Incontri con uomini straordinari: l'incredibile quotidianità di un mistico

Incontri con uomini straordinari
di Georges I. Gurdjieff
Adelphi, 1977


traduzione di Gisèle Bartoli



13,00 euro

Un eccentrico, un santone, un religioso, uno scrittore, un mistico, un danzatore: l’armeno Georges Ivanovič Gurdjieff è stato tutte queste cose e chissà quante altre. I suoi proseliti sono stati e sono tuttora tanti e in ogni parte del mondo, al pari dei suoi detrattori.
Padre greco e madre armena, divise la sua infanzia tra le città di Alexandropol (nell’Armenia russa) e la turca Kars. Consacrò la vita alla ricerca di ciò che davvero gli interessava: la verità. Una volta appresa, Gurdjieff dedicò la maturità e la vecchiaia all’insegnamento, fatto di prestiti religiosi, filosofia, mistica islamica e yoga. Ha disseminato le sue convinzioni filosofico-religiose fondando l’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo nel castello del Prieuré, presso Fontainebleau. Ha scritto libri e rilasciato interviste volte a indicare la sua via per il risveglio.
Eppure questo libro non è un manuale per intraprendere un percorso spirituale: Gurdjieff accenna appena alle sue opinioni, anche se in qualche modo esse sono parte integrante del libro. Capiamo che, secondo lui, agiamo in un mondo fatto di convenzioni e automatismi che non ci permettono di vivere davvero. Gurdjieff è convinto che vi fu un’antichità “illuminata”, nella quale spiccava la confraternita di Sarmung, e spese parte della sua giovinezza nel tentativo di avvicinarsi ad essa. La confraternita di Sarmung
È il nome di una celebre scuola esoterica che, secondo la tradizione, fu fondata a Babilonia duemilacinquecento anni prima della nascita di Cristo, e di cui si trovano tracce in Mesopotamia verso il VI o il VII secolo dopo Cristo. Ma dopo di allora, non si ritrova più da nessuna parte la minima informazione sulla sua esistenza. Un tempo, si attribuiva a questa scuola il possesso di un altissimo sapere, che racchiudeva la chiave di numerosi misteri nascosti. (p. 136)
Quella della confraternita di Sarmung diviene quasi un’ossessione per il giovane Gurdjieff, la scusa per un peregrinare nella vastissima Asia e trovare le sue spiegazioni alla vita. In Incontri con uomini straordinari Gurdjieff racconta di questo suo incredibile vagabondare rendendo omaggio a coloro che, durante la prima metà della sua vita, hanno formato il suo carattere e le sue convinzioni.
Dal mio punto di vista, può venire chiamato straordinario soltanto l’uomo che si distingua da quelli che lo circondano per le risorse del suo spirito e che sappia contenere le manifestazioni provenienti dalla propria natura, pur mostrandosi giusto e indulgente verso le debolezze altrui. (p. 64)
Suo padre, una serie di amici, una donna, principi turchi e monaci: tasselli di un mosaico che però Gurdjieff non ci lascia guardare da lontano. Spesso si ha l’impressione che basterebbe fare un piccolo passo indietro per vedere il puzzle al completo, ma per Gurdjieff il lettore non è ancora pronto. Tiene lui, magistralmente, la lente sugli aneddoti della sua vita. Durante la narrazione apre appena la porta che fa filtrare un poco di luce, ma nulla ci è dato intravedere con chiarezza.
Incontri nel deserto con anziani che parlano lingue misteriose, pronti a svelargli antichi segreti che però Gurdjieff non rivela: a ogni libro il suo scopo, e Incontri con uomini straordinari non è affatto l’insegnamento per il risveglio delle coscienze. Quasi un romanzo, ha tutto il candore della fiaba, eppure non manca di fare tuffi inaspettati nella più dura materialità: il protagonista oscilla tra vette di spiritualità, nel pieno tentativo di afferrare il perché dei perché, e necessità quotidiane come quelle di aver bisogno di soldi per mangiare. È un libro senza tempo – è facile dimenticarsi che è ambientato all’inizio del XX secolo – e senza coordinate: con Gurdjieff attraversiamo luoghi remoti di un Oriente caucasico, spesso vago e indistinto. Valli tra la Russia, l’impero ottomano e un Oriente non ben identificato, paesi  a volte indicati solo con l’iniziale: Gurdjieff ci porta a visitare posti di cui talvolta è più che lecito metterne in discussione l’esistenza. Ed è proprio questo vago sentore di trovarsi sempre al limite tra realtà e invenzione che disturba e al contempo affascina il lettore. Senza dimenticare che, al di là del contestabilissimo personaggio Gurdjieff, il libro contiene la chiave della buona letteratura: accendere una sana curiosità che ci porta a voler leggere ancora, e ancora.

Manuela Cortesi