di Ermanno Cavazzoni
Guanda, 2017
1^ edizione: Feltrinelli, 2009
pp. 176
€ 15 (cartaceo)
Ricominciare a ridere: come farlo, quando ormai siamo abituati al sorriso a denti stretti sui social network? La letteratura italiana ha una tradizione di tutto rispetto: si pensi anche solo a Flaiano, Longanesi, Guareschi o, in tempi molto più recenti, Benni. A questi nomi dobbiamo assolutamente aggiungere Ermanno Cavazzoni, che nei suoi brevi e fulminanti racconti, veri e propri squarci d'ilarità nel tessuto grigio del quotidiano, si misura con la tradizione. Sono quadri che ribaltano la routine o, al contrario, l'estremizzano, portando il lettore tanto all'avvertimento quanto al sentimento del contrario, per dirla con Pirandello. Infatti, anche Vite brevi di idioti, di recente riedito da Guanda, è un'iperbolica sfilata di "idioti" o, perlomeno, personaggi non allineati alla società, che con la loro stramberia risultano indimenticabili. Così, se il calcolatore o il piromaniaco totalizzano un certo record di sfortuna, altri personaggi identificano la loro ossessione con una vera e propria ansia persecutoria. Ma è poi vero che le circostanze si accaniscono contro di loro? A volte viene spontaneo chiederselo, tra un sorriso e l'altro.
Ma c'è molto di più in questa raccolta di Cavazzoni, in cui rintocca tanta letteratura, rimasticata e spesso rovesciata, ottenendo un effetto parodico davvero godibile. Una sorta di piacere elevato a potenza, che il lettore accorto non potrà non provare, a cominciare dal titolo, che richiama ma estremizza Vite di uomini non illustri di Pontiggia. E poi, nel rincorrersi di tematiche che attraversano l'opera, si ritrova anche il tema del tempo, che corre velocemente e offre il fianco a critiche che traslitterano ai giorni nostri il "maledetto sia Copernico!" del Fu Mattia Pascal. Insomma, vuoi per formazione - di lettore e di ricercatore -, vuoi per divertimento, Cavazzoni non risparmia né la letteratura né il politicamente corretto: anzi, sono proprio le incursioni nelle battute politicamente scorrette (ad esempio, è "lecito" ironizzare su suicidi assurdi e morti accidentali?) a riconfermare come l'apparente asciuttezza del dettato stilistico trovi perfetta rispondenza nei giochi di specchi, nei paradossi, nelle manie che, accresciute a dismisura rispetto alla normalità, sfondano gli stereotipi dell'uomo nevrotico e lo rendono personaggio (non macchietta).
GMGhioni