Dopo la recensione al libro Franco Battiato. La cura - 27 canzoni commentate, 1971-2015, edito lo scorso anno da Fabio D'Ambrosio, pubblichiamo l'intervista agli autori del volume, Paolo Jachia e Alice Pareyson, a cui va il nostro ringraziamento. Grazie anche all'editore per la collaborazione.
Il volume si presenta con l'intento di applicare gli strumenti dell'analisi letteraria, il commento e la parafrasi, alla canzone. Come nasce quest'idea e perché la scelta è ricaduta proprio su Franco Battiato?
Perché l’analisi letteraria permette di scoprire i mondi straordinari della canzone partendo dalla convinzione che la canzone è letteratura. L'idea dell'analisi letteraria applicata alla canzone è un progetto che Jachia, D’Ambrosio e Pareyson hanno particolarmente a cuore. Paolo Jachia è professore di semiotica delle arti e della letteratura ed è critico della canzone d’autore italiana, Alice Pareyson è studentessa a Lingue e Letterature Straniere e si interessa di letteratura inglese e russa e in particolare di avanguardie di inizio Novecento. Fabio D’Ambrosio è interessato ai nuovi linguaggi, vale a dire a sperimentazioni linguistiche e contenutistiche con finalità sociale e al loro ruolo nei fenomeni culturali di massa.
L’attenzione alla canzone (come al cinema) è, nello sviluppo dell’attuale società che possiamo definire dell’immagine, della parola e del suono, indispensabile: in particolare la canzone è l’ambito dove poter cercare e trovare validi approfondimenti letterari calati nell’immaginario collettivo. Il problema vero è la cultura critica italiana che è rimasta crociana, consolatoria e mercificata e non lascia spazio all’intelligenza della compenetrazione e del dialogo delle arti. Molta parte dei critici è, inoltre, sottomessa a qualsiasi forma di potere e non al coraggio e all’indipendenza della riflessione. È l’opposizione al volgare a definire ciò che non si può/non si vuole capire, perché va necessariamente a intaccare la classicità delle opere sedimentate e consolidate, in definitiva massificate. L’ambito classico diventa quindi, paradossalmente, la legittimazione della sottocultura del consumo di massa. La canzone (non tutta naturalmente, quella d’eccellenza cui ci rivolgiamo) è in molti casi arte e arte letteraria. E meno male che abbiamo i Nobel a Fo e a Dylan che dovrebbero aiutare a svegliare dal torpore i critici italioti e non solo. Almeno perché, dopo i Nobel, qualcosa hanno dovuto pur scrivere, no? Eppure la massima parte degli interventi non ha ribadito cose che a noi paiono scontate come il fatto che, se vogliamo spiegare Desolation Row del Nobel Bob Dylan, dobbiamo dire che è “uguale” alla Terra desolata di Eliot più l'industria discografica e i mezzi di comunicazione di massa. E questa consapevolezza vale anche, ad esempio e per venire a noi, per comprendere un capolavoro dell’avanguardia artistica contemporanea quale L’ombrello e la macchina da cucire di Battiato e Sgalambro, musicisti e cantori, filosofi e teologi, massimi interpreti dell’oggi e, ne siamo certi, anche del domani. Parlare di canzone (e in particolare di Battiato) vuol dire partire dai lieder che portarono le genti tedesche dei villaggi a cantare testi di Goethe, dagli chansonnier francesi, da Brecht e dall’Opera da tre soldi per arrivare a Strehler e al Teatro-Canzone... Pochi ricordano, ma è solo un inciso per dare prospettiva e profondità a questi veloci appunti, che Battiato (con Giusto Pio) è l’unico musicista contemporaneo ad avere “messo le mani” sulle musiche di quello che il Nobel Dario Fo definiva (se non fosse prematuramente morto) il nostro prossimo premio Nobel...
Insomma quello che sosteniamo è che le canzoni d’arte (le canzoni dei cosiddetti cantautori storici) nel Secondo Novecento hanno modificato la percezione di cos’è l’arte e di quale sia il suo rapporto con la società. Dobbiamo così cercare di comprendere la specificità artistica di questo fenomeno e la sua storicità in un percorso di analisi del nuovo. L’analisi letteraria è lo strumento metodologico che legittima, fin dalle premesse, tale percorso. Battiato (specialmente nel suo incontro con un gigante quale Sgalambro) è il tetto perfetto di questo edificio, un ottimo anello di congiunzione tra canzone e letteratura perché la sua ricerca attraverso la canzone prosegue le tensioni più alte e più significative delle avanguardie novecentesche. Perché parlando di Battiato dobbiamo affrontare Joyce, Eliot, Hemingway, Leopardi, Dante, D’Annunzio, Tristan Tzara, Paganini, Schopenhauer, Kant, Guénon, Gurdjieff, Cobden Sanderson, Virginia Woolf, Lama Tibetani, Nietzsche, testi biblici, Veda, Upanishad, Freud, Edith Stein, Gesualdo da Venosa, Charlie ‘bird’ Parker, Seneca, Socrate, Mircea Eliade, Ockham, Lessing, Tommaso D’Aquino, Verlaine, Gibbon, James Hart, Spengler, Bondie Dietaiuti, Catullo, Buzzati, Plotino, Giordano Bruno e altri ancora...
