Il caso di Charles Dexter Ward
di I.N.J. Culbard
Traduzione di Giorgio Saccani
Magic Press, 2015
144 pag.
di I.N.J. Culbard
Traduzione di Giorgio Saccani
Magic Press, 2015
144 pag.
L'adattamento a fumetti de Il caso di Charles Dexter Ward firmato da Ian Culbard si apre con uno zoom che da una vista panoramica del pianeta Terra ci porta all'interno della cella del manicomio da cui il giovane Ward è appena fuggito. Un'apertura suggestiva e al contempo capace di collocare i pericoli e le paure non solo nella zona circoscritta di un luogo o di una mente, ma addirittura nell'intero universo. Culbard è bravo in queste cose: sintetizza, comprime, mette in fila i fatti e riesce farli filare per il verso giusto, trova aperture suggestive e chiuse altrettanto forti, senza dimenticarsi di costruire personaggi credibili e con una recitazione curata e interessante in certe sfumature antiquate che riesce a dare (recuperando in questo modo la prosa di Lovecraft).
Culbard è bravo, l'esatto contrario di Lovecraft, che invece era inutilmente barocco, complicato, spesso prolisso, confuso, incapace di imprimere un ritmo stabile alla sua narrazione. E Lovecraft lo sapeva perché era un giudice spietato nei propri confronti, un uomo che ha visto spesso naufragare le proprie ambizioni letterarie contro le sue reali capacità di scrittore. Leggere Il caso di Charles Dexter Ward è ripercorrere i passi (spesso falsi) di Lovecraft nella costruzione di un romanzo complesso capace di diventare contenitore di generi e tematiche. Si parte con una trama mistery a cui Lovecraft innesta subito una lunga digressione storica su Providence che al contempo introduce la tematica magico/alchemica del romanzo (con tanto di citazioni dai testi). Riprese le redini del mistery, Lovecraft si concentra poi sulla follia di Ward (con interi articoli di giornale a testimonianza) e quindi l'indagine del dott. Willett prosegue molto lentamente verso la scoperta dell'orrore cosmico e verso un colpo di scena che il lettore ha intuito da molto tempo. Il tutto è raccontato con una lingua volutamente antiquata, molto fredda e distante dai personaggi, che cerca di mantenere logica e decoro nell'orrido manifestarsi dei fatti.
Eppure se si riesce a sopportare questi difetti, Il caso di Charles Dexter Ward nasconde momenti davvero suggestivi e intuizioni brillanti. Personalmente rimango sempre affascinato dall'iniziale parentesi storica su Salem e la figura del dottor Allen mi inquieta forse più della pur straordinaria sequenza in cui si svela l'orrore cosmico. Ma di certo non sono questi pochi elementi a salvare il libro, tant'è che anche Lovecraft lo riterrà una prova poco interessante e tentò con poca convinzione di farlo pubblicare (e infatti la prima edizione del romanzo uscì postuma).
Culbard fa un lavoro di adattamento preciso e puntuale. Aggiusta la narrazione di Lovecraft e la fa rientrare nei ranghi soprattutto grazie a una gestione migliore della componente mistery, ma non dimentica però la complessità originale mantenendo inalterata la componente documentale che spesso fa capolino tra le pagine del romanzo e riportando la lunga parentesi sul passato di Salem pur facendola rientrare nei tempi narrativi del suo fumetto. Il cambiamento più importante che Culbard attua è però quello di rendere più protagonista il dott. Willett, utilizzandolo sia come narratore che come personaggio con cui creare una connessione con il lettore.
La regia di Culbard è altrettanto controllata e compatta, senza particolari invenzioni ma capace di inserire della sottile inquietudine in quasi ogni tavola, giocando con quel senso di orrore quotidiano che era tanto caro a Lovecraft. Il lavoro di Culbard come disegnatore è quasi tutto rivolto a cercare nei personaggi un'aspetto sinistro e inquietante, e a farlo emergere attraverso le espressioni dei loro volti aiutandosi con un disegno sintetico ma espressivo nel delineare linee di espressione o nel dare particolari sfumature agli sguardi.
Sulla carta quindi Il caso di Charles Dexter Ward secondo Culbard dovrebbe funzionare alla perfezione. E invece no. Perché il fumettista pulisce e mette in ordine la storia di Lovecraft rendendola sicuramente più leggibile ma meno affascinante. Eliminando la confusione, la lunghezza esasperante delle digressioni e le incertezze del narratore, Culbard priva la storia di un fascino forse intraducibile perché non calcolato e nemmeno ponderato, ma semplicemente trasferitosi su carta dalla mente altrettanto confusa e incerta di Lovecraft. È per questo che i momenti più allucinati che nel romanzo stordiscono e mettono paura, nel fumetto appaiono semplici passaggi di un racconto solido che ha bisogno di quegli episodi per poter giungere a un finale coerente e soddisfacente per il lettore.
L'adattamento di Culbard non può definirsi un lavoro scarso e poco convincente, semplicemente è altro rispetto al romanzo di Lovecraft. È semmai il suo scheletro, l'ossatura di una storia che lo scrittore di Providence riveste con le sue insicurezze e le sue paure (di autore e di essere umano) riuscendo a trasmettercele in una maniera più pulsante e viva rispetto al fumetto di Culbard.
Matteo Contin
@matteocontin
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