Speciale #paginedigrazia: Doppio anniversario, tripla biografia: Ciusa, Marrocu e Dedola ricostruiscono la vita di Grazia Deledda

Grazia Deledda.
Una vita per il Nobel
di Maria Elvira Ciusa
Carlo Delfino Editore, 2016

pp. 207
20,00 euro


Deledda.
Una vita come un romanzo
di Luciano Marrocu
Donzelli, 2016

pp. 128
19,50 euro




Grazia Deledda.
I luoghi, gli amori, le opere
di Rossana Dedola
Avagliano, 2016

pp. 396
22,00 euro





Il duplice anniversario deleddiano del 2016 – ottanta anni dalla morte, novanta dall’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura – ha coinciso con un vero e proprio boom di celebrazioni in onore della scrittrice sarda, specialmente nella sua città e isola natale: convegni, mostre, giornate di studio dedicate, iniziative con le scuole di ogni ordine e grado... nonché, tra le altre cose, una rubrica come #paginedigrazia, presente su questo sito a cadenza settimanale, e poi bisettimanale, dallo scorso mese di settembre. In perfetta sintonia e sincronia con un rinnovato interesse squisitamente popolare di fatto quasi assente negli ultimi decenni, nell’anno appena passato sono state pubblicate anche tre nuove biografie dell’autrice nuorese; e di tutte, è il caso di dichiararlo subito, si avvertiva in un certo senso la necessità, dal momento che dal 2006 nulla di altrettanto specifico era più stato dato alle stampe dopo il volume Come la nube sopra il mare. Vita di Grazia Deledda (Nemapress Editrice), a firma di Neria De Giovanni. Esclusa dunque la lettura della prose saggistiche di provenienza accademica, così come quella diretta dei carteggi – fondamentale, tra gli altri, quello con Angelo De Gubernatis, curato da Roberta Masini e pubblicato da CUEC nel 2008 – al lettore comune che avesse voluto documentarsi con maggiore precisione sulle vicissitudini riguardanti la vita di Grazia Deledda non si offrivano poi molte alternative alle solite note biografiche in volume, inserite a discrezione degli editori che negli anni hanno incluso nei rispettivi cataloghi i titoli dell’autrice. Uno spaccato più privato era stato offerto, per esempio, nel 2002 da Sandra Petrignani, che all’interno del suo La scrittrice abita qui (Neri Pozza) aveva tratteggiato con cura amorevole anche i vari contesti domestici nei quali la Deledda si era trovata di volta in volta a risiedere o villeggiare. Troppo poco, in ogni caso, per chi a oggi andasse alla ricerca di una narrazione lineare, cronologica, dell’esistenza della barbaricina più illustre. È dunque proprio per questo motivo che a Maria Elvira Ciusa, Luciano Marrocu e Rossana Dedola va riconosciuto il merito di avere contribuito a continuare a colmare quella che può essere definita come una lacuna. I tre testi – rispettivamente Grazia Deledda. Una vita per il NobelDeledda. Una vita come un romanzo e Grazia Deledda. I luoghi, gli amori, le opere – sono tuttavia profondamente differenti e per certi aspetti complementari, e come spesso accade nella letteratura biografica finiscono con il rivelare qualcosa anche dei rispettivi autori.




Fin dalla dedica iniziale alla memoria dei suoi genitori, e anche in base a ciò che si legge nella Premessa dell’autrice, il libro di Maria Elvira Ciusa tradisce una forte componente soggettiva, che trova anche la sua resa grafica nella pubblicazione – proprio in apertura di volume – di una foto della stessa Ciusa di fianco a Grazia Madesani Deledda; uno scatto in bianco e nero opera di Franz, uno dei figli della scrittrice, in cui le due fanciulle posano con indosso gli abiti tradizionali di Nuoro e di Oliena. Il legame affettivo e personale con gli eredi, oltre che l’interesse di lunga data nei confronti di colei che nel 1926 sarà insignita del più prestigioso riconoscimento per la letteratura, sono così alla base del lavoro della saggista, storica dell’arte e pubblicista, che con andamento cronologico racconta il percorso biografico e artistico di Grazia da La “piccola casa rosa” degli anni nuoresi fino a Gli ultimi anni nella casa di via Porto Maurizio, a Roma. Gli snodi principali ci sono tutti, ma nell’articolazione dei capitoli (sette in tutto, in poco più di duecento pagine) non mancano approfondimenti specifici, quali il rapporto con Eleonora Duse – che porterà sullo schermo il capolavoro Cenere – e il peculiarissimo legame della Deledda con la città balneare che ancora prima di quella sua natale le avrebbe dedicato un monumento alla memoria: Cervia: una stanza tutta per sé. La vicenda biografica e quella artistica della più celebre donna barbaricina vanno, come è facile intuire, di pari passo, in un percorso ascensionale che – come ben esplicita il sottotitolo: Una vita per il Nobel – appare mirato fin dagli esordi al raggiungimento delle più alte vette. Un’intenzione, questa, che in un volume che intervalla i brani di prosa con materiale fotografico d’epoca spesso inedito (riproduzioni in bianco e nero di manoscritti, cartoline, dipinti, illustrazioni da riviste del tempo), risulta palese fin dall’immagine di copertina, che nella preferenza per un ritratto della scrittrice nel suo studio romano alla fine degli anni Venti vuole evidentemente proporne il profilo più maturo e autorevole, di gloria nazionale degna di menzione e di memoria.