Quali sono state le difficoltà maggiori che avete dovuto affrontare nell'analizzare un corpus tanto complesso e stratificato?
Partiamo dall’idea che Paolo Jachia ha già a corredo tutta la bibliografia di Sgalambro unitamente ad un’approfondita conoscenza dei testi degli autori che abbiamo citato prima. Aggiungiamo la realizzazione di una ventina di volumi di critica di Jachia sulla canzone d’autore e di critica letteraria in più di 25 anni di militanza sull’argomento. Le difficoltà a questo punto sono state le logiche conseguenze dell’applicazione dell’analisi letteraria e quindi il lavoro di costanza ed approfondimento paziente per ricostruire il mosaico e riconoscere i messaggi cifrati celati cercando di ridurre il più possibile le interpretazioni personali. E qui tutta l’importanza dell’entusiasmo e della freschezza dell’intelligenza “nuova” di Alice Pareyson e del rigore avanguardistico di D’Ambrosio e della sua casa editrice.
L’attenzione alla canzone (come al cinema) è, nello sviluppo dell’attuale società che possiamo definire dell’immagine, della parola e del suono, indispensabile: in particolare la canzone è l’ambito dove poter cercare e trovare validi approfondimenti letterari calati nell’immaginario collettivo. Il problema vero è la cultura critica italiana che è rimasta crociana, consolatoria e mercificata e non lascia spazio all’intelligenza della compenetrazione e del dialogo delle arti. Molta parte dei critici è, inoltre, sottomessa a qualsiasi forma di potere e non al coraggio e all’indipendenza della riflessione. È l’opposizione al volgare a definire ciò che non si può/non si vuole capire, perché va necessariamente a intaccare la classicità delle opere sedimentate e consolidate, in definitiva massificate. L’ambito classico diventa quindi, paradossalmente, la legittimazione della sottocultura del consumo di massa. La canzone (non tutta naturalmente, quella d’eccellenza cui ci rivolgiamo) è in molti casi arte e arte letteraria. E meno male che abbiamo i Nobel a Fo e a Dylan che dovrebbero aiutare a svegliare dal torpore i critici italioti e non solo. Almeno perché, dopo i Nobel, qualcosa hanno dovuto pur scrivere, no? Eppure la massima parte degli interventi non ha ribadito cose che a noi paiono scontate come il fatto che, se vogliamo spiegare Desolation Row del Nobel Bob Dylan, dobbiamo dire che è “uguale” alla Terra desolata di Eliot più l'industria discografica e i mezzi di comunicazione di massa. E questa consapevolezza vale anche, ad esempio e per venire a noi, per comprendere un capolavoro dell’avanguardia artistica contemporanea quale L’ombrello e la macchina da cucire di Battiato e Sgalambro, musicisti e cantori, filosofi e teologi, massimi interpreti dell’oggi e, ne siamo certi, anche del domani. Parlare di canzone (e in particolare di Battiato) vuol dire partire dai lieder che portarono le genti tedesche dei villaggi a cantare testi di Goethe, dagli chansonnier francesi, da Brecht e dall’Opera da tre soldi per arrivare a Strehler e al Teatro-Canzone... Pochi ricordano, ma è solo un inciso per dare prospettiva e profondità a questi veloci appunti, che Battiato (con Giusto Pio) è l’unico musicista contemporaneo ad avere “messo le mani” sulle musiche di quello che il Nobel Dario Fo definiva (se non fosse prematuramente morto) il nostro prossimo premio Nobel...
