La complicità del perdono
di Luigi Mazzella
Marsilio, 2016
pp. 410
€ 28,00 (cartaceo)
Gertrude è un nome pesante, almeno per chi è consapevole delle reminiscenze letterarie che si porta dietro. Shakespeare, ovviamente, ma anche Manzoni, fino ad arrivare a Gertrude Stein. Una carrellata di personaggi, storicamente esistiti o frutto della fervida immaginazione di scrittori e poeti, che in un modo o nell'altro hanno ribaltato i canoni tradizionali della femminilità. Gertrude Cristianiani, come ci informa già nelle prime righe del suo diario, porta questo nome "come un fardello". Non è facile infatti reggere il confronto con gli esempi di cui si è detto sopra, a maggior ragione quando si ha la vivida percezione che il proprio ruolo di figlia, (ex) moglie e madre necessita di essere messo a fuoco.
Per questo motivo la protagonista del "romanzo-dialogo" di Luigi Mazzella, La complicità del perdono (Marsilio, 2016), decide di cimentarsi nella scrittura di un diario, genere letterario in cui, come è noto, la sfera delle relazioni private ruba la scena alla realtà storica - pubblica - in cui si è immersi. Sul senso di questa impresa, lo scontro con la madre - donna nostalgicamente legata al passato di un'Italietta fascista prima e democristiana poi - che concepisce le interazioni sociali, e quindi l'esistenza intera, solo in termini di visibilità e prestigio personali in un'ottica sociale, è piuttosto emblematico. A un certo punto, Gertrude chiarisce espressamente e con una certa veemenza cosa rappresenta per lei questo diario:
Vuoi capire, però, che dalle carte che imbratto, da decenni, non resterà assolutamente niente che possa interessare il resto dell'umanità? Sarà solo carta straccia! Lo capisci, no? Allora... se, nel privato e fuori dalla mia vita professionale, scrivo un diario, lo faccio per raccogliere riflessioni che servono soprattutto a me stessa. Se pretendessi di pubblicarlo per darlo in pasto a dei lettori, dovrei preoccuparmi di scrivere cose che stimolino la curiosità degli altri. Ebbene, è di ciò che non sono certa! (p. 51)
Se è vero dunque che professionalmente e socialmente non manca nulla a Gertrude per potersi reputare una donna appagata e molto apprezzata negli ambienti dell'alta borghesia romana, altrettanto non può certo dirsi della sua vita privata. Il divorzio e soprattutto la 'crisi' del suo ruolo di madre, e non ultimo quello di figlia, sono i motivi che la spingono a cercare delle risposte nella scrittura del diario, che in funzione di ciò acquista pertanto una valenza strettamente terapeutica e catartica.
Grazie ai dialoghi fluviali ed eclettici con i fidati Linda e Luigi Filippo, una coppia di amici appartenenti allo stessa cerchia sociale, Gertrude cerca dunque di guardare ciò che si è lasciata alle spalle, nonché ciò che si profila all'orizzonte, indistinto e confuso, con i metaforici 'occhi nuovi' di cui parlano le scritture bibliche. Animata come è da una volontà socratica di sapere, di capire cioè se questa faglia aperta tra la dimensione privata e quella sociale può risucchiarla in una caduta senza fine. E fermamente convinta, in ultima analisi, che un lavoro genuino di introspezione psicologica possa aiutarla a comprendere con più lucidità il conglomerato di vicende storiche e familiari che stanno alla base della formazione del suo 'io'.
Il perdono che campeggia nel titolo, allora, come arriva a comprendere la nostra diarista, è l'unica strada che permette di connettere armonicamente il passato al futuro, ovvero il solo modo di vivere il presente. Un valore, questo, marcatamente cristiano (come il cognome della protagonista lascia ben intendere), che trova la sua forza nella 'complicità' (l'ambiguità semantica del termine è certamente ricercata) con l'Altro. Gertrude può dunque riconciliarsi con i genitori, l'ex marito, i figli e in particolar modo con se stessa, trovando così espressamente il coraggio per 'perdonarsi' le scelte fatte finora.
Che poi alla fine la realtà dei fatti la metta davanti a un nuovo baratro, a causa del figlio prediletto, è un'altra storia. Le acquisizioni della sfera privata, come si sa per esperienza, non sempre coincidono con gli sviluppi della catena causa-effetto che determina le nostre vite. Un diario, nonostante tutto, non è una garanzia di salvezza universale.
Pietro Russo
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