L'amore, il dolore e il vuoto: "Qualcosa" di Chiara Gamberale

Qualcosa
di Chiara Gamberale
Longanesi, 2017

€ 17
pp. 179



Avete presente cosa significa “sentire”? E se ce l’avete presente, forse, avete presente anche cosa significa sentire tanto, sentire tutto, sentire troppo…
Ecco, la protagonista di questo breve e atipico romanzo sente troppo, è Qualcosa di Troppo. Mangia troppo, dorme troppo, corre troppo, gioca troppo, vuole troppo, soffre troppo, è felice troppo. E tutti gli abitanti del regno di cui è principessa la evitano: i Bambini Abbastanza non possono sopportare tutto quel troppo, a loro sta bene accontentarsi di una partita a rubabandiera e scrivere su Smorfialibro tutto ciò che fanno e sentono. Invece Qualcosa di Troppo vive sempre una nuova sfida, e lo fa a modo suo, esagerando. Che sia correre a perdifiato per le foreste del regno o nascondersi in tutti gli angoli del castello, passa le sue giornate come se l’intero creato fosse, sotto sotto, un immenso parco giochi costruito appositamente per permettere a lei di non annoiarsi mai.

Finché un giorno… finché un giorno la sua mamma se ne va, e lascia nel cuore di Qualcosa di Troppo un vuoto, un buco troppo buco in un cuore troppo cuore.  

Cosa fare di quel buco? Come sopravvivere al dolore? Una domanda che ci riguarda tutti e che in un modo o nell’altro ci siamo trovati ad affrontare, di solito riempiendo. Riempire il buco, di cose da fare, di lezioni di pianoforte, di sport, di lavoro, di qualsiasi cosa possa apparentemente lenire il dolore di una perdita. Ma è la strada giusta? O si corre il rischio di trovarsi il cuore rattoppato, ma mai guarito per davvero? 
Sopporta il buco, ripeto: quando succedono cose troppo brutte ci mettiamo un po’ ad accettarle, tanto che all’inizio non ci sembrano nemmeno vere. E, mentre la testa prende tempo per capirle, il cuore ci diventa un pezzo di groviera. Quindi non lo odiare, il tuo buco, accarezzalo ogni tanto, ma non ti ci affezionare troppo. Altrimenti non passerà mai.
Queste le sagge parole del Cavalier Niente, un tipo bizzarro con un occhio verde e uno marrone, che passa il tuo tempo a non-fare e che diventa non-amico di Qualcosa di Troppo. Un compagno che gli insegna, a modo suo, il valore del silenzio, del vuoto, il senso del provare a bastarsi:
Ricorda, Principessina: tutto quello ti serve per riempire la tua vita è robaccia, è acqua sporca. Tutto quello che la tua vita accoglierà, perché le capita e perché comunque le starebbe bene anche essere vuota, è invece roba buona, è acqua pulita.
Primo fra tutti, tra queste robacce tappabuchi, l’amore. Qualcosa di Troppo vuole ad ogni costo innamorarsi, e crede ogni volta di trovare la sua anima gemella in Qualcosa di Buffo, di Speciale, di Giusto, ma non ha ancora capito che quello non è amore, è ostinazione, è aver bisogno di innamorarsi per riempire quel vuoto nella pancia che, invece, non fa altro che crescere. Ma il bisogno è solo un sogno: prima o poi finisce o comunque sfinisce…
È qui la chiave, distinguere il bisogno d’amore dall’amore vero, che possiamo accogliere soltanto quando siamo a posto con i nostri vuoti, le nostre ferite, quando abbiamo fatto pace con noi stessi.

Chiara Gamberale torna a parlarci d’amore, ma questa volta in una veste nuova, quella della fiaba. Scrive un romanzo che è stato accostato a Il Piccolo Principe, ma ha anche il sapore de I Nostri Antenati di Calvino. Un testo che dietro la leggerezza di uno stile diretto, fa i conti con i due grandi sentimenti che ci contraddistinguono: amore e dolore. E il fatto di aver per protagonista una ragazzina, che parla e si esprime con i modi di una bambina entusiasta della vita, ci fa percepire con maggiore esattezza quei due sentimenti, senza complicazioni: così come sono. Affrontandoli faccia a faccia, per ritrovare un equilibrio e cercare di imparare, piano piano, a entrare in contatto con noi stessi. Un romanzo semplice e divertente, da leggere in un pomeriggio di relax, che però va a stuzzicare quei punti irrisolti delle nostre vite, provando a dare una risposta. Qualcosa di più, di una storia come le altre.

Elena Sizana