Gennaio senza nome
di Max Aub
Traduzione dallo spagnolo di Eugenio Maggi
Nutrimenti Editore
pagine 190
Euro 17 (versione cartacea)
Euro 8,99 (ebook)
"Chi si ricorda di loro, chi li ringrazierà di esser morti qui, sul confine dell'Atlante sahariano, per aver difeso la libertà spagnola? Nessuno, assolutamente nessuno. Certo, in Germania ne sono morti di più. Però io non li ho visti. Questi, sì."
Uno degli aspetti meno
conosciuti della Guerra Civile Spagnola è correlato alla fuga e
all'esilio dei repubblicani sconfitti e dei tanti civili che non
vollero rischiare le ritorsioni da parte delle milizie franchiste.
Per meglio dire, poco si sa di cosa accadde a costoro dopo
l'attraversamento della frontiera con la Francia.
Gennaio senza nome parla
proprio di questo: è un'antologia di racconti con cui Max Aub
(1903-1972), uno degli scrittori più autorevoli sul tema della Guerra Civil,
narra le vicissitudini di coloro che, considerati "indesiderabili" dal
governo francese (repubblica democratica, almeno all'apparenza)
furono imprigionati e in seguito addirittura deportati in campi di
concentramento nelle colonie nordafricane, costretti a vivere in
condizioni subumane in balìa di aguzzini spietati che li fecero
oggetto di qualsiasi angheria resa possibile dall'impunità.
Aub non cede alla
tentazione di assimilare l'universo concentrazionario francese a
quello nazista, che in effetti ebbe tutt'altra genesi e dimensioni
assolutamente diverse; manca anche, nella descrizone di questa
realtà, la prospettiva scientifica (termine in questo caso agghiacciante e
ossimorico) che ebbe il progetto nazista nel suo
complesso.
Nonostante ciò, è
evidente il taglio politico che Aub, socialista, sceglie di dare a
ognuno di questi racconti, scritti nello spazio di oltre vent'anni;
in ognuno di essi è ben presente un antifascismo inflessibile ma
frutto della ragione, non in quanto mera contrapposizione
ideologico-partitica ma proprio come rifiuto della regressione a
livello umano e intellettuale.
Aub non
risparmia toni critici neanche nei confronti dei militanti
repubblicani, soprattutto nel descriverne la Retirada, fuga generale e
disordinata da quell'incombente valanga franchista che avrebbe provocato lo stravolgimento della società spagnola di quel tempo, provocando una guerra che fece centinaia di migliaia di morti e altrettanti esuli la cui sorte viene assimilata alla diaspora ebraica.
Toni critici peraltro molto sfumati e non particolarmente convinti, poiché a onor del vero il testo restituisce l'immagine di uomini e donne alle prese con le debolezze e le contraddizioni che denotano la natura umana, acuite da una situazione di estremo disagio e prostrate da una sconfitta umiliante.
Toni critici peraltro molto sfumati e non particolarmente convinti, poiché a onor del vero il testo restituisce l'immagine di uomini e donne alle prese con le debolezze e le contraddizioni che denotano la natura umana, acuite da una situazione di estremo disagio e prostrate da una sconfitta umiliante.
Max Aub fu imprigionato
dalle autorità francesi e deportato in Algeria tra il 1939 e il
1942, quando riuscì a riparare in Messico, dove trascorse il resto
della vita. In questi racconti, tratti dall'esperienza diretta, Aub
non compare, è piuttosto un osservatore che racconta gli eventi con
atteggiamento quasi cronicistico, lasciando parlare i compagni di
prigionia ed evitando toni di recriminazione o particolarmente
enfatici, pur rappresentando fedelmente l'inferno di quella
situazione. I racconti sono spesso ricchi di situazioni surreali, di
prospettive imprevedibili e inconsuete, di strategie narrative
diverse, tutte efficacissime nel rappresentare il pensiero dello
scrittore.
Stefano Crivelli