Goodbye Marilyn
di Francesco Barilli e Sakka
Becco Giallo, 2016
pp. 127
€ 18,00
Tra le icone del secolo passato, alcune emergono prepotentemente. Un grande ciuffo si capelli neri su un sottofondo di note rock; un sogno, lanciato davanti al Lincoln Memorial di Washington e mai terminato; una gonna bianca che svolazza sopra una grata al ritmo del passaggio della metropolitana.
Marilyn Monroe è sicuramente uno dei personaggi più riconoscibili del Novecento. Può piacere o meno, ma al suono del suo nome immediatamente scattano diverse associazioni visive e sonore e tutti pensiamo al mistero della sua morte. Goodbye Marilyn, scritto da Francesco Barilli e illustrato da Sakka per Becco Giallo edizioni, è una graphic novel che sviluppa un interessante presente alternativo: e se Marilyn fosse sopravvissuta alla fatidica notte del 4 agosto 1962 e, ormai novantenne, avesse deciso di rilasciare un'intervista?
Marilyn (ormai tralasciamo anche il cognome tanto sappiamo di chi si parla), almeno per come l'ho sempre percepita, riveste un po' lo stereotipo della bionda svampita e non particolarmente brillante. La bocca così rossa, le forme generose, gli atteggiamenti frivoli non me l'hanno mai fatta amare. Sono quindi molto contenta di aver messo mano a questo lavoro che pone l'attrice sotto una luce totalmente diversa.
La premessa a tutta la narrazione è che Marilyn, dopo essersi salvata da quella notte di barbiturici, si sia ritirata dal palcoscenico e abbia scelto di vivere una vita completamente ritirata senza mai rilasciare commenti o interviste e senza apparire in nulla che comprendesse telecamera o obbiettivo. Intenerita da un ritratto fattole dalla figlia di un giornalista italiano, sceglie di rompere questo pluridecennale silenzio e concede un incontro. La narrazione non si snoda però in lineare ordine cronologico. Si salta avanti e indietro, si mostrano stralci di eventi storici, di ricordi personali, di abitudini di trucco e si glissa, talvolta, su argomenti scottanti. Il meccanismo è esattamente quello che potrebbe mettere in atto una vecchia signora nel ricordare la propria vita. Scopriamo quindi una donna che, ben lontana dall'incarnare l'oca bionda, è stata schiacciata dallo star system: il suo pretendere uguali compensi tra attori e attrici, la sua necessità di conoscere a fondo i registi con cui lavorare, il vezzo dei ritardi e dei "capricci" richiesti per incarnare un mito l'ha portata all'estromissione. Emerge una donna pacata, fatta di insicurezze che non voleva diventare icona, nè essere d'ispirazione per tutte le attrici che l'hanno imitata negli anni a venire.
La fragilità del personaggio è ancor più sottolineato dal tratto grafico di Sakka (Roberta Sacchi) che qui troviamo alla sua prima prova completa per Becco Giallo. Marilyn risulta sottile, eterea, quasi il parto di un sogno. L'onirismo è ancor più evidenziato dalla figura della fatina, ispirata quasi a Trilly di Peter Pan, che conduce e introduce agli eventi importanti, a volte intervenendo con bigliettini, a volte semplicemente spiando dal vetro di una finestra.
Ne risulta una graphic novel intimista che fornisce un'altra visione di Marilyn: non la affranca dal peso del mito, ma ne offre una nuova sfaccettatura, che forse, fino ad ora, abbiamo solo intravisto negli ultimi scatti fotografici prima di quella notte di agosto del 1962.
Giulia Pretta
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