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Moscacieca - Il coraggio ed il dovere di cambiare.

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Moscacieca
di Gustavo Zagrebelsky
Editori Laterza, 2017
(edizione precedente: "i Robinson/Letture", 2015)

pp. 113

€ 8,50 (cartaceo)
€ 5,99 (e-book)

Gustavo Zagrebelsky è uno di quei nomi entrati a far parte del lessico quotidiano di quanti hanno familiarità col diritto, ma non sarà sfuggito nemmeno a coloro che si informano di politica e cultura.
Giurista di origine russa, in passato è stato un giudice e Presidente della Corte Costituzionale, professore di diverse università e collaboratore de La Repubblica e La Stampa, e le sue teorie sono da anni al centro degli studi di tutti i costituzionalisti.
Tra le sue molteplici opere, Moscacieca merita un'attenta analisi per l'importanza delle tematiche affrontate. Questo volume indaga la politica dei nostri giorni, provando ad analizzarne i fallimenti e a trovare delle soluzioni.
Nel titolo è racchiuso bene il pensiero di Zagrebelsky, perché se da un lato richiama l'ingenuo gioco dei bambini, dall'altro fa riferimento alla condizione della politica nostrana la quale, al pari di un individuo con una benda posata sugli occhi, procede senza una guida e incespica nei suoi passi.
" (...) Vivere, per gli esseri umani come per le loro società, significa progettare ciò che ancora non è e si vuole che sia. Sopravvivere significa invece dibattersi per non farsi sopraffare dall'onda che minaccia di sommergerci. La politica dovrebbe controllare l'onda e governarla ai propri fini (...) ".
Ciò che maggiormente preoccupa il giurista è che ad una classe dirigente preparata e colta se ne sia sostituita una ignorante e cialtrona, tanto da essere costretta ad affidare le riforme legislative ed i passaggi maggiormente delicati per il nostro paese ai governi "tecnici", costituiti da figure che possiedono competenze e capacità assai differenti rispetto a quelle prospettate da coloro che sono stati democraticamente eletti.
" (...) La politica è inconcludente, la tecnica sa il fatto suo; i politici sono spesso grossolani e ignoranti, i tecnici sono educati e masterizzati. Quando poi sembra che i tecnici abbiano portato a termine il loro lavoro, allora si può ritornare ai politici. Tecnica e politica s'intrecciano, nel senso della continuità: normalizzazione a opera dei tecnici, normalità a opera dei politici (...) ". 
Una delle metafore più efficaci adoperate da Zagrebelsy all'interno del suo scritto è sicuramente quella dell'uroboro (dal greco "serpente che mangia la coda"), un rettile che si nutre di sé stesso finché non giunge alla consunzione del suo intero corpo. Questa figura mitologica ben rappresenta quel meccanismo per il quale il denaro nutre il potere ed a sua volta quest'ultimo alimenta il denaro, ma un sistema del genere è destinato, presto o tardi, alla distruzione.

L'uroboro che divora sé stesso costituisce, secondo la potente raffigurazione operata da Zagrebelsky, quella cerchia di persone con vari ruoli che possiede sia il potere che il denaro.
In secondo luogo vi sono coloro che si trovano nel cerchio mediano, ovvero il ceto medio, verso il quale si rivolge l'appetito del serpente che tutto divora.
Infine vi è un terzo cerchio sociale,
" (...) lì stanno gli inutili, i reietti, i disoccupati, gli scarti abbandonati a sé stessi come zavorra che non ha diritto di appesantire le altre parti della società, di frenare o impedire la "crescita" (...) ".
Giunto all'estinzione del terzo cerchio, l'uroboro inizierà a divorare il secondo finché, quando anche quest'ultimo sarà terminato, si rivolgerà a sé stesso ma, come sostiene Zagrebelsky, per allora la nostra società sarà fallita.

Pagine amare sono, ancora, riservate al mancato esercizio del diritto di voto da parte di milioni di cittadini che, disamorati dalla politica e dalle sue vuote parole, scelgono di rinunciare volontariamente al diritto fondante della democrazia, consegnando nelle mani di pochi il destino di molti.

Un'altra delle numerose tematiche affrontate dall'autore è costituita dalla coniugazione del diritto alla ricerca della felicità nella società moderna, bellissima dichiarazione di amore per l'intero genere umano contenuta nella Costituzione degli Stati Uniti, ma oggi purtroppo sostituita dalla rivendicazione del diritto alla giustizia, che troppo spesso viene calpestato e deriso.

Il libro di Gustavo Zagrebelsky sembrerebbe una dichiarazione di resa nei confronti dell'uroboro, dei potenti che tentano di prevaricare i deboli ma, al contrario, io ho potuto leggere dentro Moscacieca una forte speranza per quanti ancora credono che cambiare non sia soltanto possibile, ma doveroso.

Scegliere di non votare, ad esempio, questo sì che sarebbe consegnare la vittoria all'uroboro, ma l'invito di Zagrebelsky è a non arrendersi, per rendere onore agli uomini ed alle donne che hanno lottato per garantire che noi tutti oggi potessimo avere il diritto di perseguire i nostri sogni.

Ilaria Pocaforza