Tutto quello che non ricordo
di Jonas Hassen Khemiri
Milano, Iperborea, 2017
pp. 342
€ 17,50
Ci aveva già pensato Verga, era il 1883 e scriveva "L'ultima giornata", novella di una modernità sconvolgente, dove i giorni si confondono insieme alle voci narranti, sovrapposte nel tentativo di ricostruire le ultime ore di vita di un suicida che, per la disperazione di un lavoro che non riesce a trovare, decide di guardare il cielo e aspettare il passaggio di un treno.
Ha la stessa storia in testa Jonas Hassen Khemiri, giovane e talentuoso scrittore e drammaturgo svedese, quando scrive "Tutto quello che non ricordo" (Iperborea, 2017). Alle volte le narrazioni sono così potenti da riproporsi nel tempo, senza invecchiare.
"Tutto quello che non ricordo" è la storia di Samuel che un giorno perde la vita in un tragico incidente. Se si sia trattato di una fatalità o di una decisione deliberata non si sa, a noi lettori non è dato l'accesso all'interiorità del personaggio che, invece, ci viene descritto da fuori, da chi lo conosceva. E mentre leggiamo di lui dalle parole scomposte di amici ed ex fidanzata, sigliamo un patto narrativo al contrario, nel quale l'approdo a una verità, a una parola finale, sfugge in partenza.
Perché è nel ritratto che fanno di lui gli altri che conosciamo Samuel, nel momento in cui il personaggio di giovane scrittore troppo simile a Khemiri stesso si mette sulle sue tracce. Vuole scrivere un romanzo a partire dalle testimonianze che riuscirà a raccogliere su Samuel e sulle sue ultime ore di vita.
Sono infatti tre le principali voci impegnate nel ritrarre Samuel.
Laide, che parla di Samuel, a posteriori, e di come il loro amore l'avesse travolta all'inizio, facendola sentire nuova e completa, ma poi si fosse trasformato in altro, di come avesse perso quello slancio iniziale e avesse iniziato a non sopportarlo più.
Vandad, io narrante del romanzo, amico inseparabile ora in carcere, travisando alcune verità, o ritrattando alle volte, quando alcuni particolari scomodi emergono. Vandad è stato l'ultima grande delusione per Samuel, l'ennesimo tradimento, ma forse il più doloroso.
E infine l'ultima voce narrante, la Pantera, artista emigrata a Berlino, compagna di vecchie avventure giovanili difficilmente replicabili.
Samuel. Un ragazzo buono, forse troppo, un po' ingenuo, sicuramente innocente. Sempre in prima linea nell'aiutare il prossimo. Ossessionato dall'idea di dimenticarsi le cose e perdere la memoria (come è successo alla affezionatissima nonna), annota tutto ciò che gli accade su quadernini che poi, ogni tanto, torna a rileggere. Stila liste di assurde cose da fare, solo per riempire la "Banca delle Esperienze". Chiede a tutti, anche agli sconosciuti, quale sia la loro definizione dell'amore.
Sullo sfondo Stoccolma, la Svezia contemporanea, all'apparenza perfetta e candida ma con profonde spaccature al suo interno, quelle stesse contraddizioni che si ripresentano al protagonista.
Tra il sovrapporsi delle voci e delle descrizioni di Samuel perdiamo il controllo sulla verità: chi è davvero? Forse nemmeno ci importa più saperlo, quello che resta ci basta, ed è una storia che parla di tutti noi, del nostro essere imperfetti, fragili, delle nostre ossessioni e delle nostre paure. L'autore ha saputo raccontare una storia semplice, ma in un modo unico. Un coro di voci a tratti sovrapposte, un copione teatrale, che alla fine ci lascia pieni di domande ma senza la pretesa di fornire una risposta.