La scomparsa di me
di Gianluigi Ricuperati
Feltrinelli Editore, febbraio 2017
Pp. 240
Edizione cartacea 16 €
Ebook 9,99 €
Sì. È curioso che l’ultima cosa che ho visto in carne e ossa siano state le mie mani, le ossa e la carne delle mie mani, che tentavano – inutilmente – di proteggere il mio naso dallo schianto contro la plastica del casco lanciato sull’incudine del marciapiede.
È un libro da vedere prima che da leggere La scomparsa di me di Gianluigi Ricuperati, uscito per Feltrinelli Editore. Già perché Ricuperati è da sempre interessato al mondo delle arti, non per forza figurative, con una predilezione per quelle concettuali. Questa dichiarazione d'intenti, ribadita lo scorso venerdì 17 febbraio a Torino durante un incontro con alcuni blogger e influencer letterari, è molto utile per comprendere, abbastanza pienamente, La scomparsa di me. Non un libro sperimentale infatti ma una storia che è tante storie: un uomo che, dopo aver perso la vita in un incidente in moto, si reincarna per 365 volte (qualcosa di meno, in realtà) in altrettante persone diverse. Detto così potrebbe suonare come una sorta di spin-off di Quantum Leap e non è detto che questo sia un male anzi.
Già perché Gianluigi Ricuperati, per sua stessa ammissione, ha un animo nerd, anzi geek, molto spiccato e tra le sue peculiarità ha la passione/ossessione per le ultimissime derive della scienza:
Trovo che la letteratura cosiddetta contemporanea sia molto più conservatrice e reazionaria rispetto a quanto vogliano ammettere e siano gli autori – ci dice durante l’incontro – C’è tutto un mondo legato alla scienza, che ogni giorno fa pazzesche scoperte sulla vita e la morte su questo come su altri pianeti che trovo francamente paradossale non parlarne.
Ma dicevamo che questo è un libro da vedere. E ciò è vero soprattutto per le ultime otto pagine circa, in cui le parole lasciano lo spazio ai disegni, ai disegni giustappunto delle mani che inutilmente tentano di proteggere il volto del protagonista al momento fatale dell'incidente in moto. E in questo gesto intimo, a metà strada tra l’istinto bestiale e il rito pagano, che troviamo l’anima del racconto, un racconto arduo, rabdomantico, pieno di domande e di non-risposte ma che per questo, praticamente ad ogni pagina, stimola il lettore ad una riflessione. Non è un libro facile questo La scomparsa di me ma non perché esso sia spiccatamente sperimentale:
Io rifuggo dalle definizioni di sperimentale per un certo libro o per un certo film Infatti per me la vita è tutta sperimentale e in fondo noi non facciamo altro che fare esperimenti su esperimenti. Alle volte questi falliscono, altre volte invece riescono e siamo tutti contenti.
Ecco quindi che queste continui “inabissarsi negli altri” vengono descritti da Ricuperati al contempo in modo sfumato e preciso, in un balletto tra dimensione onirica/spiritualistica e dimensione fisica/scientifica di grande eleganza. Il protagonista infatti entra dentro persone o che conosce profondamente o che ha anche incontrato una sola volta, ma che, in qualche misura, sono entrate nelle sua orbita biografica. Ed è così che lo seguiamo in queste trasmutazioni del corpo ma non dell’anima, dalle sette del mattino fino alla mezzanotte, proprio come un incantesimo o una maledizione delle favole.
Però, ed ecco il Ricuperati fanta-scientifico (con il trattino bene evidenziato a nero con la penna), se il protagonista non può influenzare le esistenze degli altri, egli può, in una certa misura, essere lucidissimo durante il trasporto delle anime. E questa trasmigrazione dell’anima da uno all’altro corpo/individuo viene descritto come una processo fisico, con tanto dimensione quantistica e rimandi all’atomismo più puro. Un Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi dove però, faro acceso nella notte, rimane sempre ben presente il fine ultimo e solo di tutto.
Il fine ultimo e solo di tutto è il dialogo tra i vivi e i morti, anzi tra i morti e i vivi che si traduce nella sua massima versione con il dialogo desiderato ma mai raggiunto con la figlia, l’amatissima figlia, che il protagonista cerca disperatamente, in qualche maniera, di intercettare/raggiungere. Già perché se molti di noi potrebbero fare carte false per entrare nella “cabina di regia” degli altri, il protagonista del romanzo non ha alcun interesse (o almeno non lo da a vedere) a sapere gli altri cosa fanno mentre lui non c’è. Sì certo ci sono le sue ex, gli amici di una vita e le conoscenze casuali che un minimo di curiosità la muovono ma il desiderio, il bruciante e malinconico desiderio viene speso soltanto per raggiungere la figlia tanto amata. Ed ecco che il codice privato ed intimo padre-figlia, quanto vi è il cielo a pecorelle la figlia deve ululare, diventa il segnale univoco per rintracciarla nel vasto mondo della fisica e del tempo.
Allora il protagonista, quando è nel corpo e nella testa degli altri, si agita, palpita e desidera in maniera cocente quando sente un ululato. Poi non importa che questi momenti siano, non solo momenti passeggeri, ma richiami fallaci della presenza della figlia.
L’importante è averlo provato, averlo intensamente provato quel desiderio di essere ancora vivo, magari per un solo minuto, così da poter tornare a giocare con la figlia.