Il testo di Luciano Marrocu si propone invece quasi come una prosecuzione ideale di Cosima, l’autobiografia romanzata della Deledda pubblicata postuma, tant’è vero che il suo incipit coincide con la situazione descritta nelle pagine finali dell’autografo del 1936: si riparte proprio dal primo soggiorno cagliaritano della giovane scrittrice, e da lì si prosegue (non senza qualche flashback) fino all’anno della morte. In poco più di cento pagine, articolate in sedici capitoletti numerati, l’autore segue il futuro Premio Nobel nelle sue vicissitudini, ma pur essendo questo un lavoro rigoroso e basato su fonti accademiche, su materiali di prima mano e sul ricco epistolario, l’approccio dello “storico” risulta alla fine meno evidente rispetto a quello del “narratore” puro, che a propria volta – come da titolo – appare intento a romanzare la biografia deleddiana. Niente note e niente bibliografia di riferimento, dunque, se non qualche cenno in una dichiarazione finale dello stesso Marrocu: il che, se fa risultare la lettura certamente piacevolissima, fa anche sì che il lavoro vada necessariamente a deludere i meno esperti, a cui la vicenda potrebbe in più punti sfuggire. Nonostante la ricchezza di dati e di aneddoti, Deledda manca infatti di quella esaustività che si vorrebbe ritrovare in un testo biografico di riferimento – del resto vi è quasi assente la giovinezza nuorese dell’autrice – e per questa ragione pare forse più corretto considerarlo come un riuscito omaggio alla più illustre donna di Barbagia da parte dello studioso cagliaritano. Una vita come un romanzo, dunque, può essere definito un libro “in più”, “additivo”, sia perché va a sommarsi alla ricca bibliografia riguardante la scrittrice, sia perché a propria volta aggiunge una rielaborazione autoriale di fatti, aneddoti, elementi e suggestioni; un testo da consultare, evidentemente, in parallelo con altri, e che nel mancare (o nel non prefiggersi affatto) l’obiettivo della completezza non fa che confermare quanto ancora vi sia da dire e da scrivere su Grazia Deledda, che dal bel primo piano in bianco e nero sulla copertina del volume (che è privo di immagini) pare quasi sorridere, con compiaciuta approvazione.




A porsi l’obiettivo della maggiore esaustività possibile è invece il volume di Rossana Dedola, che già a partire dalla mole delle pagine – quasi quattrocento di fitta prosa – si presenta come un contributo ricchissimo di dati e di aneddoti. In ventidue capitoli dai titoli accattivanti e corredati da epigrafi ad hoc, scorre per filo e per segno la vita di Grazia Deledda, che la studiosa – già ricercatrice della Scuola Normale di Pisa, nonché analista didatta e supervisore dell’Istituto C. G. Jung e dell’International School of Analytical Psychology di Zurigo – ricostruisce attraverso un abile e gradevole intreccio tra documenti d’archivio e vera e propria letteratura deleddiana, oltre che tramite uno scandaglio del ricchissimo epistolario: dalle lettere e cartoline più note a quelle inedite (86 in totale), qui per la prima volta presentate anche con alcune riproduzioni fotografiche dai manoscritti originali. Il dettagliatissimo ritratto dell’autrice Premio Nobel si staglia così su uno sfondo ancora più marcatamente europeo in virtù degli scambi professionali e amichevoli con, tra gli altri, i coniugi tedeschi Julius e Justine Rodenberg, e non ultimo grazie alla scoperta della biblioteca personale che la scrittrice condivideva a Roma con le sorelle Peppina e Nicolina, testimonianza certa e inequivocabile di un interesse per il contesto internazionale. Il lettore più inesperto e più desideroso di documentarsi sulla vicenda biografica e artistica deleddiana troverà dunque nel lavoro di Rossana Dedola un validissimo punto di partenza, completo e aggiornato sugli ultimi studi (tutti indicati, peraltro, nella ricca bibliografia in coda). L’unica pecca, a volerne individuare una, sta tutta nella veste grafica della copertina: per un volume di così ampio respiro, e che può ben candidarsi a divenire un indispensabile testo di consultazione per tutti i cultori della Deledda, il ritratto giovanile prescelto, per quanto tra i più intensi e fieri dell’autrice sarda, sembra ancora purtroppo rimandare a quel certo immaginario ostile che per decenni l’ha distanziata dal pubblico e dalla critica, e con cui simbolicamente sembra fare il paio anche l’infelice (e urlante) giustapposizione cromatica di verde acido e viola quaresimale. Per la prima e, si augura, più che prossima ristampa, meglio sarebbe optare per un insieme meno “livido”, in bell’accordo con l’esaltante contenuto.

Cecilia Mariani