Magari domani resto
di Lorenzo Marone
Feltrinelli, 2017
pp. 315
Cartaceo 16,50 €
E-book 9,99 €
Venerdì 10 febbraio presso la Fondazione Feltrinelli di viale Pasubio a Milano è stato organizzato un incontro tra i principali blogger letterari e Lorenzo Marone, appena uscito per Feltrinelli con un nuovo romanzo. Mentre lo scrittore napoletano ha iniziato ad illustrare la vicenda, quasi immediatamente, ci è venuto in mente un collegamento, forse un po' spericolato ma non così peregrino, C'è una battuta infatti in Ricomincio da tre, il celebre esordio al cinema di Massimo Troisi, che ben si sposa con Magari domani resto, giustappunto il nuovo libro di Marone. La battuta è la seguente:
La risposta di Troisi, dicevamo, può essere perfettamente utilizzata per descrivere il personaggio di Luce Di Notte, la protagonista di Magari domani resto. Così come Troisi, anche la giovane legale è un personaggio al tempo stresso tradizionale ed innovativo, aderente da un lato alla tradizione partenopea, soprattutto a livello culturale e, in un certo qual modo, psicologico, e dall'altro totalmente eccentrico, con una personalità e un'indole molto forte, molto moderna e molto emancipata. Ma trattandosi di un romanzo di Marone, diciamo così, tutte le possibili sotto-trame, ovvero il risvolto sociale, storico e esemplare della storia di Luce, si stempera, o per meglio si agglutina alla perfezione con l'elemento fondamentale dello stile dello scrittore: ovvero l'amore per la trama, l'assoluta perizia nella costruzione di una storia che, banalmente, si lascia leggere dalla prima all'ultima pagina. Anzi che non lascia scampo, trattandosi di una commedia dolcemente inesorabile.
Già perché la storia di Luce Di Notte potrebbe essere la storia di una ragazza come tante al giorno d'oggi: proviene da una famiglia difficile, ha studiato, è brava, ma è come immersa in un mondo freddamente e cocciutamente maschilista, e la sua condizione di femmina non le permette mai, è il caso di dirlo, di "spiccare il volo". Già "spiccare il volo": è un concetto che Marone, forse quasi in modo inconsapevole, reitera per tutto il libro. Anzi, se si presta un poco di attenzione in più, l'intero Magari domani resto è un, in un certo qual modo, libro che ha come argomento centrale lo spiccare il volo. Ma, ed è questa la trovata narrativa di Lorenzo Marone, non è detto che questa volo debba per forza di cose compiersi.
Non ho fatto fatica ad immedesimarmi con una giovane donna, forse perché in me alberga un animo femminile molto forte e forse anche perché, molto più semplicemente, Luce era un personaggio che avevo dentro, che avevo voglia di raccontare e così ho fatto. Per questo motivo non è stato difficile, perché non mi sono dovuto calare nei panni di un altro ma soltanto utilizzare una sfaccettatura di quello che sono io.
In una città riccamente descritta (anche con inserti e citazioni di numerose canzoni di Pino Daniele, molto amato dall'autore) e in particolar modo la Napoli dei Quartieri Spagnoli, sorta di "città nella città", Marone con una penna dolce ma netta, cuce assieme diversi personaggi, che sembrano, ancora una volta, sia reali sia immaginari, in un continuo rimando/dialogo tra concretezza quotidiana e invenzione letteraria. Ed è proprio qui che lo scrittore riesce ad intavolare con il lettore un discorso molto onesto, quasi come se sapesse che al tempo di Netflix, delle serie TV che si possono consumare tutte in un colpo solo, la letteratura ha l'unica (o una delle poche) ragione di sopravvivenza soltanto attraverso l'onestà. Un'onestà che, si badi bene, può anche essere finta, ma comunque dev'essere dichiarata.
Domandiamo a Marone se alcune parti del suo romanzo non possano essere lette come vere e proprie dichiarazioni d'amore verso la sua città: una città dalla quale a volte si va via, certe volte si scappa, ma dove difficilmente non si torna o, almeno, non si sogna di tornare, un po' come una sorta di rondine-essere umano che emigra e se ne va, ma poi, tutte le primavera ritorna:
Mattia Nesto
Napoli è senza dubbio una città sovraesposta, sovraesposta ai media ma a cui piace anche sovraesporsi, continuare a raccontarsi. D'altronde mi rendo anche conto che Napoli è talmente un calderone ribollente di cose, persone e situazioni che quasi naturalmente uno è portato a raccontarla. Cioè se mi passate il paragone, ci sono un sacco di ottimi ingredienti letterari a Napoli, occorre solo un po' d'ordine per metterli a posto e porli sul piatto nel modo migliore possibile.Ecco perché la scrittura, la descrizione della città e dei personaggi, anche colti nei loro ragionamenti intimi, di Marone sono tanto convincenti: perché, molto probabilmente, l'autore non ci descrive la realtà ma ci mette sul piatto una realtà fittizia assolutamente coinvolgente e veritiera.
Domandiamo a Marone se alcune parti del suo romanzo non possano essere lette come vere e proprie dichiarazioni d'amore verso la sua città: una città dalla quale a volte si va via, certe volte si scappa, ma dove difficilmente non si torna o, almeno, non si sogna di tornare, un po' come una sorta di rondine-essere umano che emigra e se ne va, ma poi, tutte le primavera ritorna:
Credo che la domanda sveli un qualcosa che ho inserito nelle pagine del libro. Io viaggio spesso, per lavoro e per piacere, ma tutte le volte che col Frecciarossa, torno a Napoli, lì e solo lì mi sento a casa: ho visitato posti magnifici, città sublimi e luoghi incantevoli, ma Napoli per me rimane sempre Napoli, la mia città. E questo lo comprendo ancora meglio, anche se può parere banale sentirlo dire, quando sono lontano. Ritengo che, allargando il discorso, l'amore è un qualcosa che si coltiva ogni giorno, con piccoli e con grandi gesti, e l'amore, quello vero, lo si provi in modo ancora più netto e forte quando si è distanti: la spinta di ritornare a casa, nel proprio nido, dal proprio amore credo che sia uno dei sentimenti più deflagranti e belli da raccontare di questo pianeta.E in una città magica come Napoli, dove per emigrare basta spostarsi da un quartiere all'altro, è ancora più facile: d'altronde solo nei Quartieri Spagnoli le rondini non emigrano. Alcune di loro si accontentano di volare nei dintorni perché non è importante che cambi il cielo sulle loro teste, ma il modo in cui esse lo interpretano. Allo stesso modo del Troisi viaggiatore, non emigrante.
Mattia Nesto
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