Covacich, Pernigo e Contò - Ph. Eugenio Oliboni |
"In fondo, a prescindere dalla diffusione del testo, si scrive sempre per una sola persona, per incastrarla e, al tempo stesso,
aiutarla a salvarsi"
Ha avuto luogo l'altro ieri, presso la Biblioteca Civica di Verona, il mio incontro con Mauro Covacich, in occasione di un tour veneto per la presentazione del suo ultimo libro, La città interiore, recentemente edito da La Nave di Teseo. Siamo stati accolti e introdotti dal responsabile, il professor Agostino Contò. Nella cornice suggestiva della Sala Farinati, ci si è chiesti innanzitutto che cosa sia e dove si trovi la città interiore. La prima, ovvia risposta è che si tratti di Trieste, città natale e amatissima per l'autore, esplorata nel volume in ogni meandro, in ogni possibile suggestione storica, letteraria, emotiva. Trieste, indefinibile, inafferrabile, inconcepibile. Trieste, che sfugge nel momento in cui credi di averla finalmente inquadrata e in cui ciò che conta davvero non è ciò che si colloca in primo piano, ma ciò che resta a baluginare sullo sfondo. Ma la città interiore è molto più che questo: è prima di tutto lo spazio mentale in cui lo scrittore si aggira, si sonda, si conosce e, alla fine del viaggio, forse si riconosce; è il luogo in cui - come nelle immersioni marine spaventose e rigeneratrici che descrive in più di una sua opera - è necessario immergersi per rimparare a respirare e anche ogni volta a scrivere.
Con interventi che avevano il respiro ampio della narrazione, Covacich ha descritto le figure che popolano questa città, persone prima che personaggi, sfiorati dall'immaginazione ma fedeli alla propria storia e alla propria natura. Alcuni di questi, quasi sconosciuti, sono riportati in vita dalla parola e degni di esistere fianco a fianco di altri concittadini o viandanti ben più illustri: così Saba avanza sulla pagina fiancheggiato dal suo protetto Quarantotti Gambini, le avventure di Svevo cedono il passo a quelle di Antonio Bibalo o Pino Robusti, Paul Éluard ci aiuta a riscoprire Ivan Goran Kovačić. E sono questi ultimi, i più trascurati dalla Storia, che lo scrittore triestino descrive e ricorda come fratelli, con gli stessi toni empatici riservati sulla pagina all'evocazione dei parenti più stretti (la madre, la sorella, il papà, i nipoti).
Sala Farinati - Ph. Eugenio Oliboni |
La città interiore, ci viene detto, è tante cose, come la città di Trieste: è viaggio, ricerca, indagine, romanzo, documentario, memoir. È una riflessione profonda sul senso del tempo, della memoria, dell'identità. Tematiche, queste, vissute con ambivalenza da chi è nato in una terra di confine, in cui ognuno di questi concetti viene continuamente ridefinito, problematizzato, risemantizzato. Ciò che si avverte, nello slancio con cui Covacich risponde a ogni domanda, è la necessità di comunicare al pubblico la sua passione per la letteratura ("l'avrete provato anche voi, no, il gusto di studiare, di applicarsi a qualcosa di difficile, di impegnativo per la mente?"), che lui riesce ancora a considerare come qualcosa di utile ed essenziale all'uomo. Perché, dichiara facendo riferimento ad un volumetto di Trevi, Istruzioni per l'uso del lupo, il lupo c'è, e prima o poi arriva; quello che cambia, allora, è il modo in cui noi ci prepariamo ad affrontarlo. E, tra tutte le armi difensive e offensive, tra tutti gli strumenti possibili, forse la letteratura rimane uno dei più efficaci.
Carolina Pernigo
Chi si fosse perso l'incontro, ha un'altra occasione venerdì 31 marzo, alle 18.00, quando ci ritroveremo a Legnago, in compagnia dell'autore e ospiti della Fondazione Fioroni.
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