Il buio addosso
di Marco Missiroli
€ 9,00
"La lana è la purezza di R., e questa purezza deve
abitare ovunque. Nelle case, nelle strade. Negli uomini, nelle donne, nei
bambini. Da oggi R. sarà puro come mai lo è stato"
Tutto
inizia con una legge: nel paese di R. non si darà spazio a nessuna
imperfezione, i difformi e gli storpi verranno addormentati al momento della
nascita, per non gravare con la loro disgrazia sulla felicità altrui, per non
contaminarne la purezza. La zoppa e Nunù sono l'eccezione, la stranezza,
l'incongruo. Vivono segregati in casa, separati dal resto del mondo da un vetro
che è prigione e protezione al tempo stesso. In modo diverso sognano la
libertà: il piccolo matto immagina di raggiungere il cielo, dove "non ci
sono gli uomini che lo guardano", mentre la zoppa si figura di poter
scendere in piazza, coinvolta in una gara di corsa con le bambine della scuola.
Si rendono oscuramente conto entrambi che la mentalità bigotta del paese non è
pronta né disposta ad aprirsi per accoglierli. Solo di notte la voglia di
evasione prevale e la giovane Poline trova il coraggio di violare la legge e i
tabù, fuoriuscendo al mondo, lontana però dagli sguardi dei maldicenti. A
proteggere i due innocenti dalla crudeltà del mondo sono solo l'amore di un
uomo, il sindaco di R., padre che non può fare abbastanza, e la dedizione di un
altro, il maestro delle campane, che convive con un segreto doloroso e cerca
l'opportunità di fare ammenda. Intanto il paese, cieco e ottuso, non capisce e
non perdona: associa ogni differenza, ogni alterazione della perfezione, alla
maledizione che si è abbattuta sulle greggi, rovinando la lana magica e
perfetta famosa in tutto il contado, gloria per R. e per i suoi abitanti.
Quella
del sindaco di R. è una lotta senza speranza contro la cecità altrui, contro la
società, contro una chiesa che invece di essere aperta e accogliente è chiusa e
giudicante, pronta a fare legge di Dio della volontà degli uomini. Sono i
bambini piuttosto a sconfiggere i mostri, a intuire la verità profonda della
fede. È Nunù il matto a capire, quando di fronte al crocifisso prova a strappare
dai piedi del Cristo i chiodi infissi dagli uomini perché "il ferro fa
male! Nunù lo toglie!". Una verità semplice e immediata, talmente incisiva
ed evidente da far male. Ma l’evidenza è tutta per il lettore. R. persiste nella
propria ostinata, ottusa ferocia, fino a macchiarsi di crimini indicibili.
La
straordinaria abilità di Missiroli è quella di dissimulare le direzioni della
trama, di confondere le acque in modo tale che il suo pubblico non capisca fino
all’ultimo cosa sta per accadere. C'è spesso, nelle sue opere, uno sguardo
innocente che trasfigura il reale, che lo rilegge in forme distorte, talora
ingenue e meravigliose (si pensi anche solo a Pietro in Senza coda, di cui Gloria ha parlato qui). In questo caso sono gli
occhi della piccola zoppa, la sua visione parziale (perché sempre limitata
dalla prigionia e dalla scarsità di informazioni che le arrivano dall’esterno). Anche
una volta diventata grande, Poline continuerà a lottare contro il cinismo,
conquistando grazie a tele e pennelli quella libertà, che fisicamente non ha, di
accedere al mondo.
Nella
seconda sezione del romanzo, ambientata molti anni dopo il suo esordio, l’autore
sembra voler aprire la strada a una possibilità di riscatto. Rimasti soli e
ormai cresciuti, segregati nella torre dell'orologio, Poline e Nunù diventano i
signori del tempo, si prendono la loro piccola rivincita osservando finalmente
inosservati, rubano minuti preziosi alle vite altrui manipolando le lancette.
Sono loro a scandire, suonando le campane, la vita di R., sempre ignorati ma
finalmente lontani dal pregiudizio altrui:
Allora
Nunù si piegò un poco sulle gambe e con entrambe le mani afferrò la corda al
centro […]. Chiuse gli occhi e saltò, infilando al primo colpo i piedi nei nodi
creati a metà delle altre due funi. Cominciò a tirare, si piegava e si
allungava, ora le gambe rattrappite, ora le gambe distese. Nunù volava, il suo
sedere era in fuori e in dentro, din fece
il metallo in un suono sordo. E i suoi capelli si scuotevano nell’aria, don gridò la campana. Din don urlò la torre di R., din don.
All’esterno tutto va
in rovina: l’economia è distrutta, gli abitanti non hanno più quasi di che
vivere, ma all’interno della torre è possibile ricreare e mantenere intatta una
certa idea di famiglia, per quanto traballante. Solo le visite del sindaco, il “maiale
col bastone”, grottesca e orribile figura, turbano la quiete, seminano il germe
della paura, riportano Nunù all’antico desiderio di fuga. Il sindaco Marcel ha
infatti un nuovo progetto: ha annunciato ai concittadini la Decisione destinata
a ridare al paese il lustro perduto; gli è stato annunciato in sogno il volere
di Dio, e questo volere coinvolge da vicino la torre e i suoi abitanti.
Non si può svelare di più senza compromettere la lettura,
basata sul graduale svelamento, su indizi disseminati che soltanto progressivamente
acquistano chiarezza e senso. Il romanzo di Missiroli è un puzzle che il lettore deve avere la pazienza di completare e questo
ne rappresenta al contempo il più grande pregio e il massimo difetto. A
differenza delle opere successive (ma anche del romanzo d’esordio), Il buio addosso a tratti manca di
equilibrio. La scelta di voluti eccessi negli sviluppi della trama e nella
caratterizzazione dei personaggi, come l’ostentato manicheismo, sono certamente
legati all’adesione a un genere, quello fiabesco, che impone regole ben
precise, ma l’impressione generale è che non sempre ci sia pieno controllo sul materiale
narrativo. Per troppo tempo troppe questioni restano sospese, troppo rapido è
lo scioglimento finale di tutti i dubbi. Su alcuni personaggi si sarebbe voluto
sapere di più, su altri cose diverse. Va anche riconosciuto però che sono
questi stessi fattori (l’imprevedibilità, il ritmo variabile, i fulminei
cambiamenti di fronte) a consentire il decollo della narrazione nella sua parte
conclusiva, quando il più inaspettato dei colpi di scena produce uno
spiazzamento delle aspettative che riaccende l’interesse, trascinando il
lettore fino all’ultima pagina. In questo romanzo ancora giovan(il)e, si
intuisce già la tempra del grande Missiroli che verrà, ed è con una certa
commozione, dopotutto, che ci si lascia alle spalle il campanile di R.
Carolina Pernigo