Insomma quello che sosteniamo è che le canzoni d’arte (le canzoni dei cosiddetti cantautori storici) nel Secondo Novecento hanno modificato la percezione di cos’è l’arte e di quale sia il suo rapporto con la società. Dobbiamo così cercare di comprendere la specificità artistica di questo fenomeno e la sua storicità in un percorso di analisi del nuovo. L’analisi letteraria è lo strumento metodologico che legittima, fin dalle premesse, tale percorso. Battiato (specialmente nel suo incontro con un gigante quale Sgalambro) è il tetto perfetto di questo edificio, un ottimo anello di congiunzione tra canzone e letteratura perché la sua ricerca attraverso la canzone prosegue le tensioni più alte e più significative delle avanguardie novecentesche. Perché parlando di Battiato dobbiamo affrontare Joyce, Eliot, Hemingway, Leopardi, Dante, D’Annunzio, Tristan Tzara, Paganini, Schopenhauer, Kant, Guénon, Gurdjieff, Cobden Sanderson, Virginia Woolf, Lama Tibetani, Nietzsche, testi biblici, Veda, Upanishad, Freud, Edith Stein, Gesualdo da Venosa, Charlie ‘bird’ Parker, Seneca, Socrate, Mircea Eliade, Ockham, Lessing, Tommaso D’Aquino, Verlaine, Gibbon, James Hart, Spengler, Bondie Dietaiuti, Catullo, Buzzati, Plotino, Giordano Bruno e altri ancora...
Quali sono state le difficoltà maggiori che avete dovuto affrontare nell'analizzare un corpus tanto complesso e stratificato?
Partiamo dall’idea che Paolo Jachia ha già a corredo tutta la bibliografia di Sgalambro unitamente ad un’approfondita conoscenza dei testi degli autori che abbiamo citato prima. Aggiungiamo la realizzazione di una ventina di volumi di critica di Jachia sulla canzone d’autore e di critica letteraria in più di 25 anni di militanza sull’argomento. Le difficoltà a questo punto sono state le logiche conseguenze dell’applicazione dell’analisi letteraria e quindi il lavoro di costanza ed approfondimento paziente per ricostruire il mosaico e riconoscere i messaggi cifrati celati cercando di ridurre il più possibile le interpretazioni personali. E qui tutta l’importanza dell’entusiasmo e della freschezza dell’intelligenza “nuova” di Alice Pareyson e del rigore avanguardistico di D’Ambrosio e della sua casa editrice.
Alla luce di quanto portato a termine con quest'opera, dal punto di vista strettamente poetico, metrico e retorico, come si presentano le canzoni di Franco Battiato? È possibile valutarle da questo punto di vista?
Battiato stesso dice che non apprezza la rima, e nel corpus troviamo soltanto degli esempi saltuari (più frequente l’assonanza o la rima “libera”). Aggiungiamo che sempre per Battiato “il luogo comune è come un dolore”. Fatte queste due brevi premesse, è chiaro che qualunque approccio tradizionalmente metrico nella discografia di Battiato viene costantemente superato e sublimato a un più alto livello. Ove c’è metrica è perché in quello specifico contesto ha un preciso senso. Che vuol dire, talvolta, che anche il non avere alcun senso ha un senso.
Inoltre Battiato, non bisognerebbe dimenticarlo mai, non è un poeta o un regista o un cantautore ma un compositore, e questo termine va preso in senso lato e vale per le sue canzoni, per i suoi film, persino per i suoi quadri. Battiato è uno che compone, artigiano e avanguardista, e che mantiene la traccia artistica del collage. Il senso della sua opera nasce dal conflitto e dal contrasto. La rima armonizza. Non è questo l’intento complessivo di Battiato che vuole rimanere avanguardisticamente urticante. Che poi la sua arte ottenga un’adesione entusiastica (o non lo ottenga! come nel caso dei film) non cambia l’intento complessivo. Battiato è avanguardia di massa, un grande compositore dell’arte contemporanea nel tempo dei mass media. E il tipo di lavoro artistico che egli propone in tutta la sua attività (dalle canzoni ai film) lo potremmo definire “a mosaico”. Il tutto è più della somma delle sue parti... e quindi tutti gli elementi, le parole scelte, da Joyce, o da Hemingway, o da Baudelaire, o le immagini filtrate da realtà diverse e “mondi lontanissimi”, o i suoni e le melodie (quanti “spezzati” nelle opere di Battiato!), stanno lì in armonica disarmonia tra loro, unanimi e partecipi di un'unità superiore, come le tessere di un puzzle da rimettere insieme.
L'idea che vi proponete è quella di completare il lavoro, portando a termine l'analisi di tutte le canzoni: a che punto è il lavoro?
Il lavoro è pensato appunto come work in progress. Il portale battiatolacura.it presenta già ora un’ulteriore trentina di testi extralibro, a cui se ne aggiungeranno man mano altri, sempre in coerenza con il nostro codice che ormai è consolidato e stratificato: testo a fronte, commento, note in ipertesto. E l'audio di ogni canzone. Il destinatario è un lettore-ascoltatore.
