Kokocinski.
Vita straordinaria di un artista
di Tiziana Gazzini
Edizioni Clichy, 2017
pp. 196
18,00 euro
Appena pubblicato dalle Edizioni Clichy a firma di Tiziana Gazzini, Kokocinski. Vita straordinaria di un artista è un libro che mantiene le promesse del suo pericolosissimo titolo. Tante, troppe volte, difatti, l’attributo “straordinario” viene applicato alle biografie di personaggi di ogni epoca e settore senza che ve ne siano i reali presupposti di eccezionalità e singolarità. Ma non è questo, per fortuna, un ennesimo caso di aggettivazione ad effetto: la vicenda esistenziale ed estetica di Alessandro Kokocinski, intensa e in perenne evoluzione, ha tutte le caratteristiche della straordinarietà vera, quella capace di definire e di far riconoscere un uomo e un artista in modo unico e irripetibile.
L’autrice del volume, che oltre ad aver frequentato a lungo Kokocinski ha basato le sue ricerche sui materiali messi a disposizione dall’omonima Fondazione, lo sa bene, e non manca di dichiararlo in coda, nella Postfazione denominata La mappa dell’impero, quando ammette che nel compiere il suo lavoro – un lavoro che resta comunque “parziale” e “infedele”, come ogni buona biografia che rivela qualcosa anche di chi la scrive – è come se fosse entrata
«nella geografia (e nella filosofia) complicata, fragile, appassionata e misteriosa di un uomo che ha vissuto incontri ed eventi straordinari che ne fanno un testimone unico, attento, sensibile (e qualche volta reticente) della trama spesso sotterranea che lega la grande storia a vicende privatissime».
E questo perché la vita di Kokocinski «più che a un romanzo, assomiglia al racconto epico e corale di migrazioni e guerre, di scorci antropologici e contaminazioni politiche». Così, anche la divisione organica in tre macro-sezioni – Prima parte (1947-1980); Seconda parte (1980-1996); Terza parte (1996-2016) – può essere meglio intesa come un semplice “suggerimento” di ordine, ovvero un’utile concessione alle leggi della cronologia, nella restituzione della vita di un «anarchista» da sempre insofferente ai dogmi e alle regole, specie se appartenenti al “sistema” dell’arte.
Alessandro (Alejandro, Alik, Jaguapirù-Cane Magro, Koko…) Kokocinski nasce in Italia, a Porto Recanati, all’alba del secondo dopoguerra. La sua è una famiglia di “senza patria” – madre russa, padre polacco – che ben presto decide di emigrare in Argentina nella speranza di ricongiungersi con altre comunità di connazionali già residenti da tempo in Sudamerica. La sua esistenza inizia così sotto la stella del viaggio, che come un “umore del sangue” ne determinerà i molti decenni a venire, portandolo a spostarsi dapprima in Cile e poi alla volta delle capitali europee, dove condurrà il primo vero apprendistato artistico tra Amburgo, Londra, Parigi e soprattutto Roma, dove sarà “adottato” dal grande poeta ed esule spagnolo Rafael Alberti e dal suo “cenacolo”, e dove risiederà a lungo (per poi spostarsi nuovamente in un castello in Baviera e visitare Australia, Estremo Oriente, Canada…). Affidato a una comunità di circensi dai suoi stessi genitori, Kokocinski fonderà presto la fascinazione per quel mondo, in cui milita in prima persona e che per lui è vera e propria scuola di vita, con la pratica del disegno – precocemente concepito come strumento di riscatto e denuncia nei confronti di ogni forma di oppressione sociale e politica – e della scenografia, assecondando una vocazione teatrale che sarà sempre presente sia nell’opera pittorica sia, più tardi, in quella scultorea, quando in seguito a problemi di vista progressivamente invalidanti darà vita alle famose “estroflessioni”.
Gazzini segue l’artista nel suo farsi, dalla prima personale allestita quasi per caso alle consacrazioni più recenti, e gli affianca via via amici e sodali importanti; su tutti Carlo Quattrucci e Riccardo Tommasi Ferroni, con cui condivide l’esperienza dello studio (nella romana Via dei Riari) e dai quali lui, autodidatta dal piglio inconsapevolmente espressionista, apprende le tecniche pittoriche vere e proprie. E tappa dopo tappa, mostra dopo mostra, ciò che colpisce è il modo in cui questo artista, che ama definirsi un «artigiano-colto», sia riuscito ad affermare se stesso e la propria visione e libertà creativa – che come ricorda Gazzini «è russa, polacca, argentina, sudamericana, ribelle e circense» – percorrendo una via radicalmente altra rispetto a quella proposta (imposta) dal “sistema” di stampo americano:
«Kokocinski ha sempre rifiutato le mode, l’idea dell’«artista di tendenza». Perché le mode svaniscono […] Kokocinski non ha bisogno di essere certificato. Si legittima da sola la sua arte che non richiede di essere spiegata. Parla una lingua universale e perenne. Mai nuova e mai vecchia. Proprio perché non è l’ultimo grido delle tendenze dettate dal mercato, può fare a meno del sistema standard del circuito mediatico dell’arte».
L’esistenza di Kokocinski – sulla quale Raffaele Andreassi ha girato il film Kokocinski - L’arte per vivere, realizzato per la RAI nel 1983 con un testo di Enrico Crispolti (a proposito: l’artista ha ricevuto per tutta la vita proposte di partecipazione a lungometraggi di finzione) – è costellata anche dalla presenza di numerose figure femminili: a partire dalla prima donna mai “conosciuta”, Prudencia, risolutrice di quel «blocco erotico-sentimentale» che ancora vinceva “Koko” a vent’anni, e che fu moglie e madre della figlia Maya, futura pittrice (Sara, la seconda figlia, nascerà dalla relazione con una hostess fiorentina). Non meno importanti saranno i legami della maturità (anche tenendo conto dello spazio loro dedicato nella trattazione): quello di sei anni con l’attrice italiana Lina Sastri – e Gazzini ricostruisce il profondo sodalizio amoroso e artistico tra i due nel bellissimo e struggente capitolo Un tango con Lina Sastri – e quello con Giovanna Velluti, sua attuale compagna, archeologa appassionata e quasi “vestale” dell’ultima residenza della coppia, a Tuscania; una dimora che la biografa descrive sapientemente nel capitolo conclusivo, Casa la vita, conducendo il lettore in un’esplorazione domestica che è testimonianza perfetta di una personalissima filosofia dell’abitare e dell’esistere, in cui dal giardino al vestibolo, dalla cucina alla stanza da bagno, opere d’arte e ricordi di viaggio, scenografie e vegetazione lussureggiante dialogano tra loro nel rimando avvincente alla personalità del padrone-restauratore-arredatore.
Infine, una chiosa squisitamente “visiva”. Chi cercherà in questo libro riproduzioni delle opere di Kokocinski si rassegni all'insoddisfazione: a intervallare sezioni e capitoli sono poste giusto alcune immagini, nove in tutto tra disegni e schizzi a matita (alcuni, tuttavia, inediti, tratti da un taccuino di viaggio dei primi anni Settanta). Invece, come in ogni racconto biografico che si rispetti, questo non-catalogo è completato da un bell’album di scatti provenienti per la maggior parte dall’Archivio della Fondazione Alessandro Kokocinski: una ricca carrellata che ancora una volta ripropone “Koko” nei momenti più vari del suo percorso esistenziale, nella sua multiforme veste di acrobata, pittore, scultore, scenografo, amante e amico di uomini (e donne) talvolta (ma non sempre) non meno straordinari di lui.
Cecilia Mariani
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