. E nulla più ci distruggerà. (p. 30)Questa novella, come già detto, posta in apertura, assume così un valore programmatico di grande importanza. Proprio in queste parole è racchiusa tutta la verità di una scelta, tutta la verità di una passione, e l'intera raccolta testimonia proprio questo: la potenza di un'iniziazione poetica.
Essa assume importanza perché testimonia un periodo di transizione, quello dalla fase iniziale di esercizio poetico a quella in cui si cominciano a delineare i primi tratti di una fisionomia poetica più definita. Temi ricorrenti, scrittura, immagini, miti e tradizioni sarde: tutto ciò che apparterrà alla Deledda matura e che consegnerà la sua figura al Nobel, parte qui, da queste prime novelle.
Valentina Zinnà
Social Network