Avete avuto l'occasione di far conoscere il vostro lavoro a Franco Battiato, oppure ne avete l'intenzione?
Abbiamo fatto avere alla Universal (la casa discografica di Battiato) la copia zero prima di andare in stampa. Il lavoro di analisi è un lavoro di critica che non è pensato necessariamente in scambio diretto con l’autore a cui esso si riferisce. Ciò detto, tutto il nostro lavoro è stato facilitato dalla passione che nutriamo per Battiato. Con l’aggiunta di un’ulteriore trentina di commenti (oltre quelli del volume) su battiatolacura.it pensiamo di chiedere un incontro a Franco che aveva apprezzato un precedente lavoro di Jachia a lui dedicato.
Il libro illustra molto bene i numerosi riferimenti filosofici, religiosi e letterari presenti all'interno delle canzoni: ampliando lo spettro d'indagine oltre le ventisette canzoni esaminate nel libro, tutto ciò che valore ha all'interno dell'universo Battiato, visto nel suo complesso, al di là delle singole canzoni?
Il lavoro del libro è frutto di una selezione e scrematura molto serrata finalizzata all’analisi delle varie fasi dell’opera di Battiato, secondo una scansione (che ha un valore ricostruttivo e vale a fini pratici e mnemonici) in periodo leggero, avanguardistico, sperimentale, mistico, sgalambriano. Battiato è comunque rimasto Battiato, nel senso di un rapporto metafisico con l’esistenza, e la sua opera è attraversata da una tensione mistica costante. Negli ultimi anni, poi, si è accentuata la curvatura buddhistica. Ecco perché, oltre le 27 canzoni oggetto della pubblicazione, il progetto online battiatolacura.it, affronta tutta la produzione musicale di Battiato attraverso una scelta assai più ricca così da approfondire ulteriormente l’universo Battiato. Non escludiamo anche di affrontare quadri e film. Anzi sollecitiamo in tal senso contributi di lettori che volessero divenire “autori partecipi”.
Dopo un'opera di analisi così attenta e curata, si possono dichiarare, almeno provvisoriamente, dal momento che il lavoro è in ancora in fieri, quali sono i punti di forza della scrittura di Battiato? Insomma, dal punto di vista testuale, cosa rende i suoi testi così eccezionali?
Quello che dice e come lo dice. La sua continua ricerca di contenuti da vari testi di riferimento, in forme significanti che si fanno veicolo privilegiato per i significati. E Battiato con Sgalambro ha creato delle canzoni in cui si sono incontrate e sovrapposte due ricerche stratificate e complementari. Il punto di unità tra i due è stato artistico e non dogmatico. Il valore dell’enciclopedia culturale di Battiato, in cui è sempre presente la tensione mistica, teologica, filosofica, è di essere viva e aperta al dialogo. I testi di Battiato entrano nella vita di tutti i giorni perché parlano della realtà, e la rendono oggetto poetico. Ma non solo. Infatti anche il quotidiano entra nell’immaginario collettivo proprio grazie al fatto che i testi di Battiato hanno portato in canzone temi “veri” quali suicidio, vita, morte, corruzione, rapporti interpersonali, reincarnazione, tensioni religiose, grandezza artistica, decadenza, morale, storia, amicizia… E non la solita e ossessiva vicenda amorosa. Che poi Battiato (con Sgalambro) abbia scritto la più grande canzone d’amore contemporanea (La cura) non è naturalmente un caso. Come non è un caso aver richiamato, fin dal titolo del nostro libro, la centralità di questo concetto d’amore, quotidiano e metafisico a un tempo.
Esistono altri autori i cui testi potrebbero prestarsi a un simile lavoro di analisi?
Sì, certamente. Come abbiamo già detto, siamo interessati all’evoluzione del linguaggio della canzone d’autore perché è la letteratura che oggi entra di più nell’immaginario collettivo e cambia la percezione dell’arte e della società. Indicativamente possiamo rimandare a un lavoro di Jachia La canzone d’autore italiana che dietro un titolo equivoco, mostra invece con chiarezza l’orizzonte nel quale ci muoviamo... Fo, Gaber, Jannacci, Conte, Modugno, Battisti, De Andrè... Insomma il lavoro di analisi testuale su Battiato è il tetto di un edificio che intendiamo “arredare” con ulteriori analisi testuali di canzoni che dovranno essere realizzate per raccontare e capire come è cambiata l’Italia e come siamo cambiati noi dentro questa Povera patria.
Intervista a cura di Valentina Zinnà